Teatro, Teatrorecensione — 18/05/2014 at 16:21

La nuova Eneide krypton + Litfiba: laser techno per una Storia immortale

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SCANDICCI – Trent’anni da quello che è divenuto un evento cult. Era l’83, al Variety, c’era un’altra tensione sociale-civile-politica, Firenze era la capitale della new wave, “dove le cose accadevano”, dove c’era fermento vitale, nascita e rigenerazione. Anni ’80 lontanissimi dalla Milano da bere, meno cool più noir, meno disco più dark i vicoli cupi e stretti l’opposto della cartolina da panorama di Fiesole, Arno e Forte Belvedere. Trent’anni sono passati. Ma una reunion è sempre una reunion, e per questo il rituale va salvato, va alimentato, con nostalgia per i capelli bianchi e le rughe a zampa di gallina attorno ad occhi ancora vispi.

Eneide

E dopo la riunificazione, che pochi anni fa sembrava impensabile, tra Ghigo e Pelù, nella vecchia formazione dei Litfiba, eccoci di nuovo ad un altro riavvicinamento, un’altra unione che pareva infattibile: riproporre, trent’anni dopo (non sono pochi), l’“Eneide”, esempio di come negli anni ’80 potesse essere possibile che un giovane regista calabrese studente in architettura capeggiante un gruppo teatrale che si definiva punk potesse incontrare una band che provava in una scantinato di via de’ Bardi, che ancora non aveva pubblicato un disco, e mettere insieme una vera e propria opera rock, non solo seguita ma amata nel tempo da diverse generazioni, contemplata, ricordata, passata di bocca in bocca, invidiando chi, anagraficamente potendo, potette assistere a quell’impasto così strano, Krypton + Litfiba, la nduja laser e la ribollita dalle sonorità cenere. Gli allora sconosciuti Pelù e soci qui sperimentarono le soluzioni, sonore e politiche, che poi avrebbero messo in atto in “Desaparecido”, “17 Re” e “Litfiba 3”, prima della deriva commerciale che ne decretò la morte musicale.

E visto che tutto torna di moda ed anche gli anni ’80 trovano posto, come ogni vintage che si rispetti (perché niente si crea, o inventa, ma tutto si ricicla), nelle classifiche e nei sound d’oggi, perché non riproporre il “nuovo canto”, sempre moderno, della fuga di Enea e dei suoi prodi troiani. Senza Pelù e Renzulli, oggi come allora c’erano invece Gianni Maroccolo al basso e Antonio Aiazzi a tastiere e fisarmonica, mentre alla batteria (cambi frequenti, e spesso tragici, per i Litfiba) nell’83 era presente Renzo Franchi ed oggi Francesco Magnelli che in dote ha portato anche Ginevra Di Marco in audio. E’ un altro involucro rispetto al passato con Giancarlo Cauteruccio, regista ed ideatore ieri e nell’attuale, sulla scena, kantoriano, direttore d’orchestra, deus ex machina, Cicerone e Caronte, capitano di ventura come Ettore Fieramosca. I tre Litfiba in nero ed occhiali scuri rievocano Matrix o gli agenti di Men in black.

Eneide 2

Sul fondo una nave metà costruita metà inventata dai raggi che costellano e cospargono questo grande Luna Park visivo e d’impatto con tre grandi video, alle spalle e ai lati, laser che ficcano, fiondano, fendono, fumi che fanno nuvole o schiuma delle onde. Cauteruccio imbottito ed imbracato come un novello Don Chisciotte sta seduto al centro, narratore ed aedo, nello stile nel quale più volte siamo stati abituati a vederlo, sul trono, uno scranno, al comando, sul tetto del potere. I rumori ancestrali, i graffiti di balene, i grugniti acri di delfini, ci portano in uno stato da Moby Dick, il pubblico come parte integrante della scena su questa barca fantasma alla deriva in cerca di un porto sicuro, di una Recanati dove trovare riparo ed alloggio.

Eneide 3

Torna il tema caro al regista calabrese dei clandestini, già portato in superficie in vari progetti. La platea stessa è imbarcata in questo viaggio tutt’altro che di piacere ma forzato com’è ogni spostamento non deciso ma costretto da guerre, violenze, fame e morte. Siamo dentro un cielo burrascoso ed immersi in un oceano cattivo che ci frange contro senza lasciarsi, nelle orecchie negli occhi, nessuna via di fuga, pieni e gonfi di sollecitazioni da realtà virtuale tra gabbiani e conchiglie ed una preghiera che sferraglia in questo mix tra antico e tecnologico che sonda nuovi percorsi. Sui grandi pannelli tra 3D con foreste di colonne distrutte e animazione che ci riporta al “Castello errante di Howl” del giapponese Miyazaki, tutto ruota concentrico, prende forma come tetris, si spande in fiori alla Klimt, si cancella per poi avvolgere nuovamente come un abbraccio a spirale di allarmi e sirene ed urla disperate sparati in eco. La nave si trasforma nell’astronave di Capitan Harlock o di Star Trek che fluttua nello spazio e scarna pezzi di classicità feticcio in collisione, templi, fregi, palazzi, rovine alla De Chirico attirate nel buco nero della Storia che tutto inghiotte e digerisce. Oggi come allora, nel futuro o negli archivi della storia millenaria dell’uomo, tra spade o microchip di software veloci e potenti, è sempre la violenza, ed il suo opposto, motore principe dell’evoluzione e delle sue cadute. L’Uomo destinato ad essere Icaro, cercando e morendo, sempre una volta in più.

Eneide” di Krypton. Scritto e diretto da Giancarlo Cauteruccio. Musiche LITFIBA – BEAU GESTE, eseguite da Antonio Aiazzi, Gianni Maroccolo, Francesco Magnelli. Con Giancarlo Cauteruccio, voce off Ginevra Di Marco. Corpi in video Massimo Bevilacqua e Claudia Fossi. Progetto scenico e allestimenti Loris Giancola. Elaborazioni digital-video Alessio Bianciardi e Stefano Fomasi. Progetto luci Mariano De Tassis. Costumi e assistente alla regia Massimo Bevilacqua. Ricerca dei testi e collaborazione alla traduzione AnnaGiusi Lufrano. Ingegnere del suono Andrea Salvadori/Studio Funambulo. Fonico Vladimir Jagodic. Operatore laser Michele Barzan. Illuminotecnico Lorenzo Bernini. Macchinisti Eva Sgrò, Claudio Signorini. Direzione organizzativa Pina Izzi. Produzione esecutiva Ilaria Giannelli. Visto al Teatro Studio di Scandicci il 17 maggio 2014.

 

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