musica e concerti, Teatro lirico — 26/02/2023 at 11:18

Otello, Scarpia e Floria Tosca

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RUMOR(S)CENA – GENOVA – Tosca di Giacomo Puccini, nell’allestimento andato in scena al teatro Carlo Felice di Genova, è opera famosissima e anche, intimamente e, latu sensu, strutturalmente, universale che apre le porte al ‘900 musicale, e non solo per coincidenza temporale (la prima rappresentazione cadde il 14 gennaio del 1900), e su cui, per questo, vale meno ‘discettare’ e molto più ‘approfittare’ della forza di una musicalità capace di generare in sé, ovvero fondendosi in essa, una drammaturgia che tocca l’epos, in cui la Storia dà significanza ad ogni atto dell’esistere, e il tragos, il romanticismo dei sentimenti e la metafisica della condizione umana, con modalità queste che nella prosa trovavano contemporanea espressione nell’arte di Eleonora Duse.

Una tessitura estetica, dunque, che così sfugge al suo presunto verismo per farsi, da una parte, racconto psicologico che trascende l’armonia per precipitare in canto dalle complesse ascendenze, tra risonanze e dissociazioni melodiche, e, dall’altra, figurativa trasfigurazione sonora e onomatopeica della realtà, fin scenografica nella sua energia evocativa e in questo anche straordinariamente innovativa.

TOSCA Mario Cavaradossi ( Roberto Aronica )

Un verismo che si fa dunque naturalismo per poi virare, come ha scritto Lorenzo Bianconi, in quel estetitismo e decadentismo già impliciti nella poetica pucciniana sin dagli esordi e che si faranno man mano più accentuati. Tutto questo per il tramite di una musica che quasi inevitabilmente si impone ed esonda, anche oltre e sopra la partitura canora e qualche volta anche sopra le voci dei cantanti, richiedendo agli interpreti una grande sensibilità per cogliere le mutevoli sfumature del suo poliedrico e polifonico dispiegarsi.

Un compito difficile a cui il bel cast della prima, da Maria Josè Siri che è Tosca al Cavaradossi di Riccardo Massi e al quasi imponente Scarpia di Amartuvshin Enkhba, riesce quasi sempre a rispondere con bravura. D’altra parte se è condivisibile, e a mio modo di vedere lo è, che come suggerì Eugenio Montale questo è un melodramma che non va solo cantato ma anche intensamente recitato, quegli stessi interpreti hanno valorizzato il loro bel canto con una presenza scenica, Scarpia ne è primo esempio, del pari efficace.

La regia di Davide Livermore, che riprende una sua stessa messinscena del 2014, è lontana dalle forzature interpretative talora estrapolate e imposte ad una narrazione che invece è sempre molto coerente a se stessa, e sceglie giustamente di adeguarsi a questa unificante coerenza, così riuscendo, senza inutili stravolgimenti, a valorizzare nella sua messa in scena, alienante nel suo verismo simbolizzante, i segni estetici di una intrinseca nascente modernità. Una modernità in un certo senso ulteriormente confermata, rispetto al passato più tradizionale, dalla nuova qualità, non solo drammaturgico/narrativa ma anche letteraria, del libretto con le suggestive successive reminiscenze liriche, in una coerenza per così dire storiografica che lo stornello pastorale romanesco di inizio terzo atto (brava la giovanissima interprete Maria Guano) rende esplicita nel proprio più intimo significato.

Riesce a farlo anche grazie al paradosso di una macchina scenografica, quasi ronconiana per sua stessa ammissione, che abbina la permanenza dell’ambiente drammatico al mutamento delle sue diverse e talvolta divergenti prospettive, a sottolineare sempre e a sovrapporre i movimenti topici della narrazione drammaturgica, fino al finale suicidio di una Tosca, protetta quasi dall’angelo dell’omonimo Castello, solo suggerito e al rapporto di contrapposizione scenica tra questo e il cadavere di Scarpia che ne è sovrastato e non solo visivamente.

Tosca infatti non è solo un dramma della gelosia ovvero una tragedia degli inganni, ma è anche un complesso movimento armonico che costruisce un mondo, all’interno del quale, come gorghi di bergsoniana memoria nel fiume della Storia, emergono identità che traggono a sé il valore, psicologico e anche ultra-psicologico, dell’esistere.

Questi gorghi quasi condensano nel loro distinto involversi le immortali arie che nell’occasione Giacomo Puccini ha creato e che si sono diffuse, senza perdersi, nella profondità del nostro comune sentire artistico e culturale.

Quasi ad attingere personalità e realtà ontologica, il senso complessivo del racconto, da E lucevan le stelle a Vissi d’arte (già cavallo di battaglia della indimenticata Maria Callas) che hanno prodotto applausi a scena aperta per le specifiche buone performance dei cantanti, ruota attorno ad essi e in essi guida, precipita e illumina allo sguardo (e all’udito) dello spettatore, il proprio più appropriato svolgersi. Lo sottolinea il maestro concertatore e direttore Pier Giorgio Morandi che, nella sua efficace interpretazione di una partitura con cui ha un rapporto che lui stesso definisce ‘viscerale‘, mette in bella evidenza l’uso, anche in questo cinematograficamente anticipatore, del leitmotiv per annunciare e preparare l’emergere dell’individuo in quel tutto che scorre.

Uno spettacolo complesso e anche completo, nel contributo equilibrato fornito da direzione musicale, regia e scenografia, canto e recitazione e, non ultimi, movimenti e prestazioni del coro, in cui si miscelano con efficacia le emozioni di una immedesimazione drammaturgica e di un trasporto narrativo di grande effetto. La prima il 24 febbraio, molti applausi a scena aperta e alla fine ovazioni per gli interpreti, il regista e il maestro.

TOSCA Melodramma in tre atti. Musica di Giacomo Puccini. Libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa dal dramma La Tosca di Victorien Sardou. Interpreti alla prima: Floria Tosca Maria José Siri, Mario Cavaradossi Riccardo Massi, Scarpia Amartuvshin Enkhbat, Angelotti Dongho Kim, Sagrestano Matteo Peirone, Spoletta Manuel Pierattelli, Sciarrone Claudio Ottino, Un carceriere Franco Rios Castro, Un pastore Maria Guano.

Maestro concertatore e direttore d’orchestra Pier Giorgio Morandi. Regia, scene e luci Davide Livermore. Regia ripresa da Alessandra Premoli. Costumi Gianluca Falaschi.

Allestimento Fondazione Teatro Carlo Felice di Genova. Orchestra, Coro e Tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova. Maestro del Coro Claudio Marino Moretti. Coro di voci bianche dell’Opera Carlo Felice. Maestro del coro di voci bianche Gino Tanasini

Repliche con cast differenti il 25 e 26 febbraio, 3 4 e 5 marzo.

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