Teatro, Teatrorecensione — 16/04/2011 at 09:28

Didone si specchia nella sua anima

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Rinchiuso nel suo illusorio acquario immerso in un liquido amniotico c’è Didone in lacrime e rimmel, sciolto nel suo canotto di plastica. Lacca e rossetto per segnare l’ anima e il corpo: va in scena la camera delle meraviglie con le sue collezioni superflue, oggetti di senso incompiuto, fragili quanto lo specchio sul fondo, dove l’immagine riflessa sdoppia il corpo svelato di Giuseppe Sartori, emerso dalle acque schiumose del suo mare. All’orizzonte lo aspetta il pirata bramoso delle sue carni sensuali. 10 astanti accolti dalle note di “Tintarella di luna” in una lillipuziana sala d’attesa per assistere a frammenti di vita in perenne balia degli umani desideri lussuriosi. 

Lui/lei che aspira all’Olimpo, al paradiso degli affetti e e degli amori. No, anche con i tacchi cristallini e vertiginosi, Didone resta sulla terra di polvere e spray deodoranti. Sguardi indiscreti, titubanti, accattivanti: Didone si specchia e il suo sorriso malinconico si squaglia rivolto verso increduli visi. 10 per volta, a dosi omeopatiche per instillare nelle nostre/vostre coscienze che lì dentro c’è un cosmo dai mille colori perverso. Acconciato da un trucco scadente. Non è tutto ora quello che luccica. Galleggiano nell’acqua sogni infantili, paperelle gialle di plastica.  Santini pubblicitari esposti sulla bacheca di un’adolescenza negata. Il volto replicante di Nicole Kidman s’irradia nella stanza satura di profumi asfissianti. Didone e Kidman, due facce della stessa medaglia. Si scioglie nel suo dolore Didone/Sartori (sempre più immedesimato e straordinariamente auto centrato nel suo personaggio-ruolo), capace di far entrare elementi autobiografici con una naturalezza incredibile. Sa sopportare/supportare qualunque indicazione drammaturgica e registica scaturita dalle menti fervide e feconde dei ricci/forte. In posizione fetale aspetta la notte crudele dove riemergere per affrontare il turpe mercato che la divora e consuma e lo fa ammascare.

Lumini da camposanto per illuminare la via, suoni emanati da un registratore dalla voce roca. Lei/lui dona piccoli ritratti di carta. E’ Sartori dal sorriso candido e innocente.

Il bambino ignaro del mondo di lupi che brancola nelle foreste dell’uomo cattivo. Chiede il calore di una carezza negata. Amore negato, disperato, ricercato. Un’esistenza segnata da ferite mai rimarginate, eppure è ancora qui/li a prepararsi per il sacrificio voluto/negato, desiderato e repulso. “Più gli maltratti e più ritornano. E’ il destino degli uomini”, sentenzia in faccia ai suoi commensali di emozioni carpite e perturbanti. Tristemente accorato. Sconsolatamente addolorato. Esce schiuma detergente per lavare via l’onta del peccato. Si rinchiude dentro la sua prigione umida e bagnata, affoga il viso per cancellare ciò che nessun liquido potrà mai rimuovere.

L’inchino al pavimento per lasciare tracce di rossetto indelebile. Il colore di un cuore sanguinante. Una Madonna in cornice pop fluorescente emana luci da luna park. Patty Bravo canta “Sentimento”, leit motiv nostalgico. E via verso la porta da dove esce con il suo pellicciotto scadente, il rossetto vistoso, gli occhi celati da occhiali neri grandi come macchie di pece. L’accompagnano le parole del canto triste: “I sogni che si presentano di notte e un giorno passare/ di solito non sono affatto veri, perché tra milioni/le nostre illusioni sono nati/i sogni sono come le nuvole lontane che seguono altre/finché c’è vita, dimmi, dimmi dove guidare/dove vanno una volta, solo il vento lo sa…”, (Francoise Hardy canta dolente Träume, lacrime cadute sul pentagramma divenute note struggenti. Sembra scritta appositamente per wunderkammer soap). Didone esce sbattendo la porta nera, oltre alla quale c’è il buio delle nostre vite segnate per sempre. 10 alla volta.

 

Wunderkammer Soap #1_ Didone

Teatro San Giorgio Udine

Stagione CSS Mitico! _ Contatto/Akrópolis Udine

 di Ricci/Forte

regia di Stefano Ricci

con Giuseppe Sartori

movimenti di Marco Angelilli

visto il 20 maggio 2011

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