Teatro, Teatrorecensione — 31/03/2012 at 12:47

Un Tram dove il capolinea finisce nella pazzia di Blanche

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La sensazione, una volta entrati nella platea del Teatro Due di Parma, al fine di assistere all’ultima produzione dell‘Ert-Teatro Stabile di Catania, dal titolo Un Tram chiamato desiderio per la regia di Antonio Latella, è stata quella di trovarsi di fronte ad un allestimento in fase di costruzione e montaggio. Chi è abituato allo stile che fa di questo regista un protagonista della contemporaneità teatrale, saprà bene a cosa ci si vuole riferire. Qualora si voglia realizzare una messa in scena, con l’intento di destrutturare un testo classico, nel solco di una tradizione consolidata, è divenuta nel tempo, una sfida a cui molti registi non si sottraggono. Un tram chiamato desiderio di Tennessee Williams, caposaldo della drammaturgia americana su cui è ricaduta la scelta di affidarlo al regista Latella. Un testo raramente rappresentato nel corso degli ultimo decenni sulle scene nazionali. In ogni caso il regista non si è fatto intimidire dai suoi illustri predecessori ( uno per tutti la celebre versione che ne fece Luchino Visconti), il quale affronta una vicenda dove convivono in un soffocante e claustrofobico spazio fisico e mentale, affetti desiderati e negati, l’eros da cui si genera tutto: violenza, sopraffazione, umiliazione, rassegnazione, disperazione.

Un’energia propulsiva alla base dei comportamenti umani, del desiderio conflittuale e dirompente, scatenato da dinamiche esacerbate . Protagonista è Blanche DuBois (interpretata da una Laura Marinoni cosi convincente da commuovere il pubblico), fa una donna fragile, psicologicamente instabile nel suo incessante peregrinare in cerca di un sentimento d’amore che non potrà mai soddisfare. La sua recitazione è ricca di registri che danno vita ad un universo femminile dove alberga solo l’infelicità e la pazzia . La sua vita si riduce ad una convivenza forzata in un minuscolo appartamento insieme ad una sorella, Stella, (Elisabetta Valgoi) sposata con Stanley Kovalsky, interpretato con determinatezza del suo ruolo da Vinicio Marchioni, un operaio d’origine albanesi, emigrato in un’ America anni ’50, dove risaltano tutte le contraddizioni sociali ed economiche. La moglie che resterà incinta esibisce, da prima, una pancia gonfiata con un cuscino e poi a gravidanza inoltrata appare con una surreale sagoma di cartapesta. Il realismo qui è bandito, solo i sentimenti dei personaggi devono suscitare aderenza con la realtà dei fatti. E poi c’è Mitch l’amico di Stanley, (Giuseppe Lanino), uno spasimante poco fortunato nei confronti di Blanche. Eunice è la vicina di casa (Annibale Pavone) che da vita a più personaggi (l’infermiere, Steve) che contribuisce ad alimentare una vicenda fatta di subdoli inganni, comportamenti amorali, bugie. Quanto di meglio può offrire l’essere umano.

Tutto questo esploderà in una casa (nella descrizione realistica dell’autore) dove c’è tutto quello che un americano medio può desiderare in materia di benessere e agio, ma che nella versione di Latella viene spogliata dagli orpelli ormai datati e obsoleti, di rappresentare un ambiente domestico convenzionale. Da qui la decisione di trasferire gli interni in una sorte di studio cinetelevisivo accecante, capace di abbagliare vista e mente. Gli arredi svuotati della loro funzione per divenire simboli di un benessere che non determina nessun godimento, viceversa creano un logorio snervante, un utilizzo meta amplificato. Enormi fari accecanti puntati sul pubblico, un groviglio di cavi e microfoni, utilizzati come prolungamenti della voce e del corpo. Il sonoro al massimo, fragoroso, fastidioso, la musica dei Sistem of a Down, Happy Birthday, Joe Cocker, Led Zeppelin. Ci sono le icone della grande America, dalla Coca Cola a Marilyn Monroe, Marlon Brando, fino al presidente Obama.

Non si fa mancare nulla del mito americano, Latella, Sono tutte idee che stanno a significare l’intento di saturare all’inverosimile la scena, tanto da apparire disordinata, confusa, sovraccarica. È una scelta pensata e si comprende come l’assemblaggio di codici e simboli estetici – visivi, hanno la funzione di creare qualcosa di caotico, dove poi viene richiesto di sbrogliare la matassa drammaturgica. Una partita a scacchi sempre più tesa e conflittuale. E a dirimerla appare fin dall’inizio, a partire dal prologo, un narratore -conduttore , anche nel ruolo del medico (previsto dal testo), affidato a Rosario Tedesco, in grado di decifrare e spiegare le scene che si susseguono, anticipando però quello che in realtà è il finale nel testo originale di Tennessee Williams. Latella esalta le dinamiche dei personaggi per nulla così distanti da quelle vissute nel nostro quotidiano. Blanche le subisce passivamente e l’ immobilità è il segno dell’irreversibilità del suo agire maligno in responsabile di condurla verso il baratro di un fallimento in cui soccombere per sempre. La follia che circola indisturbata dall’inizio alla fine. C’è un’esaltazione dei moti della psiche e tutto questo nella ridondanza che amplifica, crea per certi versi uno spaesamento generale, dove i confini tra normalità e patologico vengono abbattuti.

Le prove degli attori sono il valore aggiunto che determinano, al di là di alcune criticità registiche, grazie alla superba interpretazione di Laura Marinoni, difficilmente superabile. Lo stesso vale per Vinicio Marconi, eclettico nel descrivere un uomo che fa della sua virilità un’arma a doppio taglio: seducente quanto rude e volgare. E via dicendo tutti gli altri. Prova corale di grande spessore per uno spettacolo denso e imponente. Non c’è speranza in questo Tram che viaggia verso una meta da cui non si potrà tornare indietro. Il capolinea finisce dentro un incubo nero chiamato pazzia.

 

Crediti fotografici di  Brunella Giolivo

Un Trama chiamato desiderio
di Tennessee Williams.
Traduzione: Masolino d’Amico.
Regia: Antonio Latella.
Scene: Annelisa Zaccheria.
Costumi: Fabio Sonnino.
Luci: Robert John Resteghini.
Suono: Franco Visioli.
Interpreti: Laura Marinoni (Blanche DuBois), Vinicio Marchioni (Stanley Kowalski), Elisabetta Valgoi (Stella DuBois), Giuseppe Lanino (Mitch), Annibale Pavone (Infermiere, Eunice, Steve), Rosario Tedesco (Dottore).
Assistente alla regia e foto di scena: Brunella Giolivo.
Produzione: ERT – Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Stabile di Catania.

 

Visto al Teatro Due di Parma il 26 febbraio 2012

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