Scrittori di confine. Un viaggio al nord della scrittura

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Scrittori di confine. Autori e letteratura italiana e tedesca

I luoghi di confine da sempre hanno favorito la scrittura che trae origine spesso dalla mescolanza di lingue. Luoghi posti nel cuore della Mitteleuropa legati da un passato nostalgico e intriso di malinconia: città dove in un tempo ormai scomparso si consumavano i fasti delle belle epoque, dal turismo d’elite, luoghi di cura dove soggiornavano artisti, scrittori, intellettuali tra i più celebri d’Europa. Lo scrittore Claudio Magris nel suo saggio “Il mito absburgico nella letteratura austriaca moderna”scrive: “L’impero austroungarico scompariva nel 1918. Ma per gli intellettuali e i poeti di quella civiltà, che videro improvvisamente distrutti la loro società e con essa le basi della loro vita e della loro cultura, per gli scrittori austriaci che si trovarono sbalzati in un nuovo clima politico, alle cui esigenze la loro formazione non poteva essere adeguata, la vecchia Austria absburgica si presentava, e si presenta talvolta ancora, come un’epoca felice e armoniosa, come un’ordinata e favolosa Mitteleuropea in cui pareva che il tempo non corresse così veloce e così ansioso di dimenticare le cose e i sentimenti del ieri”. Anche la nostra terra è stata attraversata da vicende geopolitiche e storiche e il fascino della Belle Epoque albergava anche in Alto Adige. Ricordo l’interessante mostra che ha avuto luogo a Castel Trauttmansdorff a Merano pensata e realizzata dal Museo provinciale del turismo, in cui si poteva rivivere il passato glorioso dei grand hotel e il rapporto con la letteratura che si è ispirata negli alberghi di lusso. Hotel palcoscenici in cui grandi scrittori hanno soggiornato ma anche scritto i loro romanzi. Arthur Schnitzler. Karl May, Thomas e Heinrich Mann, Franz Kafka, Rainer Maria Rilke, Hugo von Hofmannsthal. Scrittori senza confine attratti da luoghi di confine. Un luogo di confine è Merano, città di confine che racconta ancora oggi molte storie di scrittori, autori che hanno pubblicato le loro storie di confine tra realtà e fantasia. Storie drammatiche ispirate da fatti di cronaca o più lievi. La realtà è fatta di storie di emarginazione dove la differenza linguistica a tratti emerge come un confine invalicabile che separa mentre gli scrittori tendono invece ad unire e condividere. Laura Mautone nel suo saggio “VERSO DOVE Scritture di confine da Merano a Trieste” si interroga su come la lingua che noi parliamo riesca a condizionare “il nostro immaginario collettivo” , e riunisce in un solo volume le storie scritte da autori che hanno intrapreso un viaggio tra le identità “come luogo di incontro tra differenti culture”. Terra difficile quella di confine. L’Alto Adige è tra queste. Terra di contraddizioni anche esasperate. Storie di confine. Spesso le parole dei letterati, degli scrittori hanno saputo cogliere prima con sensibilità acuta ciò che lo storico ha saputo interpretare dopo a fatica. Nelida Milani, una scrittrice di confine ha saputo descrivere con efficacia le condizioni della gente di confine: “Gente di confine significa anche fragilità estrema. L’Istria ha il profumo di questa fragilità, di un luogo prenatale dove avversione e attrazione ancora indistinguibili, sono una componente dell’aria stessa. Il grigio è la bruma del non luogo, un’entità misteriosa, che produce spaesamento, stupore, paura, curiosità, invito a camminare ognuno nelle scarpe dell’altro, facendo capriole, libertà da ogni senso opprimente di appartenenza. Puoi essere di volta in volta italiano, croato, istriano, europeo, può respirare in profondità uno dei paesaggi multipli che ognuna delle persone che vive qui porta dentro di sé e puoi respirarli tutti insieme”. L’antologia di racconti curata da Laura Mautone unisce in una linea immaginaria Merano e Trieste, due città dove convivono diverse madrelingue e dove la storia ha lasciato tracce indelebili. Cito alcuni scrittori meranesi riuniti nell’antologia: Alessandro Banda è l’autore di “RE FUSO”, racconto ironico in cui lo scrittore si chiede: “Esiste una lingua senza refusi e richiami che esprime pienamente?” Alessandro Banda è l’autore di “E questo è l’amore per noi”, “Scusi, prof. Ho sbagliato romanzo”, “La città dove le donne dicono di no”, “La verità sul caso Caffa”, “Dolcezze del rancore”. Di altra natura “IL POETA E IL MACELLAIO” un’opera di Stefano Bolognesi. 19 pagine per 19 brevissimi racconti o meglio frammenti di racconti in cui si legge tutto lo spaesamento di un abitante della città, spettatore suo malgrado di vite parallele. La scrittura di Bolognesi è cruda, si insinua nelle nostre coscienze e ti costringe ad interrogarti. Un viaggio nella mente di ognuno di noi. Di viaggi si parla anche in “ VIAGGI IMPROBABILI” di Beppe Bonura. Viaggi autobiografici, autoironici, una raccolta in cui è anche “capitato di essere superato dai personaggi che avevo creato, al punto da farmi trascinare in finali non previsti, né immaginati all’inizio”, confessa l’autore nella sua postfazione. Le scritture abitano luoghi. O è il contrario? Gli scrittori hanno il potere di descrivere luoghi da noi non visitati o evocare luoghi mai abitati che chi legge può vedere. Le identità si raccontano e prendono forma nelle voci dei personaggi che animano le pagine degli scrittori. Sepp Mall autore di madre lingua tedesca nel suo racconto “STOTTERN” (Balbettio) ci apre al punto di vista degli altri che identificano in un semplice piatto di ossibuchi una cultura straniera da guardare con distacco. Voglio ricordare Norbert Conrad Kaser, poeta quasi sconosciuto nel resto d’Italia perché autore che ha scritto solo in lingua tedesca. Considerato un grande poeta, forse il maggiore dell’Alto Adige abbia avuto, dopo Oswald von Wolkenstein, Kaser è stato capace di incarnare e trasfondere nei suoi versi lo spirito genuino della sua terra. La sua tragica fine a soli 31 anni suicida per disperazione e alcolismo scrisse “perché la mia terra amata non mi vuol più portare” anticipando con lucida disperazione il suo destino. Nel suo comporre c’era sempre la tensione che lo tormentava: “vivo e scarico sui miei versi il mio esser vivo”. Il poeta non fu capito né in patria né all’estero dove si trasferì per un periodo a Vienna. “Bevo come un forsennato/consapevolmente mi distruggo”. L’incomprensione è stata una costante anche di un intellettuale dotato di una sensibilità fuori dal comune che risponde al nome di Alexander Langer. Le vicende storiche della regione avevano provocato una netta separazione e, frequentemente, un odio di origine etnica tra la comunità italiana e quella tedesca, ma il clima che si respirava in casa Langer era decisamente controcorrente. I genitori frequentavano amici italiani e volevano che i figli conoscessero bene entrambe le lingue. Alex sentì la peculiarità della sua situazione e le differenze con l’ambiente esterno. E la percezione del fenomeno si fece più forte negli anni successivi quando si trasferì a Bolzano dove si interrogò sull’appartenenza comunitaria e sul rapporto tra culture diverse. Si confrontano tra loro superando gli stereotipi della cultura ufficiale e sperimentando, sia pure nelle piccole dimensioni del gruppo, un ideale di convivenza. È un’esperienza che segna profondamente il giovane Langer che, anche molti anni dopo, ne farà un fulcro della propria azione pacifista: «quando mi trovo di fronte ad un conflitto di natura etnica, mi metto per prima cosa a vedere se esiste qualche gruppo che riesca a riunire al proprio interno persone dell’uno e dell’altro schieramento (sono parole di Alex). L’esperienza di un gruppo interetnico, o se volete del gruppo pilota che accetta di sperimentare su di sé le possibilità e i limiti, i problemi della convivenza interetnica, per me rimane una cosa assolutamente determinante» (Il gioco del noi e del loro, Dal Sudtirolo all’Europa). È la sintesi non solo di un modo di approccio sperimentato anche in situazioni belliche o post-belliche, ma è una principio che guida la vita stessa di Langer con la sua inesauribile ricerca di relazioni, di contatti volta a costruire ponti per superare la conflittualità. Due libri di Alex che segnalo:Vie di pace. Rapporto dall’Europa, La scelta della convivenza. Il viaggiatore leggero.

