Teatro, Teatro recensione — 27/02/2024 at 13:13

Uscire di Sen(n)o per amore di una figlia

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RUMOR(S)CENA – GENOVA Lucia Mascino è Lucia Mascino! Che sia impegnata su di un set televisivo (l’ispettore Vittoria Fusco ne I delitti del BarLume, Una mamma imperfetta, Suburra), o cinematografico (uno fra tutti Amori che  non sanno stare al mondo di Francesca Comencini per il quale vinse nel 2018 il Premio Anna Magnani come miglior attrice protagonista), collaborando  anche con registi quali  Nicchiarelli,  Mazzacurati,  Milani,  Venier, Piccioni e Moretti.

Oppure calcando le tavole di un palcoscenico, diventa un’attrice che spazia e si muove con disinvoltura attraverso i più disparati generi. È richiesta da registi come Giorgio Barberio Corsetti, Roberto Andò, Luca De Fusco, Lucia Calamaro, ottenendo riconoscimenti prestigiosi tra i quali quattro candidature ai Nastri d’argento e al Premio Flaiano per il teatro nel 2023. Per diversi anni la ricordiamo in duo con Filippo Timi, attore e autore noto per la sua particolare genialità, con il quale condivide successi sia a teatro che sul grande schermo.

Con Sen(n)o, diretta da Serena Sinigaglia, è alle prese con una parte assai drammatica e con un testo duro, difficile da interpretare: un monologo della durata di un’ora e venti minuti in cui condivide la scena con una scenografia sublime, a firma di Maria Spazzi, co-fondatrice con Serena Sinigaglia della compagnia teatrale Atir di Milano. Maria Spazzi  ci ha svelato la genesi e lo sviluppo di questa creazione che vive del suo mutismo. Un albero secco, immenso, sdraiato, con una miriade di ramificazioni, potenzialmente libero, che occupa quasi del tutto lo spazio teatrale della Sala Dino Campana, al Teatro della Tosse Fondazione Luzzati di Genova.

Lucia Mascino interpreta  Tessa, una psicoterapeuta  coinvolta nello sconvolgente caso di Lila, una bimba di soli 8 anni, portata in Brasile  dalla madre Karen per sottoporla ad un intervento di chirurgia plastica al seno, che la bambina tanto agognava, desiderava, esigeva. Il suo personaggio racconta il contesto e lo sviluppo del caso, nonché i suoi pensieri, a volte sorprendenti, al riguardo. Li racconta con ansia, agitazione per la sua responsabilità nel dover stilare un profilo psicologico, quello della madre, che viene imputata penalmente per l’incredibile atto da lei compiuto.

Ragiona sulla violenza che il consumismo capitalistico si abbatte  sulla nostra vita, nello spazio del suo studio, rappresentato dall’albero che incorpora il mistero del corpo, sdraiato e appoggiato sospeso su dei sostegni da esposizione (o da sala operatoria), al fine di raccontare l’iper controllo e in definitiva lo sfruttamento cui lo sottoponiamo. Opera prima di Monica Dolan, una delle attrici e autrici più interessanti della scena inglese, tradotto da Monica Capuani, dopo un enorme successo in Inghilterra, B*eats (questo il titolo originale) giunge anche in Italia. Colonna sonora il trillo di uno smartphone al quale Tessa risponde per più di una volta, parlando con un qualcuno che sta dall’altra parte, di una sua preoccupazione personale che intuiamo la coinvolga e spaventi.

Si siede su questi rami, a volte si sdraia a ragionare sul perché e sul per come, su ciò che è accaduto, offrendo uno sguardo chiaro ma inorridito della vicenda. L’albero è come un elefante nella stanza ed ingombra simbolicamente lo studio della psicoterapeuta; è sia oggetto di studio che il luogo in cui la protagonista entra, come entrasse in sé stessa. In entrambi i casi rappresenta l’interiorità misteriosa libera e potente, ma anche inerme e vulnerabile della bimba, della madre, della terapeuta, della vita che abita inevitabilmente il corpo: esposto sui suoi sostegni, nella sua innocenza, come un paziente, da curare e da cui imparare. Con la sua poltrona, il suo lettino ed un ficus ornamentale sul quale Tessa, infilandosi un paio di guanti, ogni tanto spruzza goccioline di acqua.

Ciò che viene sottolineato anche con una certa agitazione, tra una soffiata di fumo da sigaretta elettronica, è la mondanità quotidiana che fa da sfondo alla stranezza della storia di Lila. Feste per bambini organizzate in Spa, letture di giornali femminili che campeggiano in casa e che contribuiscono alla creazione dell’immaginario distorto della bambina, e che inconsciamente scava dentro di lei. Una madre ha preso una decisione che riguarda il corpo di sua figlia e questa decisione scatena intorno a lei una serie di conseguenze e di reazioni sempre più fuori controllo.
Monologo volutamente sfidante, Sen(n)o ci conduce nell’esplorazione di un tema terribilmente attuale: come l’esposizione precoce alla sessualizzazione e alla pornografia, abbiano inciso profondamente sulla nostra cultura, nell’era del mare magnum che è il web.

Sen(n)o anche nel senso del non senso. Un gioco di parole che tanto gioco non è: una madre/donna che perde il senno a causa della continua manipolazione dell’immagine femminile e dell’identità in generale che avviene quotidianamente attraverso i media. Manipolazione che subiamo incessantemente dall’esterno su come dovremmo essere, tutti, adulti e ragazzi e che induce a pensarci in un certo modo.  Questa figlia ancora in età infantile inizia a fare una serie di richieste alla madre come fossero desideri personali, ma che invece sono indotti da una società basata sugli interessi del marketing e che le ha fatto credere che diventando più visibile, più desiderabile sessualmente, attraverso questo nuovo seno, sarebbe stata più amata ed accettata.

Nel racconto accorato, stupito, preoccupato della psicoterapeuta emerge che, fin  dalla notte dei tempi, questa assurda logica commerciale avviene attraverso il sesso ed il corpo femminile. Tra una notizia e l’altra, tra uno scroll dello smartphone o un’apertura di pagina sul web, è sempre tutto mescolato all’immaginario sessuale, così come l’aumento della pornografia, diventata anch’essa più fruibile tra i giovani. Parrebbe un’altra realtà quella che stiamo vivendo, ma la scrittura di questo testo è di grande attualità. Emoziona il lavoro appassionato di un’attrice come quello di Lucia Mascino, privo di calcoli, pronta a rischiare qualcosa per cercare, sulla scena, un momento di verità.

Visto nella Sala Dino Campana, Teatro della Tosse, Fondazione Luzzati, di Genova nel mese di Febbraio 2024

Prossimi appuntamenti in tournée:

Teatro Menotti, Milano, dal 16 al 21 aprile 2024
Teatro Dehon, Bologna, 23 aprile 2024

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