teatro digitale — 21/12/2021 at 12:30

Una fuga in Egitto: esperienza di realtà virtuale immersiva

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RUMOR(S)CENA – CATANIA – È un ‘oggetto’ misterioso “ Una fuga in Egitto. Rotta virtuale per l’esilio” quello andato in scena alla Sala Verga del Teatro Stabile di Catania. L’eterna lotta tra cinema e teatro, tra ‘realtà’ virtuale tipica dei nuovi media e realtà corporea, peculiarità del teatro, è nel corso del tempo crollata. Nel teatro contemporaneo sono sempre di più i registi e drammaturghi che fanno ricorso al video, che citano film della storia del cinema muto nelle loro opere – pensiamo ad un altro spettacolo in scena a Catania, ‘Tina e Alfonsina’ dove le due protagoniste addirittura danno vita ad un finto documentario sulla Modotti e sulla Strada interpretando le parti di registe e attrici con tanto di macchina da presa tenuta sulla spalla- e che soprattutto non si vergognano a girare delle pellicole.

Lo ‘spettacolo’

Nome improprio quello di spettacolo per il progetto drammaturgico di Turi Zinna che cura anche montaggio e regia. Prima di entrare nella ‘scatola’ dove avverrà la ‘rivoluzione’ gli spettatori – ammessi in non più di dieci per volta- si fermano in una sala d’attesa per alcuni minuti in attesa che accada qualcosa, abituati come siamo allo scorrere del tempo, una volta entrati nel mondo Di Zinna ma anche in quello di Lina Prosa e Tino Caspanello cambiamo per un’ora la nostra mente abolendo l’idea di successione lineare del tempo scandito da secondi, minuti e ore, aboliamo l’idea insopportabile di ‘story’ e possiamo solo abbandonarci alla visione.

Una impressione che ricorda il cinema

Prima della nascita del cinema ad opera dei fratelli Lumiere c’era il kinetoscopio, un visore individuale, molto più grande ovviamente di quello indossato dagli spettatori di ‘Fuga in Egitto’, che accogliendo uno spettatore per volta lo trasportava in un altro mondo annullando dal proprio campo visivo la ‘realtà’ fenomenica. Quel dispositivo ebbe presto un rapido declino a favore del più celebre mezzo di comunicazione di massa. Quando gli spettatori vengono fatti entrare tre alla volta dentro la ‘scatola’ ricevono l’invito a sedersi in sedili con ampi visori individuali da indossare.

L’attrice all’ingresso dice: “ qua c’è un foglio se volete firmare per la mia causa. Questo foglio altro non è che un invito al sit-in del collettivo di Lotta Femminista in ‘via Pompeo Magno 94“.

Indossato il visore come detto siamo catapultati in un altro mondo, si susseguono scenari di guerra che ricordano certe periferie del Sud Italia. Vediamo deserti dal ‘sapore’ pasoliniano con gli attori ripresi frontalmente, il viso e il corpo ben visibili.

Sono trent’anni che butto sangue che allatto che sto qui, io non mollo è troppo facile. Bisogna essere generosi se si vuol cambiare il mondo. Sono trent’anni che provo a sfornare a mettere al mondo – dice l’attrice rivolgendosi direttamente ad una spettatrice- dottoressa. Ho provato a chiamarla ma lei non rispondeva”.

Inizio della visione

Lo ‘spettacolo’ sembra voler mettere in scena , attraverso un’idea di teatro totale accorpato al mondo della drammaturgia del cinema immersivo tridimensionale a 360 gradi, delle arti visive digitali , della musica elettronica e della tecnica teatrale un episodio dell’infanzia di Gesù in cui Giuseppe insieme a Maria e Gesù fuggono in Egitto dopo la visita dei Magi dopo avere appreso che il Re Erode vuole far uccidere i bambini della zona. A queste immagini appartenenti alla sacre scritture si alternano immagini di vita di coppia , ambientate presumibilmente durante gli anni ’70, quelli della contestazione femminista, dove la donna è costantemente succube di un marito violento che le impedisce di essere libera, di essere indipendente.

L’invito del collettivo recita: “ Perché ne abbiamo abbastanza dei preti, dei magistrati, dei deputati, dei medici , in breve della società degli uomini che decidono per noi il numero dei nostri figli”. Questa proposta da Zinna, Caspanello e Musella è un’idea di teatro molto interessante che si spera prenda sempre più corpo in Italia soprattutto perché unisce arti diverse fino ad arrivare ad o quanto meno a tendere ad un ‘opera d’arte totale dove l’unico punto debole – a parere di chi scrive- è che non sempre tutto quello che vediamo è comprensibile con quello che sentiamo. L’unica soluzione è per provare a sfondare il muro di questo ‘testo’ complicato è rivederlo più di una volta..

Visto al Teatro Stabile di Catania Sala Verga il 11 dicembre 2021

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