Teatro, Teatro recensione — 27/07/2022 at 10:23

Il “sistema nervoso” di un uomo che ha paura di impazzire

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RUMOR(S)CENA – CASTIGLIONCELLO (Livorno) – Chi ha paura di vedere sé stesso sulla scena? Chi non ha paura di diventare tutto a un tratto pazzo senza preavviso? Sono queste le domande che piombano prepotentemente dinanzi allo spettatore dell’ultimo spettacolo di Leonardo Capuano “Sistema Nervoso”. Autore e regista di sé stesso, Leonardo non è solo un performer dalle indiscutibili capacità, ma un vero e proprio personaggio intellettuale. La sua è stata un’accuratissima ricerca filosofica dalla quale ha largamente attinto per presentarci questa sciroccata di emozioni talvolta tragiche, talvolta grottesche. Si potrebbe dire che quest’opera testimonia l’unione indissolubile tra arte e scienza, l’artista è infatti riuscito a portare la scienza psicologica su un palco teatrale.

Un uomo dal “sistema nervoso” alterato, alle prese con la sua paura più grande, quella di impazzire, che la sua vita fatta di grandi sofferenze, lo ha lacerato dall’interno a tal punto, che ne è uscito davvero pazzo, il cui confine, come l’attore dice, è talmente piccolo che in un batter d’occhio ti trovi veramente uscito di senno senza neanche accorgertene. “Siamo qua per soffrire”, “Noi, esseri dotati di una immensa capacità di soffrire”, Dovrei avere meno anni, per poter sopportare quest’epoca”, insomma è questo il tema che risuona costantemente durante la rappresentazione, la sofferenza, il dolore, la folle ascesa del mal di vivere, come nelle più grandi poesie del “Poeta del dolore” Giacomo Leopardi.

La maestria nel cambiamento dei personaggi con degli spiazzanti escamotage, che passano dal capitano di un sottomarino costretto a risolvere questioni di disagio con un equipaggio che non c’è, all’arrogante vicino un po’ sfigato del piano di sotto dalla voce soffocata, ma dalle frasi sentenziose dal gusto piuttosto amaro, di una “saggezza” che lascia senza speranza, rendono lo spettacolo, un vero e proprio capolavoro performativo, l’arte del teatro elevata ad altissimi livelli. Ma non soltanto Capuano aveva un ruolo fondamentale nella riuscita dell’opera, anche il pubblico ci doveva mettere del suo, un pubblico diviso tra risate e chi invece prendeva quella storia come un vero e proprio percorso di consapevolezza sulla condizione tragica in cui è talvolta investita l’intera umanità. Molte sono le medaglie che l’attore si porta a casa, infatti, questo particolare dualismo di cui il pubblico si è reso protagonista fa dunque di Capuano anche un autentico maestro della risata. Ma davvero bisognava ridere? La risata, non rende ridicole trasformando in intrattenimento delle questioni che, per loro natura sarebbero al contrario cariche della più raffinata forza intellettuale?

Qui non si parla di risata pirandelliana di fronte alle grottesche maschere che l’uomo si mette per affrontare la propria quotidianità, bensì un ridere che impedisce alla nostra anima di ascoltare le sue profondità più buie e temibili, che soltanto esplorandole possiamo finalmente comprendere ciò che veramente si è. “Cara? Mi faresti una zuppa per favore?” ripeteva spesso l’attore. “Ci vorrebbe una zuppa, per non impazzire”, che messaggio voleva mandarci? Forse che ci vorrebbe più amore per non uscire pazzi? O forse è l’amore stesso, ad essere una cosa per matti?

Visto al Festival Inequilibrio di Castiglioncello il 21 giugno 2022

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