Teatro, Teatrorecensione — 22/11/2013 at 21:54

“I Promessi Sposi” del Lenz Rifrazioni sono l’emblema dell’anima malata dell’uomo

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Ad una prima (s)vista poteva sembrare azzardato o quanto meno forzato l’accostamento tra “I promessi Sposi” manzoniani e gli attori psichiatrici con i quali lavora Lenz Rifrazioni. Da questo punto di vista poteva risultare più vicino e solidale un testo come l’Amleto che proprio lo scorso anno i Lenz, con gli stessi soggetti sulla scena, portarono, sempre a Parma, a Palazzo Farnese. Scegliere I Promessi come emblema della malattia, e di conseguenza la peste come nodo dello sviluppo delle vicende ha della macchinazione, del cerebrale. Poi entrando nella scena approntata da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto, tra mura cementificate e travi in alto è stato ricostruito un lazzaretto dell’anima, si riescono meglio a comprendere le linee sotterranee che hanno mosso la creazione.

Del testo originale è rimasto ben poco, estratto all’osso, scarnificato, rimangono voci sparse, sensazioni allucinate, come in un Luna Park dagli specchi distorti e deformanti. In sei stanze, comunicanti tra di loro e divise soltanto da veli traforati quasi tulle, si muovono e agiscono i vari Don Abbondio, Renzo, Lucia, Fra Cristoforo e Don Rodrigo, tutti appena accennati o tratteggiati. De I Promessi Sposi poco o niente è stato salvato; alla luce, in verità poca nella cupezza e penombra generale che mette ed incute anche un sottile stato d’agitazione, emerge soltanto questo campo di concentramento, dove sono chiusi i personaggi (ma in un parallelo anche gli attori nella loro vita personale), un ospedale da campo con materassi sottili ed una patina di sporcizia e degrado, cunicoli interiori dai quali è difficile distaccarsi o lasciarseli alle spalle. Puoi lasciare la malattia, ma la malattia non lascerà te. Puoi vincere la peste ma la peste rimane dentro a fare eco.

Il pubblico poteva girare, camminare ma non interagire, esternamente perché il velo protettivo ovattante e dividente e opacizzante era non solo tra le stanze ma anche tra gli astanti e la scena, fermandosi in piedi davanti alla stanza in quel momento illuminata, oppure stazionare in un punto di visione e da lì osservare, in tralice, in prospettiva i vari coni d’ombra ad imbuto. Atmosfera da incubo e inquietante, rumori di fondo che scardinano nel mezzo ad un vedo-non-vedo che lascia immaginare mostri interiori pronti ad esplodere come bubboni purulenti.

C’è angoscia nelle immagini, ansia nelle grida, nei movimenti lenti, nei passi scalcinati e strascicati, nei video allungati che si snodano sui veli color sporco. Don Rodrigo urla: “Lucia, ti desidero” battendo un bastone a terra. I dialoghi hanno stralci letterari e intermezzi personali e vissuti laceranti. Voci che si rincorrono, si cercano senza trovarsi, che ricordano lo strazio di Alda Merini. Siamo in un Paese dei Balocchi al contrario: devastato e allucinato, terrorizzante.

Nell’aria la rabbia del recluso, la sofferenza della prigionia, dell’esclusione, della marginalità, dell’emarginazione in questa struttura agile e imponente, fragile e sospesa come tessuti aerei, come trampolieri e trapezisti, leggera e piena, la disperazione, ma anche la carnalità insoddisfatta, il dolore dell’incomprensione, il disagio di vivere all’interno di mura sottili ma comunque distanti dal resto, diverse e dissimili, lontane dal mondo. Gli ultimi saranno i primi qui si declina nell’eliminazione terrena del cattivo per antonomasia con l’amore che trionfa. Forse, proprio quest’ultima scena impallina e impallidisce tutto il sostegno ed il ponteggio precedente, tutta la costruzione che si schiuma in un buonismo di maniera ottimista e, purtroppo, non realista, con Renzo e Lucia che, magicamente, invocando la Divina Provvidenza, si trasformano in Giuseppe e Maria in attesa del Salvatore. Miracolo a Parma.

 “I promessi Sposi” da Alessandro Manzoni, Lenz Rifrazioni, durata 90′. Creazione per Natura “Dèi Teatri” e Bicentenario Verdiano. Creazione Francesco Pititto, Maria Federica Maestri.

Drammaturgia e Imagoturgia: Francesco Pititto; Installazione e costumi: Maria Federica Maestri;

Musica: Andrea Azzali_Monophon; Interpreti: Valentina Barbarini, Frank Berzieri, Monica Bianchi, Giovanni Carnevale, Carlo Destro Paolo Maccini, Andrea Orlandini, Roberto Riseri, Delfina Rivieri, Vincenzo Salemi, Elena Sorbi Carlotta Spaggiari, Barbara Voghera.

Luci: Gianluca Bergamini, Nicolò Fornasini; Assistente alla regia: Alice Scartapacchio

in collaborazione con AUSL Parma – Dipartimento Assistenziale Integrato di Salute Mentale – Dipendenze Patologiche, con il sostegno di Aurora Domus Cooperativa Sociale O.N.L.U.S.

Produzione Lenz Rifrazioni. Visto al Lenz Teatro, Parma, il 17 novembre 2013.

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