Editoriale, Pensieri critici, Teatro — 04/07/2022 at 19:59

Le parole per ricordare il Poeta del gesto fisico. In memoria di Peter Brook

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RUMOR(S)CENA – Peter Brook nasce a Londra il 21 marzo del 1925 ed esce dalle “scene” della vita e del teatro a 97 anni, il 2 luglio 2022 a Parigi. Un artista definito all’unanimità Maestro per essere stato uno tra i più grandi registri teatrali contemporanei viventi fino alla sua avvenuta scomparsa. Un lutto nel mondo della cultura che lascia un’eredità di cui tutti possiamo privilegiare, specie per chi lo ha conosciuto e dove la sua presenza carismatica infondeva sempre un senso di armonia e di unione tra l’esigenza e l’urgenza di esprimere quello che lui stesso spiegava come: “rendere visibile l’invisibile”.

Ascriverlo ad un preciso stile è semplicemente fuorviante, in considerazione della sua straordinaria visionarietà di sperimentatore quanto interprete del teatro di tradizione, come quello di Skakespeare. Poeta del gesto fisico ancor prima della parola. Per onorare la sua figura abbiamo chiesto a chi lo ha conosciuto e studiato e ne ha tratto anche argomento di studio e di tesi universitaria. Un critico teatrale e una scenografa laureata con tesi su Peter Brook che rispondono al nome di Giulio Baffi ed Elisa Lombardi. Le loro parole scritte e donate per l’occasione, valgono molto di più di un’abitudine che è divenuta sempre più eccessiva e ridondante, come quella di apparire freneticamente sui social, dove si assiste ad una sorta di gara a chi ripete ossessivamente la notizia dell’avvenuta scomparsa, come se ognuno volesse intestarsi in qualche modo il primato di averlo scritto per il bisogno di affermare di “esistere” e anche di apparire . Come se digitare compulsivamente il suo nome possa bastare a sentirsi parte del circuito mediatico che diventa un contenitore senza limiti, dove tutto si confonde, e non permette la sospensione del giudizio e la capacità di riflettere.

Il ricordo e lo stupore di Giulio Baffi

Cosa possiamo dire ad un giovane attore che si cimenta con uno dei grandi ruoli del teatro del Bardo? Dimentica Shakespeare. Dimentica che ci sia mai stato un uomo con questo nome. Dimentica che queste opere hanno un autore. Pensa solo che la tua responsabilità in quanto attore, è quella di dar vita a degli esseri umani”, scriveva Peter Brook, a Berlino, nel 1996. Altre volte aveva raccomandato ai giovani attori di seguire i suoi suggerimenti, di condividere il suo “segreto”, passe-partout per il teatro che conquista, che ferisce e costringe all’incontro, che lascia il suo segno nella mente e nel cuore, che scambia sapere e passione tra attore e spettatore. Altre volte lo ha fatto donandoci il suo insegnamento e formando generazioni di giovani attrici ed attori che da lui hanno imparato come stare in scena e come andare oltre il tempo, nello spazio silenzioso e sospeso dei suoi spettacoli.

Era leggenda del teatro già da molti anni, era il mitico mago del “Sogno di una notte di mezza estate”, del silenzio che s’illumina, della parola che si moltiplica, della scena che stupisce per i semplici segni che diventano iperbole silenziosa. Andammo a Parigi, generazione stupita e rapita, a vedere il suo “Ubu Roi” in scena al Bouffes du Nord. Pochi soldi e un biglietto su in alto. Con gli occhi stupiti a vedere tre mattoni di terracotta messi insieme a diventare una reggia. Restammo in silenzio per ora a seguire le storie che s’intrecciavano nel suo “The Mahabharata“, il suo “Marat/Sade” ci sconvolse e ci disse della sofferenza di tanti. Lo amammo per il gesto preciso regalato ai suoi attori, lo amiamo per tutto quello che negli anni, ci ha dato e insegnato lavorando instancabile e sicuro alla guida di un esercito strepitoso di artisti.

 the Mahabharata in 1987 at the Bouffes du Nord in Paris.

Peter Brook è morto ed ogni persona che ama il teatro lo piange, ed ogni spettatore che l’ha applaudito scava nei suoi ricordi cercando il tutolo giusto per dire di averlo nel cuore. Quanti spettacoli ha firmato nei suoi ottanta anni di lavoro? Instancabili ed ininterrotti, ché a 17 anni già era applaudito, al debutto. Quante città del mondo lo hanno accolto diventando palcoscenici per i suoi spettacoli? Quanti, attrici o attori, hanno ricevuto da lui insegnamento così che possono, vantandosi, dire di essere stati suoi allievi? E quanti oggi lo salutano commossi, ringraziandolo e promettendogli di essere fedeli ai suoi insegnamenti, ed attenti, sempre, all’ascolto delle parole non dette, servi del gesto cancellato, pronti a sottrarre per non aggiungere niente di inutile nel servire l’idea dello spettacolo del loro tempo?

