Contributi critici, Editoriale, Pensieri critici — 18/10/2016 at 21:34

Fa’afafine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro… teatro e non propaganda..

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BOLZANO – Suscita polemiche di natura politica e sociale la notizia che a Bolzano, gli allievi delle scuole medie della Provincia di Bolzano, assisteranno nel mese di febbraio del 2017, allo spettacolo “Fa’afine. Mi chiamo Alex e sono un dinosauro” per la regia di Giuliano Scarpinato, vincitore  del Premio Scenario infanzia 2014.  Titolo inserito nella rassegna “W il Teatro!” organizzata dal Teatro Stabile di Bolzano. Una reazione molto critica innescata da parte di un esponenente locale della Lega Nord. La notizia uscita martedì 18 ottobre 2016 sull’edizione di Bolzano del Corriere dell’Alto Adige (Corriere della Sera), (qui l’articolo: www.pressreader.com/italy/corriere-dellalto-adige (a firma di Ilaria Graziosi), spiega quanto è accaduto. Senza entrare nel merito di un giudizio aprioristico (chi non ha visto lo spettacolo si basa esclusivamente sulla lettura delle note di regia e sinopsi del progetto/trama), qui di seguito pubblicato. Per chi scrive è incomprensibile cogliere quali siano i gravi timori espressi al fine di evitare la visione (lo spettacolo è dedicato ai bambini di età tra gli 8 e 13 anni), avendolo visto nel mese di luglio 2016 al Kilowatt Festival di Sansepolcro (Arezzo). L’esito è risultato del tutto positivo, anche per aver osservato la reazione del pubblico, composto sia da spettatori di diverse estrazioni, sia da genitori di figli in età scolastica.

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<<Esiste una parola, nella lingua di Samoa, che definisce coloro che sin da bambini non amano identificarsi in un sesso o nell’altro. Fa’afafine vengono chiamati: un vero e proprio terzo sesso cui la società non impone una scelta, e che gode di considerazione e rispetto. Alex non vive a Samoa, ma vorrebbe anche lui essere un “fa’afafine”; è un “gender creative child”, o semplicemente un bambino-bambina, come ama rispondere quando qualcuno gli chiede se è maschio o femmina. La sua stanza è un mondo senza confini che la geografia possa definire: ci sono il mare e le montagne, il sole e la luna, i pesci e gli uccelli, tutto insieme. Il suo letto è una zattera o un aereo, un castello o una navicella spaziale. Oggi per Alex è un giorno importante: ha deciso di dire a Elliot che gli vuole bene, ma non come agli altri, in un modo speciale. Cosa indossare per incontrarlo? Il vestito da principessa o le scarpette da calcio? Occhiali da aviatore o collana a fiori? Alex ha sempre le idee chiare su ciò che vuole essere: i giorni pari è maschio e i giorni dispari è femmina, dice. Ma oggi è diverso: è innamorato, per la prima volta, e sente che tutto questo non basta più. Oggi vorrebbe essere tutto insieme, come l’unicorno, l’ornitorinco, o i dinosauri. Fuori dalla stanza di Alex ci sono Susan e Rob, i suoi genitori. Lui non vuole farli entrare; ha paura che non capiscano, e probabilmente è vero, o almeno lo è stato, fino a questo momento. Nessuno ha spiegato a Susan e Rob come si fa con un bambino così speciale; hanno pensato che fosse un problema, hanno creduto di doverlo cambiare. Alex, Susan e Rob. Questo spettacolo è il racconto di un giorno nelle loro vite, un giorno che le cambierà tutte. Un giorno speciale in cui un bambino-bambina diventa il papà-mamma dei suoi genitori, e insegna loro a non avere paura. Quando Alex aprirà la porta, tutto sarà nuovo. “Siamo incommensurabilmente fortunati ad avere un figlio di genere non conforme. È troppo facile sentirti fortunato quando ottieni quello che desideri. Riesci a sentirti così e continuare ad essere riconoscente quando le cose non vanno come ti aspettavi? Sì, ci riesci. È questo che ci ha insegnato C. J.” (Lori Duron, Il mio bellissimo arcobaleno)>>.

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Il teatro può essere veicolo e strumento educativo, se ha delle caratteristiche capaci di evitare qualsiasi forma di ideologia e strumentalizzazione forzata e manipolatoria, specie se rivolto all’infanzia e all’adolescenza. Uno spettacolo come Fa’afafine non pregiudica nessun rischio di minare la crescita evolutiva normale, per un semplice motivo: non si schiera e non chiede di schierarsi né per una condizione identitaria, né per un’altra diversa. Racconta in forma di favola moderna come possono essere tutte le favole portatrici –  sì di un messaggio –  di una morale, di una metafora, senza mai cadere nella propaganda. Spaventa forse per la parola “gender”, suscita allarme perché si chiama “fa’afafine”, invece che definirsi un leone o coccodrillo, ma si tratta, solo ed esclusivamente,  di un piano di invenzione drammaturgica, artistica e teatrale, dove il rischio di emulazione è pari a zero. Il teatro non ha questo potere e lo spiega bene la recensione pubblicata su paperstreet.it (www.paperstreet.it/cs/leggi/faafafine-scarpinato-gender-scenario-infanzia-teatro-india) .

Può bastare una recensione di critica teatrale per convincere dell’inesistenza di un pericolo così grave per la serenità dei bambini/prossimi spettatori e dei loro genitori? L’interrogativo suscita una seconda domanda a cui far seguire una più attenta analisi e riflessione: Siamo sicuri che la televisione non sia più deleteria per un normale sviluppo evolutivo infantile e non ? Strano che non ci si chieda (scuola, famiglia, istituzioni, politica e chiesa) del pericolo costante, giornaliero, considerato (questo sì un rischio di manipolazione mediatica) a rischio permamente;  fautore di complicazioni neurofisiologiche, comportamentali, ben spiegate in questo articolo: (www.maternita.it/tv-ecco-quali-sono-i-danni-che-causa-ai-bambini.html)

Le perplessità possono essere anche giustificabili se valutate con totale oggettività,  e il timore dei genitori, va sempre rispettato, cosi come la decisione da parte delle autorità scolastiche, di lasciare la libertà alle famiglie di far partecipare o non i propri figli, alla visione dello spettacolo, è lungimirante ma ci auspica che non vengano posti dei veti in grado di suscitare allarmismo sociale e culturale, senza fondamento.  Giuliano Scarpinato e la sua Compagnia teatrale gode di una stima e di una professionalità ampiamente riconosciuta, a cui auguriamo di andare regolarmente in scena anche a Bolzano!

Giuliano Scarpinato nasce a Palermo nel 1983. Inizia a studiare recitazione a 15 anni. Nel 2006 si laurea in Lettere moderne con una tesi sul teatro di Pierpaolo Pasolini. Nel 2009 si diploma come attore alla scuola del Teatro Stabile di Torino. Frequenta seminari con Antonio Latella, Valerio Binasco, Arturo Cirillo, Alfonso Santagata, Mimmo Cuticchio, Susan Batson. In teatro lavora, tra gli altri, con Carlo Cecchi, John Turturro, Giancarlo Sepe, Emma Dante, Marco Baliani, Daniele Salvo, Carmelo Rifici, Cristina Pezzoli. Nel 2011 riceve la segnalazione speciale della giuria al Premio Hystrio alla vocazione.

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