Cito infine il libro LETTERE SUL CONFINE scrittori italiani e svizzeri in corrispondenza con Felice Menghini a cura di Andrea Paganini. Lettere sul confine raccoglie la corrispondenza intercorsa tra scrittori celebri come Piero Chiara e Giorgio Scerbanenco, ad un prete poeta, don Felice Menghini. Grande appassionato di letteratura promosse la letteratura italiana fra il 1944 e il 1946 sostenendo l’attività di tanti scrittori italiani esuli in Svizzera a seguito delle vicende belliche in Italia. “Menghini ha una devozione commovente per questo nutrimento dell’anima (la poesia in particolare) che somiglia in lui a quello gli viene dalle sue montagne, e che gli sarà alla fine fatale” scrive nella prefazione di Carlo Carena. Scrittore di confine a sua volta, viveva a Poschiavo, lembo di terra italofona su suolo svizzero che fa parte del cantone dei Grigioni italiano, l’unico cantone trilingue della Svizzera dove si parla il tedesco, il romancio e l’italiano. Definito da Piero Chiara “storico della sua regione, come letterato, ma anzitutto come poeta egli si collocherà ad un posto importante nella storia letteraria della Svizzera italiana e ne segnerà, insieme con pochissimi altri, la piena partecipazione alla poesia della nostra epoca”.

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