“Le parole assumono una nuova vita quando diventano un punto di incontro con uomini e donne di oggi, che siano essi attori, registi o spettatori. Con l’obiettivo di lasciarci con delle domande aperte, con le quali ancora una volta confrontarci, da soli con noi stessi”, disse ancora quel giorno di un maggio lontano per quella sua lezione fissata nello scritto sapiente. Ed anche per questo, salutandolo ancora una volta, gli siamo grati.

Un uomo straordinario prima di essere un regista

di Elisa Lombardi

Il Teatro non è estraneo alla vita, il vero teatro si occupa di vita e di esseri umani, di creare per loro un’esperienza che va oltre l’ordinario, una sorpresa, così che quando lasci il teatro senti che hai ricevuto qualcosa che prima non avevi”. 

Impossibile fare riferimento a Peter Brook senza parlare di qualcosa che sia “fuori dall’ordinario”.  Brook infatti era un “Uomo Straordinario” prima di essere un Regista e la sua umanità e la sua ricerca interiore erano naturalmente riflesse nel suo teatro poiché intrise nell’uomo stesso.  Un uomo che viveva il momento presente, un uomo che sapeva essere nel “qui e ora” e che invitava con il suo teatro noi tutti ad esserci con lui a vivere quel momento insieme. 

Peter Brook (crediti foto Elisa Lombardi)

Tanti hanno parlato di metodo o di training dopo la morte del maestro mi chiedo davvero quanto queste persone lo conoscessero poiché Peter non aveva “un metodo” al contrario come diceva Georgi Ivanovitch  Gurdjieff “La regola è che non ci sono regole” l’unica regola era una ricerca continua e costante nel tentativo di ricercare una qualità.  Ed è proprio questa qualità cosi oggettiva che ci ha fatto vibrare ed emozionare sulle sedie dei teatri del mondo che Peter preferiva che fossero “scomode” affinché lo spettatore potesse stare “Sveglio” affinché lo spettacolo, questa condivisione tra attore e spettatore fosse uno strumento per svegliare la coscienza collettiva dell’essere umano. 

«Io non sono stato testimone di miracoli, ma ho visto che uomini e donne straordinari esistono davvero; straordinari per la qualità con cui nella loro vita hanno lavorato su se stessi. Questa è la mia sola certezza ed è stata la ricerca di questo “qualcosa”. La sua certezza era proprio questa tentare e ancora tentare, senza mai attaccarsi alle forme perché una volta che raggiungi qualcosa di “Fissato” “Figé” allora qualcosa muore già.  Invece il teatro è vivo e per mantenerlo vivo è necessario mantenere vivo lo stato di domanda, e quando pensiamo di avere una “risposta” allora è necessario cambiare “La domanda interiore”.  Per questo in tutto il mondo Peter continuava a fare prove del suo spettacolo a modificarlo continuamente adattandolo ai luoghi e agli attori con cui lavorava, per questo ogni spettacolo non era mai uguale ad un altro ma restava un’esperienza unica nel suo genere. 

crediti foto di Elisa Lombardi

Una volta chiesi a Peter perché nella versione francese “ La tragédie d’Hamlet” non avesse ripreso l’immagine del teschio di Yorick sul bastone che era stata proposta da Adrian Lester nella versione inglese. Una immagine cosi innovativa e perfetta, cosi efficace, mi chiedevo pertanto perché la avesse abbandonata. Mi rispose: “ Vedi è molto semplice, non ci si può attaccare ad una forma, perché non ci sono forme o immagini che funzionano in senso assoluto. Questa è una ripresa e pertanto non posso imporre ad un nuovo attore quello che ha proposto qualcuno prima di lui, è necessario che lui trovi la forma che è viva per lui stesso altrimenti lo spettacolo sarà privo di vita. Per questo non faccio assistere nessuno alle prove. Ogni gesto creativo dell’attore è come una piccola nascita e per questo va protetta, per questo l’attore si deve sentire al sicuro, sicuro di poter sbagliare, sicuro di poter tentare, cercare fino a quando non trova il gesto necessario. Dietro  la qualità ci deve essere moltissimo lavoro che deve restare invisibile agli occhi dello spettatore.”. 

