Teatro, Teatro recensione — 29/06/2018 at 07:04

Macbettu: fusione alchemica tra dramma shakesperiano e archetipi sardi

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TORINO – L’Uomo e il delirio che lo conduce a sconfiggere sé stesso. Nel suo primordiale istinto nel versare sangue innocente, subirà su di sé le stesse sofferenze partorite dalla malvagità dettata da pulsioni distruttive. La sua follia è una lacerazione dell’anima per divenire tragedia apocalittica, segnata da un sovrannaturale funesto: Macbeth tragedia scritta da William Shakespeare, universalizza il Male nella sua ascesa e caduta per raccontare di un nobile e fedele servitore del suo re, accecato dal desiderio insanabile di potere e fama. Macbeth è destinato a soccombere nella drammaturgia  originale consegnata ai posteri. Secoli dopo la sua tragica vicenda viene rievocata e trasferita dall’immensità delle brughiere selvagge e brumose della Scozia, ad un’oscura terra sarda in tutta la sua teatrale spettacolarità per chiamarsi Macbettu: nero denso e materico, quasi palpabile e visionario, sa catturare lo sguardo per rapirlo e portarlo nelle selve oscure, dove brancolano uomini che assumono sembianze paragonabili ad allucinazioni terrifiche viste in sogno: un distillato lento e progressivo reso possibile da un processo di creazione e astrazione, firmato da Alessandro Serra, regista e autore di una versione paragonabile ad una fusione alchemica, il cui risultato ha un valore superiore alla semplice rappresentazione scenica. Una “metamorfosi” nel senso che muta la forma – struttura classica del testo originale della tragedia per assumere le sembianze di un rito antichissimo, tramandato di generazione in generazione: la tradizione del carnevale sardo dei Mamuthones, figure che si originano in un lontano passato segnato da rituali pagani e ora capaci di collimare alla perfezione con i personaggi della cupa e angosciante vicenda; resa mirabilmente eterea quanto astratta dal regista, a cui va riconosciuto di aver lavorato in sottrazione al fine di raggiungere un risultato simile ad una cerimonia solenne nel suo significato più laico e nell’ottenere in similitudine una processione danzante.

 

foto di Alessandro Serra

Alessandro Serra parla di “contaminazione reciproca” nel congiungere l’ispirazione – desunta dalla conoscenza del carnevale sardo -, alla scrittura depositata nel testo shakesperiano, senza che questa rischi di diventare una semplificazione ai fini rappresentativi. Ottenendo, invece, un risultato che lui stesso descrive come “svelamento di un tragico archetipo”, presente sia nei personaggi del dramma che nelle perturbanti maschere sarde, e “forse anche in noi spettatori”. Sta qui la chiave di lettura di Macbettu: due mondi così distanti, si avvicinano come due poli opposti che si attraggono, l’uno creato dalla fervida mente del suo autore, l’altro da una tradizione secolare tramandata fino ai giorni nostri e insieme appaiono al nostro cospetto per coinvolgerci come testimoni partecipanti.

Macbettu alberga dentro di noi, che si chiami in sardo arcaico o in un’altra declinazione o lingua non fa differenza: ogni passo, ogni movimento, azione, gesto compiuto è mosso da un potere sovrannaturale; capace di rimbalzare da uomo a uomo, senza possibilità di esimersi. Sulla scena scarna ed essenziale, costruita come un ambiente rigorosamente geometrico, avviene lo svelamento in tutta la sua potenza evocativa a cui tutti siamo destinati: vittime o carnefici non fa differenza. Gli uomini attori si muovono per volere supremo e la loro fisicità è corpo fatto di materia e di emozioni che creano dei vorticosi gorghi da cui si solleva una coltre di finissima polvere, come una caliginosa nebbia da cui emergono raffigurazioni totemiche e arcaiche. È un dramma tutto al maschile, rappresentato da otto superbi attori che si prodigano per farci entrare nella dimensione più misteriosa, là dove si origina il male e la crudeltà, risolta con estrema leggerezza compositiva senza sovrastrutture che avrebbero snaturato quell’essenzialità da cui deriva l’ispirazione. Sobrio ma ricco di visioni e suggestioni, specie quelle sonore che introducono l’inizio con un sibilo sinistro e martellante come un urlo soffocato che esce dalle viscere della terra, si insinua nei meandri della vita stessa, e ti riconduce sempre al punto di partenza da dove tutto si origina.

 

foto di Alessandro Serra

Pietre che stridono ed emanano un suono come voci sussurrate, sfiorate da corpi umani sui cui deporre il capo senza cedere al sonno profondo consci del pericolo incombente. L’avanzare repentino verso il sacrificio umano è nel gesto minimalista: sono i dettagli della scena, degli oggetti, della mimica gestuale a disegnare la struttura architettonica dello spettacolo. Carnale e viscerale.  Le streghe nelle loro ritualistiche e giocose danze cadenzate, simili ad un sabba, dimostrano una teatralità espressiva elevata all’ennesima potenza. La voce è corpo e la fisicità degli attori si presta a diventare strumento plasmabile nello spazio rarefatto; rischiarato da luci soffuse che creano un contrappunto tra il nero che incombe come una cappa pesante sul destino dell’essere umano e un barlume di vita a cui Macbettu si aggrappa e cerca salvezza.

 

foto di  Alessandro Serra

Nota a margine: Macbettu si era visto in una sola sera al Teatro Comunale “Gustavo Modena” di Mori nel mese di marzo e tornerà per una replica al Teatro Comunale di Pergine nella stagione 2019, non figurando né a Trento né a Bolzano. Assenza alquanto singolare per uno spettacolo vincitore del Premio Ubu 2017 nella categoria come “miglior spettacolo dell’anno”.

Visto al Festival delle Colline Torinesi Fonderie Limone di Moncalieri (Torino) il 17 giugno 2018

 

foto di Alessandro Serra

M A C B E T T U

di Alessandro Serra

tratto dal Macbeth di William Shakespeare

con Fulvio Accogli, Andrea Bartolomeo, Leonardo Capuano, Andrea Carroni, Giovanni Carroni, Maurizio Giordo, Stefano Mereu, Felice Montervino.

traduzione in sardo e consulenza linguistica Giovanni Carroni
collaborazione ai movimenti di scena  Chiara Michelini
musiche: pietre sonore Pinuccio Sciola
composizioni pietre sonore: Marcellino Garau
regia, scene, luci, costumi Alessandro Serra

produzione | Sardegna Teatro e compagnia Teatropersona

 

foto di Alessandro Serra

 

In replica a Cagliari | Teatro Massimo-Sardegna Teatro | 21 giugno – 30 giugno 2018

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