RUMOR(S)CENA – TEATRO GIROLAMO – MILANO – Di fronte a uno spettacolo come Take me out – l’eroe che è in me, con in scena giovani affetti da problemi psichici, più o meno gravi, il recensore, malgrado abbia ormai assistito a decine di lavori di questo tipo, si trova sempre in una situazione non facile. È chiaro che i criteri estetici che lo guidano per riferire di spettacoli professionali non valgono più, e non vale neppure un benevolo: “Bravini! Quante cose sono riusciti a fare!”.
Chi scrive deve quindi superare, sia il ruolo del recensore tradizionale, sia un atteggiamento paternalistico. Per mantenermi in equilibrio in questa non facile, precaria posizione, mi è d’aiuto quanto sostiene un grande regista e pedagogista teatrale russo, Jurij Al’šic: “La domanda principale da porsi di fronte a una produzione teatrale, non è se sia bella o brutta, ma qual è il precorso fatto per arrivare a quel risultato”. Un’asserzione coerente con quanto sostenuto dalla giovane regista di Take me out, Alice De André, responsabile del progetto, che sottolinea come l’obiettivo che si è posta non è affatto performativo. Non casualmente Alice, accanto a una formazione attorale, ne ha anche una pedagogica. Ma c’è un’altra motivazione, più personale che l’ha spinta a intraprendere questa avventura, ove l’arte si coniuga con la pedagogia: la contiguità, fin da piccola, con un congiunto affetto dalla sindrome di Asperger.
Il titolo, Take me out – l’eroe che è in me, è una sorta di gioco di parole che, nasce dall’assonanza di “out” con “autismo”, ispirata a una canzone del gruppo rock scozzese Franz Ferdinand, ed è un’esortazione a tirare fuori le proprie potenzialità, l’eroe che è in ognuno di noi. E di qui parte Alice, all’inizio di novembre, con un laboratorio rivolto a dieci giovani dai 19 ai 23 anni (fra i quali due ragazze) che frequentano la “Scuola Futuro Lavoro”, una scuola post diploma affiliata alla fondazione “Un Futuro per l’Asperger”.
A costoro, affetti – in forme diversamente gravi – della sindrome di Asperger, propone esercizi finalizzati a liberare i propri sentimenti e desideri, a individuare una figura eroica, tratta dalla loro esperienza culturale, in cui identificarsi, anche con l’aiuto di semplici costumi. Sono, per lo più, personaggi dei fumetti, quali Superman o l’Uomo ragno, fino ad Achille (non senza un’allusione goliardica, una strizzata d’occhio al suo ambiguo legame con Patroclo); e altri cui lo scrivente, confessa la propria estraneità, dovuta a motivi generazionali. L’obiettivo che Alice si pone è aiutare i ragazzi a comprendere il loro potenziale, a riconoscere le proprie emozioni; a non aver più paura di seguire ciò che sognano diventare, a non avere più limiti. Inizialmente gli esercizi in classe, basati sulla fiducia, sul coordinamento, hanno lo scopo di fondare il gruppo: “Una terapia d’urto”, sostiene Alice, “che ha funzionato”.
Il seminario inizia a novembre, ma solo a marzo si comincia a parlare di teatro e a progettare la performance. Prima abbiamo lavorato parecchio sulle emozioni, su come riconoscerle: inizialmente per loro è stato molto faticoso Ma si trattava anche di aiutare i ragazzi a superare difficoltà più concrete, ma più complesse, quali la balbuzie o, in generale, la difficoltà di fonazione. Li abbiamo portati a tirare fuori la voce attraverso la respirazione diaframmatica, ad articolare bene ogni parola di modo che fosse comprensibile; laddove è stato necessario, affinché nessuno fosse escluso dalla performance, abbiamo adottato anche un’amplificazione di supporto.
In autunno lo spettacolo verrà replicato al teatro Gerolamo di Milano. Ma perché, se l’obiettivo dichiarato non è quello performativo, perché riproporlo, e rivederlo? Azzardo una risposta, nella condivisione di un pensiero di Franco Basaglia: “Visto da vicino, nessuno è normale”, e sostengo che è bene che tutti noi, pubblico cosiddetto normale, veda Take me aut, per affrontare e cercare di superare l’Asperger che è in ognuno di noi.
Visto al teatro Gerolamo di Milano il 7 giugno 2024