Co-Scienze — 21/04/2024 at 19:04

I primi 15 anni di Montagnaterapia del CAI di Bolzano

di
Share

RUMOR(S)CENA – BOLZANO – La sezione Montagnaterapia del CAI di Bolzano compie15 anni di vita: un traguardo importante in grado di dimostrare «un nuovo paradigma nell’ambito della salute mentale… un’attività riabilitativa, nata in modo spontaneo e indipendente in varie regioni d’Italia – sulla scorta di esperienze pioneristiche in altri Paesi – e portata avanti da diversi anni, suscitando crescenti consensi». 1

Il 14 marzo scorso l’anniversario è stato celebrato al Teatro Cristallo di Bolzano, in cui si è ricordato la costituzione avvenuta nel 2009, grazie alla collaborazione fra la Commissione Escursionismo e la Scuola di Alpinismo del CAI di Bolzano, il Servizio Psichiatrico dell’Azienda Sanitaria di Bolzano e l’impegno di operatori del Centro di Riabilitazione Psichiatrica ed il Centro di Salute Mentale. Un sodalizio ricordato dal dottor Luigi Basso, medico psichiatra responsabile del progetto MT, Cesare Cucinato (ANE) accompagnatore nazionale di escursionismo del CAI di Bolzano, Luca Carraro operatore socio sanitario e l’infermiere Marco Ulizzi, specializzati nel settore psichiatrico. Il dottor Basso nel suo intervento ha spiegato come sia fondamentale ribadire il concetto di libertà, come un «diritto di cittadinanza e inclusione sociale dal significato terapeutico e questo mi rimanda a Franco Basaglia, se penso alla società che non permette altrimenti il ricongiungimento degli affetti sociali. Il CAI ha un mandato che va nella direzione di promuovere sulle risorse di comunità composte da persone e la Natura in cui vivono. Ed ecco che le risorse della montagna promuovono la consapevolezza di sé, la possibilità di organizzarsi e relazionarsi con gli altri, conosciuti nel gruppo di escursionisti, agire sulle relazioni e il benessere fisico-psichico, sulle attività di gruppo, favorendo la coesione, condividendo anche la fatica e il risultato quando si giunge alla meta».

il dottor Luigi Basso

Luca Carrara segue i pazienti del Centro di Riabilitazione Psichiatrico accompagnandoli nelle escursioni organizzate dal CAI: «Favorire l’inclusione significa guardare la persona e non la malattia e la pratica della montagnaterapia, osservando quello che funziona della persona e non a quello che non funziona.  Si da importanza agli obiettivi che ci si prefigge dando attenzione alle decisioni da prendere insieme (vedi problem solving), dimostrando flessibilità. Bisogna saper riconoscere la gestione emotiva dell’esperienza, l’autoconsapevolezza e l’autostima e la fiducia in sé stessi, così da migliorare il tono e l’umore. Questa pratica migliora la parte socio-relazionale e la comunicazione, l’empatia, il senso di appartenenza e la solidarietà di gruppo, oltre a beneficiare la salute fisica, il tono muscolare e nel suo insieme tutti gli aspetti sistemici». 

al centro Marco Ulizzi e a destra Luca Carraro

L’esperienza degli operatori sanitari e quella degli accompagnatori del CAI sopracitata è rintracciabile in “Montagnaterapia” (Erickson), in cui si parla dell’attività riabilitativa basata sull’evidenza che il beneficio della frequentazione della montagna ha un’importante valenza terapeutica, in particolare per i pazienti psichiatrici.  Un vero e proprio compendio scientifico, in cui vengono trattati in modo esauriente e scientifico gli aspetti più salienti di un’attività dove i benefici sono dimostrabili e ripetibili nella pratica clinica che viene elaborata costantemente. La montagnaterapia si è sviluppata sempre più con successo e determinazione, da parte di chi la organizza e chi ne usufruisce, specie in ambito psichiatrico. Gli autori analizzano le diverse categorie (salute mentale e psichiatria, dipendenze, minori, disabilità intellettive), iniziando doverosamente con l’introduzione su quelli che sono i “Presupposti teorici della montagnaterapia”, una sorta di enunciato introduttivo che analizza le fondamenta teoriche su quali si basa la nascita di questa attività.

Paolo Di Benedetto (medico psichiatra, psicoanalista, e già componente della Commissione Centrale Medica del CAI, socio fondatore e consigliere SIMonT, Società Italiana di Montagnaperapia), ricorda  i primi incontri tra operatori sanitari in ambito psichiatrico con l’intenzione di far nascere una progettualità sistematizzata a partire dall’importanza del camminare in montagna. L’evoluzione nel corso del tempo di questa particolare terapia ha permesso di raggiungere traguardi importanti: «… le buone pratiche riabilitative dedicate ai pazienti si impegnano a utilizzare la montagna, il suo ambiente e i suoi attori, guide, sanitari, educatori e volontari, come scenario di questo incessante tentativo di messa in forma. Passeggiare e camminare in un setting e con modalità ben strutturate rappresenta una grande opportunità di cura, di sostegno pedagogico e umano (…). Grazie all’elaborazione effettuata nella clinica e nella sua pratica, le attività riabilitative in montagna si sono inscritte definitivamente nell’insieme degli interventi terapeutici dedicati alla creazione di uno spazio vitale, luogo metaforico ove si integra e sutura la faglia specifica che riguarda l’immagine corporea dei pazienti che abbiamo in cura».

