Teatro, Teatrorecensione — 20/06/2016 at 13:53

Orwell Circus degli Zero Meccanico, il teatro in divenire

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GALLIPOLI (Lecce) –  Le visioni di George Orwell su futuri possibili risultano spiazzanti per la capacità di aderire, veggenti, all’attuale.  Orwell e la società dei guardoni, del controllo sociale per mezzo virtual-mediatico, per mezzo di religioni, per mezzo del consumismo indirizzato. La società della forma, dell’apparenza, dei circuiti borghesi e dei piramidali accessi o dinieghi. Le ipocrisie politiche tradotte in abusi di potere. Il teatro a dirne e disfarne. Rappresentandone per materia vivida e scimmiottando le reticenze, i contorni laminati, le ridicole didascalie regolate a doveri. L’altro occhio, quello dell’artista, osserva, scruta e restituisce alla platea di civili il chiarore dei fenomeni oltre la patina dell’illusione. Giocando, tramite proprio l’illusione, a ricreare destini per prenderne atto, coscienza. Riconoscere e riconoscersi.

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Che siano quindici attori non professionisti a interrogarsi e ricreare sul circostante, a Gallipoli, è di per sé fatto di cui annotare. Nel contesto di una cittadina meravigliosa e ostile al tempo stesso, ancorata a dinamiche patriarcali a cui attenersi strictu sensu, brand turistico mondiale del Salento da cartolina, alle cronache – in passati non così arcaici – per contaminazioni politiche di alto bordo: territorio fertile per concezioni d’arte sociale, humus di quell’ingegno mediterraneo capace di valicare confini ben delimitati. Un lavoro di nove mesi che i tipi della Compagnia Zero Meccanico hanno portato avanti con la determinazione caratterizzante il fervore della loro creatività. Insegnando, più che impartendo. Lasciando tramutare il pensiero singolare di ognuno degli attori in materia originale, autonoma, non costretta. L’attore funzionale a sé stesso e non alla causa. Attori non professionisti, nell’ambito di un laboratorio permanente giunto ormai al quarto anno di attività.

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Lo spazio scenico muta in pista da circo. Metafora perfetta per rappresentare la società dei fenomeni da baraccone. I testi Orwelliani tratti da La fattoria degli animali e 1984 riadattati dal lavoro della sapiente e visionaria Ottavia Perrone, insieme a Francesco Cortese corpo e anima della compagnia, e la skené muta in luogo d’altrove, sensibile. Un susseguirsi di scene dislocate e indipendenti si fanno osservare ora murate da invisibili pareti, ora libere da vincoli codificati, lasciando lo sguardo divagare su mutamenti e movimenti, accompagnando il senso di comprensione all’estetica mirabolante mai fine alla mera figura visiva. Il pensiero nascente per immagine, prendendo in prestito il pittore Giorgio De Chirico, la realtà che filtrata si configura in mente sotto forma di visione. Visioni in movimento, incorniciate dai canoni del rigore legittimo in fatto teatrale, attenendosi in altre parole alle regole del linguaggio (resistenti alle sperimentazioni e alle invenzioni degli inventati) per trasgredirne scientemente. Personaggi mascherati da cerone per sovraesporre mimica e espressività. Cura dei costumi minuziosa, per impersonare la parte e non trascurare l’aspetto mutante dell’atto artistico. Definizione vocale impartita e somministrata, per evitare la recita e proporre l’evento spettacolare. E la materia vivida, originale, delle individualità creative. A far fiorire i boccioli d’una coltura di base, a lasciare all’autonomia creativa la strada per comporre partiture essenziali.

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L’autonomia di cifra, del resto, caratterizza il lavoro degli Zero Meccanico in cui si riconoscono stilemi contemporanei riconoscibili (dalle dinamiche dei Motus, ai “parti” viscerali creati da Emma Dante al pop ormai dogmatico dei Ricci-Forte) innestate di propria mano. Immaginifico pop per mostrare grovigli e “picchiare in testa”, come se Bansky si prestasse al teatro, dolcezza e potenza dell’icona viva. Instillare nell’attore la volontà di fuoriuscire dal sé ordinario, di mutarsi davanti a centinaia di occhi a mangiarlo. Non tutti riescono. La formalizzazione del corpus scenico ricamata da disegni luce e di costruzione dall’eccellente manifattura.

Ogni scena ha vita a sé e rende vita al disegno comune. Sovrapponendosi al marasma attuale figurandone metaforicamente l’alter ego doppiando il senso percettivo: la realtà di cosa si vede e la realtà del sotteso, chiaramente intellegibile.  Vento nuovo. Gli attori meravigliosi. Eroi d’un giorno e per sempre. È tempo di guardare alle emergenti concezioni teatrali di giovani gruppi sapienti e trasgressivi, in questo navigare stantio in acque conosciute e dissalate. Per portare alla ribalta il nuovo concepito da tutta la cultura precedente, da tutto il sapere acquisito e plasmato. Senza ammiccamenti o esibizioni di pupazzi ammaestrati. Gli Zero Meccanico sono il presente e il futuro di un’arte drammatica in divenire. Evoluta e riconoscibile. Da Sud.

ORWELL CIRCUS

Regia: Ottavia Perrone, Francesco Cortese

Riadattamento drammaturgico: Ottavia Perrone da George Orwell e materiale verbale degli attori

Con: Andrea Carmone,Elisabetta De Martino, Daniele Graziano Falconieri, Michele Daniele, Simona Paturzo, Gabriella Padovano, Maria Rosaria de Santis, Alessandra Casalini, Roberta Ariosto, Francesca Adbacou, Domenico D’Addurio, Tiziana Pedone, Claudia Marcianò De Blasi, Giulia Di Sansimone, Giovanni Tornesello, Michele Vacca

Visto al Chiostro di San Domenico di Gallipoli il 17 giugno 2016

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