Teatro, Teatrorecensione — 24/11/2011 at 14:27

Un Finale dove la Partita della vita non finisce mai

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Un’enorme antro nero profondo e inquietante, capace di affondare in uno sconosciuto orizzonte, dove la vista umana non può giungere. È il palcoscenico del Teatro alla Cartiera di Rovereto: è lui ad ospitare un piccolo tavolino di legno, due seggioline minuscole, due attori e due pupazzi di legno. Sembrano costruiti per un teatrino, infatti lo è.  Si chiama Teatrino Giullare di Giulia Dall’Ongaro ed Enrico Deotti attori e registi orientati verso una personale ricerca teatrale dove “l’idea di un attore artificiale capace di esplorare il limite fisico dell’espressività”. Dal 2005 la Compagnia di Bologna è impegnata nel progetto sperimentale “l’Artificio in scena”, da cui sono nati gli spettacoli “Alla Meta” di Thomas Bernhard,Lotta di Negro”, “Cani” di Bernard-Marie Koltès, “La Stanza” di Harold Pinter, e “Finale di Partita” di Samuel Beckettallestimento da scacchiera per pedine e due giocatori”, spettacolo inaugurale della rassegna “Altro Palco” inserita nella stagione teatrale organizzata dall’Assessorato alla Contemporaneità del Comune di Rovereto e in collaborazione con Office for a Human Theatre.

Finale di Partita è un’opera teatrale in un solo atto scritta da Samuel Beckett, originariamente scritta in francese; il suo titolo originale è “Fin de partie” e tradotta in inglese dallo stesso autore con il titolo “Endgame”, e considerata una delle opere più importanti del drammaturgo irlandese.

I protagonisti sono Hamm, un anziano signore cieco ed incapace di reggersi in piedi, ed il suo servo Clov che si affanna e non trova mai pace per l’impedimento che lo costringe a non sedersi mai. I due personaggi sono legati da un rapporto di dipendenza l’uno dall’altro, Una vita trascorsa a litigare. Clov vorrebbe andare via ma non è capace di farlo. Insieme a loro vivono i due vecchi genitori di Hamm, Nagg e Nell, che sono privi di gambe e vivono in bidoni della spazzatura. Il titolo prende ispirazione dall’ultima parte di una partita a scacchi che i due protagonisti giocano e sulla scacchiera non sono rimasti che poche pedine. Hamm non vuole accettare la fine della partita, nonostante sia inevitabile la sconfitta. I due vivono alla giornata e il tempo è scandito dal nulla che non permette mai un cambiamento, un accadimento nuovo, una sorte di rituale anacronistico e surreale. Il reale si mutua in qualcosa di assurdo e paradossale, dove il futuro non esiste, non c’è, nemmeno quando Nell muore. La loro vita è qualcosa che assomiglia ad una civiltà che non esiste mai. La loro partita è giocata sulle paure, le illusioni, le aspirazioni frustrate, sull’impossibilità di cambiare qualcosa. Un’esistenza dove il nulla regna sovrano.

Teatrino Giullare, come di consuetudine, si sdoppia e crea il proprio alter ego in forma di pupazzo di legno. Due corpi in carne ed ossa dai visi celati da maschere di cartapesta, infagottati dentro vestiti consunti e laceri. Una partita a scacchi dove al posto delle pedine vengono mossi i loro sosia di legno, uno seduto in sedia a rotelle, l’altro in piedi inquieto nel suo muoversi limitato dallo spazio scenico, un piccolo recinto virtuale, stretto dentro da un nero che sembra tanto l’inconscio delle loro vite destinate all’oblio. La parola è sommessa, fragile, avvolta da nuvole di polvere bianca che riempe l’atmosfera cupa, tragicamente incombente. Odore di polvere e di una vita stantia, decadente, impotente. L’adattamento del testo originale, è frutto di un certosino lavoro di riscrittura drammaturgica contemporanea, realizzato da Enrico Deotti e Giulia Dall’Ongaro, stupefacenti interpreti per bravura e immedesimazione nei loro personaggi – doppi e quadruplicati anche con le voci prestate ai due scheletrini che sbucano fuori da due bidoncini di latta ( i genitori di Hamm), che oltre a recitare con esemplare maestria, sanno coinvolgere ed emozionare il pubblico.

Merito di una scrittura che arriva al cuore, entra dentro, ti smuove sensazioni sopite da troppo tempo, scova analogie soggettive, intime, dove tutto risuona e sonda anche pensieri mai affrontati. L’uomo evita, rimuove, seppellisce le scomode verità che Finale di Partita contiene, e fa esplodere in continuazione. Le luci fioche sul tavolino rischiarano quella penombra che sembra tanto un’esperienza onirica, perturbante, dove circolano anime vaganti figlie un inconscio collettivo ed ancestrale.

Hamm è un re invalido e Clov è l’ultimo pedone sulla scacchiera. Simbologia potente che ci dice come sia ineluttabile il loro destino destinato a soccombere. Parlano sommessamente, dialoghi surreali, a tratti solipsistici, alternati a lunghi silenzi che paiono rumorosi più della voce umana. Il percorso parallelo tra recitazione umana e quella prestata ai pupazzi di legno, e ai due grotteschi scheletri in formato ridotto, è beckettiano nella sua forma e sostanza, estraniante quanto basta, capace di suggestionare per effetti scenici minimalisti ed efficaci. Un Finale dove c’è l’assoluta aderenza al pensiero dell’autore, si realizza attraverso un processo di resistenza ad un “vuoto nichilista”, ad un irreversibile disfacimento del genere umano, con una poetica che contraddistingue Teatrino Giullare capace di realizzare uno spettacolo delicato, analitico,  senza diventare mai autoreferenziale.

Non è un esercizio di stile e di bravura (oggettivamente lo è, visto il responso decretato dal pubblico che alla fine applaude generosamente), quanto una ricerca seria e profonda, capace di esaltare quella verità nascosta tra le pieghe del testo di Beckett, dove colpisce la dicotomia tra linguaggio e corpo. Parola senza apparenti rimandi e significati che si dileguano e si rifrangono sui corpi veri, fisici e materiali. Come alla domanda di Clov: “Perché questa commedia tutti i giorni?” e la risposta di Hamm: “La routine. Non si sa mai”…. Un infinito che sembra non trovare mai pace e rassegnazione. L’uomo che cerca se stesso, non si trova, si perde e si ripete. Non ha coraggio di farla finita. Spera invano e non si da pace. Come una partita di scacchi senza fine.

 

Finale di partita

di Samuel Beckett

Allestimento da scacchiera per pedine e due giocatori

Teatrino Giullare

Con Giulia Dall’ Ongaro ed Enrico Deotti

Altro Palco stagione di teatro

Assessorato alla contemporaneità di Rovereto

Visto al Teatro alla Cartiera di Rovereto l’11 novembre 2011

 

 

 

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