Teatro, Teatro recensione — 14/03/2022 at 11:14

“Uno spettacolo per chi vive in tempi di estinzione”: quali nobili intenzioni sprecate!

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RUMOR(S)CENA – MILANO – Il contesto progettuale di ampio respiro in cui si situava Uno spettacolo per chi vive in tempi di estinzione aveva suscitato notevole interesse. Nato da un’idea di Katie Mitchell su testo di Miranda Rose Hall, è stato prodotto in collaborazione col Piccolo Teatro di Milano e reinterpretato dalla compagnia lacasadargilla con la regia di Lisa Ferlazzo Natoli.

C’era l’espediente, intrigante e originale, di garantire l’energia elettrica necessaria alla scenotecnica producendola con le vigorose pedalate di una squadra di ciclisti presenti sulla scena; la scenografia si annunciava ricavata da materiali di recupero; sempre in base all’etica del chilometro zero, anche i componenti di un coro non professionale, a ogni piazza venivano reperiti sul territorio. Prevedeva poi un ricco programma di iniziative parallele: incontri col pubblico, laboratori, passeggiate ecologiche e naturalistiche. Inoltre, dalla copiosa documentazione consegnata in conferenza stampa, si desumeva un’ampia rete di qualificate collaborazioni teatrali e accademiche, anche internazionali.

Esther Elisha ©MasiarPasquali

Insomma, ci si aspettava la testimonianza di una produzione artistica sul tema di quel che veniva definita “la catastrofe del cambiamento climatico”; una perorazione appassionata per uno stile di vita sostenibile; forse, un illuminante manuale teorico-pratico di sopravvivenza, in vista della minaccia di estinzione del genere umano.

Ma la montagna ha partorito un topolino.

Esther Elisha ©MasiarPasquali

In apertura, l’attrice Esther Elisha (madre italiana, padre originario del Benin), entrando di quinta nello spazio a pianta centrale del Teatro Studio di Milano comunica al pubblico l’impossibilità di andare in scena, a causa dell’assenza di due colleghe, Emma e Sara, che hanno dovuto correre al capezzale della madre di Emma, morente. In effetti, un incipit drammaturgico non proprio originale, forse funzionale in uno spettacolo di varietà; molto meno in un’operazione con pretese etiche e culturali. Quella morte imminente, peraltro, viene annunciata col sorriso sulle labbra: un atteggiamento che non l’abbandonerà l’attrice per tutti gli ottanta minuti dello spettacolo, neppure quando augurerà al pubblico una buona morte.

Da questa improbabile premessa si dipana la struttura dello spettacolo, fintamente improvvisata, interamente affidata a Esther (che si presenta come Noemi, drammaturga della compagnia Emissioni Zero; un fascio di appunti e una borraccia ecologica nelle mani): un porgere accattivante, ma monocorde; con pause incongrue; sorsate di acqua dalla borraccia; mal riusciti tentativi di coinvolgimento del pubblico.

Esther Elisha ©MasiarPasquali

Ma anche l’informazione scientifica – una disinvolta carrellata storica dal Big Bang ai giorni nostri – risulta di una banalità e di un’approssimazione desolante. Non si può parlare (se non, forse, rivolgendosi a bambini del primo ciclo della scuola primaria) di “animaletti” per definire i protozoi, o di “alberi” per indicare i primi organismi vegetali. Quanto all’estinzione delle specie viventi – inquietante presagio dell’estinzione della specie umana – non basta, per illustrarlo, elencare una serqua di nomi, spesso sconosciuti e astrusi, corredata da immagini, non sempre in sincrono e male identificabili, proiettate sui velari del fondale da una coppia di lavagne luminose. Sul teatro povero hanno teorizzato grandi maestri; altro è il pauperismo e la sciattezza, gabellati per scelta stilistica.

I proiettori di vecchia generazione, una scenografia effettivamente costruita con oggetti di recupero (anche le ormai desuete lavagne luminose), suscitavano, almeno in chi ha la mia età, una sorta di tenerezza, e avevano anche una loro suggestione figurativa. Ma ciò doveva essere sostenuto da un diverso rigore testuale, ancorché in forma divulgativa; da una drammaturgia e da una regia più accurate e di maggior spessore.

Un’occasione sprecata, anche per il Piccolo.

Visto al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano il 9 marzo 2022

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