Allora chiesi:.” Ma come è possibile che ogni volta che assisto ad uno spettacolo questo funziona sempre. Ho sempre la sensazione che sia perfetto e che niente avrebbe dovuto essere diverso da cosi com’è. Uno spettacolo di “Arte Oggettiva” oserei dire. Ma c’è un metodo particolare che lei applica ogni volta per raggiungere una qualità oggettiva?” . Lui si mise a ridere e poi rispose: “ Non bisogna mai prendersi troppo sul serio. In Africa si dice “Trop serieux ce n’est pas serieux” ovvero troppo serio non è serio. La realtà è che non ci sono formule magiche, non si può “fare “ niente, ma si può, solo preparare il terreno affinché le cose accadano. Tu ti commuovi sempre perché l’attore nel momento in cui pronuncia una battuta cerca di far nascere le parole dentro di se in quel momento e se l’attore è presente ed veramente toccato, allora veder una persona che è realmente toccata , tocca una corda dentro di te e ti fa vibrare in risonanza. L’attore non deve “Fare” niente, quando è in quinta che sta per entrare si tocca il pollice con l’indice per prendere contatto con se stesso e si dice “Io sono qui” e poi entra. 

Allora dissi :“Sono molto toccata dalle sue parole. Mi rendo conto che i suoi spettacoli parlano a tutti. O meglio sono spettacoli che hanno vari livelli, se ne possono cogliere più di uno, ma la cosa che mi sorprende ogni volta è che c’è un livello universale,  di comprensione universale  che arriva proprio a tutti anche a chi è analfabeta e non è mai entrato in un teatro prima. Allora come artista io mi chiedo da dove nasce un atto creativo. O meglio mi pongo la domanda quando sto per creare qualcosa che vorrei davvero fosse universale ed arrivasse a tutti  da dove devo partire dentro di me? Da dove parto per “creare” davvero qualcosa?” 

crediti foto di Elisa Lombardi

Allora Peter si mise a ridere ancora di più e poi disse qualcosa che ha cambiato la mia vita per sempre. “ Vedi tu fai un errore molto semplice, tu pensi che per creare qualcosa devi partire da te stessa. Questo è solo un problema di “EGO” .” Poi sempre ridendo prendendomi un po’ in giro aggiunse “ Ma davvero sei cosi presuntuosa e ti credi cosi importante da credere che dentro di te puoi trovare ciò che è necessario per creare? A maggior ragione creare qualcosa di universale? Vedi il problema è che noi siamo identificati con noi stessi ci crediamo importanti ma se allarghiamo la visuale e ci apriamo, osservando il raggio di creazione vediamo bene che noi siamo niente…. e non possiamo “fare” niente. Siamo ancora più piccoli di una formichina nell’universo. 

No la creazione parte da un processo diametralmente opposto. Tu devi cercare di essere cosi sensibile da poter ascoltare la “Domanda dell’universo”  È l’universo che ti fa una domanda e se tu vuoi davvero essere creativo devi saper ascoltarla e poi tentare con la tua arte di trovare una risposta a quella domanda. Buon Ascolto.” Non posso fare altro che esprimere la mia immensa gratitudine per questo uomo che è stato per me un Maestro e ha cambiato radicalmente la mia vita. Tutto quello che sono oggi lo devo a lui. Credo che come per i grandi maestri sebbene la sua morte sia ad oggi una perdita  incolmabile per il mondo del teatro e dello spettacolo al tempo stesso questa è  per noi tutti un  grande insegnamento. Proprio come se il Maestro Brook fino all’ultimo, anche con la sua scomparsa avesse voluto insegnarci qualcosa. Questa morte solo terrena, perché di certo il suo insegnamento e il suo passaggio su terra resteranno per sempre indelebili,  è un invito per il mondo del Teatro a  responsabilizzarsi ed ad andare aventi nella ricerca, a non adagiarsi sulle orme che lui ha lasciato e che resteranno ma a proseguire come un passaggio del testimone “Io sono arrivato fino a qui ad esso tocca a voi, non lasciate morire la ricerca”. 

Un po’ come se ci lasciasse nello stesso modo in cui ha lasciato questo mondo il  maestro G.I. Gurdjieff “Vi lascio in un bel pasticcio, adesso tocca a voi”. Per questo dobbiamo “essere pronti” e a restituire quello che ci è stato dato. 

“Essere pronti è tutto, il resto è silenzio”. 

Amleto. 

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