Teatro, Teatrorecensione — 18/07/2014 at 06:46

I Fratelli Dalla Via: una vita fatta per perdere

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GUALTIERI (Reggio Emilio) – La notizia arriva pochi minuti prima dell’inizio dello spettacolo in programma al Teatro Sociale di Gualtieri:Mio figlio era come un padre per me” dei Fratelli Dalla Via. L’Associazione Teatro Sociale di Gualtieri riceverà il 23 luglio a Volterra il Premio della Critica assegnato dall’Associazione nazionale dei critici teatrali, in occasione del Festival Volterrateatro diretto da Armando Punzo. L’ambito riconoscimento verrà assegnato dal direttivo presieduto da Giulio Baffi. I giovani vincitori sono i i fondatori di un‘Associazione di promozione sociale senza scopo di lucro, nata l’11 marzo del 2009, al fine di riaprire al pubblico il Teatro Sociale di Gualtieri, per farne uno spazio adibito ad un progetto artistico e culturale e promuoverne la progressiva funzionalità. L’attività si basa principalmente su lavoro volontario e a gestirla sono 15 soci, 7 dei quali fanno parte del consiglio direttivo. La direzione artistica ed ogni aspetto decisionale vengono discussi e approvati a livello collettivo.

L’entusiasmo contagia tutti e si diffonde in tutto il teatro storico che si apprestava ad ospitare uno spettacolo vincitore del Premio Scenario 2013e Premio Hystrio – Castel dei Mondi 2014. In scena un uomo e una donna abbigliati in modo eccentrico, lei calza perfino dei goffi doposcì di pelo che accentuano ancor più la sua presenza. I due sono figli di una generazione senza futuro e il loro presente è alienato da qualsiasi forma di riscatto sociale. Sono glie eredi di un benessere che vede il Nord Est, terra divenuta ricca in pochi decenni, in cui un tempo si coltivava e ora si dirigono aziende e multinazionali. L’industrializzazione produce benessere ma anche esplosive contraddizioni tanto da far nascere una deriva dei principi morali a scapito di una corsa frenetica per arricchirsi. L’argomento lo aveva già portato in teatro Antonio Albanese con il suo “Giù al nord” inteso come luogo immaginario dove la produttività e la necessità di lavoro diventano sinonimo di vita e viceversa.

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Da solo interpretava più personaggi tutti dediti all’affermazione del lavoro inteso come affaticamento, nevrosi, ossessione sociale e culturale sino ad arrivare all’identificazione dell’essere per lavorare e lavorare per essere. Il suo era il Nord Ovest, quella della ricca Lombardia tanto per intenderci. I Fratelli Dalla Via conoscono bene invece quello del Veneto che nel loro dissacrante e intrisso di una comicità ci inchiodano dinnanzi ad una feroce disamina della società che gli fa dire: “Quanto dura un’epoca ai tempi della polenta istantanea ?” Si interrogano a vicenda ingurgitando cioccolatini boeri. Uno sfogo, un modo per combattere quel senso di inutilità che gli pervade. Volevano diventare padroni della loro vita uccidendo i loro genitori e il pensiero vola ad un episodio di cronaca nera divenuto un caso nazionale. L’assassinio dei genitori da parte di Pietro Maso a Montecchio Crosara, per impossessarsi dell’eredita.

I Fratelli Dalla Via però ci dicono che non fanno uso delle armi e nessun spargimento di sangue. “Un omicidio due punto zero. Fuori dalle statistiche, fuori dalla cronaca, un atto terroristico nascosto tra le smagliature del quotidiano vivere borghese”. Con sarcasmo irriverente e un cinismo sottile parlano del suicidio, gesto estremo di chi si trova ad affrontare una crisi economica tale da vedersi fallire. Una vita che non vale la pena essere vissuta pare dicano nella loro cantilena dolcemente dialettale che contestualizza l’appartenenza ad un cultura veneta (ma non solo), visto quanto accade sempre più di frequente in tutta Italia. Lo sintetizzano con due parole: “Euforia e depressione” , dove tutto è frenetico, compulsivo, ossessivo. Si parla di business class, low coast e tutto quello che crea il miraggio di sentirsi felici; solo che dura poco questa sensazione. 24 ore ci dicono. Sono il simbolo di una popolazione intera che soffrono di ansia da prestazione.

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E Marta e Diego Dalla Via fanno di tutto per farcelo credere e ahimè ci riescono. Il pessimismo che pervade il loro agire è la materializzazione di una condizione in cui devi per forza gareggiare per vincere. L’agio, il benessere, la ricchezza costringono alla competizione forsennata. Ma non è un lieto fine il loro. Ci fanno capire che alla fine hanno perso e ci eravamo illusi di credere che questa era una favola dove tutti vissero felici e contenti. Piacevole e dissacrante “Mio figlio era come un padre per me”, è uno spaccato originale frutto di un’analisi sociologica mutuata dal teatro e capace di sintetizzare meglio di altre forme di studio, una realtà sempre più drammatica. Le cronache dei giornali riportano sempre più casi di suicidi per il fallimento delle proprie attività economiche.

Mio figlio era come un padre per me

di e con Marta e Diego Dalla Via. Scene e costumi di Marta e Diego Dalla Via. Partitura fisica Annalisa Ferlini. Direzione tecnica Roberto Di Fresco,  assistente di produzione Veronica Schiavone.

Visto al Teatro Sociale di Gualtieri il 3 luglio 2014 

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