Teatro, Teatrorecensione — 30/11/2011 at 19:43

Sono italiani emigranti e “cìncali” quelli che Mario Perrotta riporta in vita per non dimenticare

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Il palcoscenico vuoto e nero dell’Auditorium Melotti di Rovereto è già di per sé sufficiente per ambientare una storia vera, una storia tragica e dolente, come quella raccontata da Mario Perrotta. Il nero del sipario e delle quinte sono dello stesso nero, che il protagonista di un monologo avvincente e denso di emozioni, racconta in “Italiani Cìncali” dedicato alla vicende funeste e dolorose vissute dagli emigranti italiani nelle miniere del Belgio. Un nero che provoca i brividi, quel nero visto tante volte sulle facce di uomini consunti dalla fatica emersi dal sottosuolo: un mondo così lontano dalla civiltà, luogo di tragedie come la strage di Marcinelle avvenuta l’8 agosto 1956 in una miniera di carbone nei pressi di Charleroi, in Belgio. L’incidente provocò 262 morti su un totale di 274 uomini presenti nella miniera. Minatori costretti a lavorare in condizioni disumane a rischio di vita costante.

I giacimenti di carbone si trovano a diverse profondità e per il loro sfruttamento vengono realizzate miniere con pozzi molto profondi (fino a 1000 metri), dai quali si diramano gallerie che raggiungono i filoni di carbone. Mario Perrotta (produzione del Teatro dell’Argine di Bologna) racconta a ritroso una storia che è anche autobiografica e la fa rivivere al pubblico con una capacità fabulatoria straordinaria, basata sull’uso drammaturgico della parola narrata, che ha un peso e una valenza in grado di costringerti a provare solo sentimenti di rabbia, per chi ha permesso queste morti e queste indicibili sofferenze.

Italiani Cìncali è però anche un esempio di vero teatro civile senza false retoriche o moraleggianti lezioni di storia. Perrotta sceglie di testimoniare con uno stile poetico e anche, a tratti, ironico, le tante storie accadute alle migliaia di compatrioti, costretti dopo la seconda guerra mondiale, a cercare fortuna e lavoro all’estero. Dal sud dell’Italia con il treno fino ai paesi del nord Europa, tra questi il Belgio. Terra di miraggi e di morti per silicosi, per gas venefici, per tragedie nelle miniere, debitamente occulte, come lui stesso racconta citando l’omissione colposa della politica di quello stato e dei giornali che fino all’ultimo decisero di non raccontare all’opinione pubblica.

Mario Perrotta aveva solo dieci anni quando iniziò a viaggiare con il padre. Dalla Puglia a Bergamo prima e poi verso l’estero. Il treno notturno da Lecce fino al miraggio di una vita in grado di poter offrire condizioni di sostentamento alla propria famiglia. Il bambino Mario vedrà con i suoi occhi la vita degli emigranti, quella di suo padre, prima in Italia e poi in Svizzera, Germania e infine in Belgio. Ma non è una semplice cronistoria di vicende legate da un discorso di rievocazione e suggestione orale, bensì un toccante viaggio nella memoria condivisa, aiutata dalla fantasia del bambino Perrotta che spiega dal palcoscenico dove c’è solo una sedia di legno e un bicchiere colmo d’acqua: “Viaggiavo sul treno espresso Lecce Stoccarda dove era terra di nessuno, undici ore di anarchia assoluta e inventavo storie fantastiche, personaggi della mia famiglia. Su e giù per l’Italia”. La triste realtà torna con la miniera in Belgio e qui il monologo di Perrotta intervallato dalle voci registrate di Peppe Barra, Ferdinando Bruni, Ascanio Celestini, Laura Curino, Elio De Capitani, si fa sempre più duro, più calzante e incisivo.

Non c’è più spazio per il sorriso. “Muratori che si ammalavano di silicosi, i belgi si facevano le spremute per combatterla, gli italiani risparmiavano suo cibo e mandavano la paga alle mogli e ai figli rimasti in patria. La strage di Marcinelle, la politica belga contro gli italiani che fa dire ad un ministro che gli italiani sono solo buoni per crepare. Il conteggio dei morti. Maledetta miniera”, con il sottofondo musicale di “Grazie, prego, scusi, tornerò“, canzone interpretata da Celentano. Una colonna sonora che ti inchioda alla poltrona e ti costringe a chiudere gli occhi. Scelta perfetta per l’estraniamento che l’attore alterna con momenti di dolente e tragica contemporaneità, un’ironia sempre equilibrata e la giusta dose di denuncia sociale ed etica che non deve mai venire meno.

La morte in miniera colpisce senza scampo anche l’amico Michele. Perrotta racconta con delicatezza come la moglie venisse tenuta all’oscuro della morte di suo marito, complice il postino del paese che continua a scrivere lettere sotto mentite spoglie. Sono frammenti di un’umanità che cerca di sopravvivere, anche con l’ingenuità, la compassione, l’altruismo e l’aiuto senza secondi fini. Italiani Cìncali (termine dispregiativo coniato dagli svizzeri per definire zingari gli italiani) è un lavoro scritto a quattro mani insieme a Nicola Bonazzi, recitato in italiano con inserti in dialetto pugliese, leccese per l’esattezza, viste le origini di Mario Perrotta. Racconta uno spaccato di una Italia povera e defraudata di tutto, segnata dalle ferite post guerra e trattata con disprezzo all’estero. Un passato che non è servito a certi politici nazionali, dove si proclamano slogan contro gli stranieri e si legiferano leggi contro gli emigrati, dimenticando che i propri padri e nonni, erano a loro volta costretti ad andare all’estero e trattati, come ora vorrebbero fare, loro stessi, con chi arriva in Italia. «Gli ex emigranti sono i peggiori razzisti degli emigranti attuali, quelli stranieri che arrivano da noi – spiega Mario Perrotta nel suo commovente monologo – come mi ha spiegato un ex minatore tunisino intervistato a Lecce»: “Uno schiavo quando avrà la libertà cercherà sempre di schiavizzare un altro suo simile”. Sono parole dure che valgono più di tanti discorsi sociologici, dibattiti, analisi. Una triste realtà che dovrebbe far riflettere. Mario Perrotta dimostra ancora una volta, come Italìani Cìncali sia tristemente attuale nella sua veridicità e testimonianza lucida, come se si parlasse degli sbarchi a Lampedusa o il naufragio di una barca carica di disperati sulle coste pugliesi, avvenuta pochi giorni fa, dove hanno trovato la morte per annegamento decine di uomini.

 

 

Italìani Cìncali

di Nicola Bonazzi e Mario Perrotta

diretto ed interpretato da Mario Perrotta

 

visto all’Auditorium Melotti di Rovereto il 23 novembre 2011

 

in scena al Teatro Secci di Terni dal 30 novembre al 2 dicembre 2011

www.teatrostabile.umbria.it

 

 

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