Teatro Cristallo 15 anni di Montagnaterapia CAI Bolzano

Angelo Brega, medico psichiatra, (membro della Commissione Medica Interregionale del CAI Veneto – FVG e socio fondatore SIMonT), cita il padre della riforma psichiatrica italiana, Franco Basaglia, in cui l’essere umano è in stretta relazione con la natura in cui vive e l’ecopsicologia è uno dei fondamenti teorici su cui si basa la validità della montagnaterapia, in cui si afferma l’importanza di una relazione equilibrata tra l’uomo e la natura «…essenziale per il benessere emotivo e spirituale dell’uomo: una visione coerente con le tradizioni terapeutiche dei popoli indigeni del passato e del presente, ma che manca nelle teorie psicologiche attuali dell’Occidente (Roszak, Gomes e Kanner, 1985)».

Viene ribadito come sia un principio inderogabile favorire un rapporto definito «armonico con il mondo naturale» indispensabile per usufruire del benessere sia fisico che psicologico, capace di vivere in un ambiente naturale, quando è comprovato, al contrario, un decadimento delle condizioni di vita se l’ambiente di vita è scadente e negativo.  Il concetto di “Comunità e territorio” si ispira a chi nella sua carriera professionale di psichiatra si impegnò a creare una relazione tra l’istituzione chiusa e l’ambiente esterno: «Un’altra idea fondante della montagnaterapia è la convinzione che tale pratica si ponga in continuità ideale con il movimento di riforma della psichiatria italiana, che ha avuto in Franco Basaglia la sua figura più rappresentativa.

Questo movimento ha portato alla promulgazione, nel 1978, della Legge 180/1978, che ha sancito l’abolizione dei manicomi, nel contesto di una riflessione radicale sul significato dell’agire psichiatrico. Punto centrale di questa riforma era la necessità di abbattere le mura dell’istituzione manicomiale (esempio di “istituzione totale”, secondo la definizione di Goffmann, 2003) e di portare il lavoro di cura nella comunità, ovvero nel territorio (…)». Le citazioni seguenti nel paragrafo esaminano attentamente le diverse accezioni e significati del termine “comunità” in ambito psichiatrico, e da qui che si innesta il collegamento con l’argomento trattato: «In quest’ottica, anche la definizione di territorio va riconsiderata: nella montagnaterapia il territorio non è limitato al contesto della pólis, ma esteso all’ambiente naturale, che circonda e accoglie la comunità degli uomini, venendone a sua volta modificato».

 Il valore terapeutico per i pazienti viene sempre più riconosciuto dalla comunità scientifica, grazie all’impegno degli operatori sanitari, specializzati nel settore della salute mentale, unitamente alla passione per la montagna, a cui si sommano altre motivazioni come quelle estetiche, scientifiche, etiche, dove il benessere dell’uomo si estende su le altre specie viventi, il rispetto dell’ambiente. Nel capitolo dedicato a “Salute mentale e montagnaterapia”, Fiorella Lanfranchi ed Eleonora Cossu spiegano come «Con la montagnaterapia la persona diventa soggetto attivo della propria guarigione e impara a prendersi cura di sé e degli altri, in un cammino materiale e simbolico che procede contemporaneamente nella propria individualità, nel gruppo e nella comunità. In questo ambiente si creano percorsi di cura della persona, che, attraverso il camminare, traccia un sentiero e modifica il territorio. Si sviluppa così una diversa modalità di vivere la malattia psichiatrica, con maggiore consapevolezza di sé, dei propri limiti e dei punti di forza, maggiore capacità di gestire i sintomi della malattia e maggiore resilienza».

E il passaggio successivo segna un caposaldo fondamentale per avvalorare l’importanza che assume questa pratica: «La montagnaterapia ha l’ambizione di curare la persona, non solo la malattia, attivando un percorso di crescita e sviluppo della personalità». La montagna è un luogo di cura privilegiato e adatto ad accogliere persone in stato di sofferenza psichica in alternativa ai spazi deputati come reparti e strutture sanitarie. Fondamentale seguire quella che si definisce Psichiatria di Comunità il cui mandato è quello di favorire e agevolare percorsi di socializzazione integrati, agendo sull’eliminazione dello stigma per promuovere l’inclusione sociale. Gli obiettivi sono molteplici quando si vengono a creare attività di montagnaterapia, dal recupero di una propria consapevolezza corporea grazie ad un impegno fisico che permette il miglioramento del tono muscolare, l’equilibrio posturale, indicato in persone affette da patologie psichiatriche abituate all’inattività. L’escursionismo è tra le attività più indicate adatte a favorire e migliorare la qualità di vita e ricreare rapporti di socializzazione, allentare il senso di isolamento sociale, sentirsi appartenenti ad un gruppo solidale, in un contesto di vita che faccia sentire tutti alla pari, pazienti e operatori sanitari insieme agli accompagnatori specializzati del CAI.

La testimonianza di un paziente presente la sera del 14 marzo al Teatro Cristallo: «Quando siamo insieme a camminare in montagna non ci sono più differenze tra di noi, siamo tutti uguali».

Share

Comments are closed.