Teatro, Teatrorecensione — 15/06/2015 at 22:39

Padre e Patria: storie di parole al femminile

di
Share

BOLZANO – Il comune denominatore che le lega è una domanda: Quale storia in comune hanno da raccontare? Storie di giovani donne di varie nazionalità. Tre sono italiane, le altre tre sono una polacca, una bulgara, una macedone. Culture diverse, esperienze diverse, lingue diverse, sei giovani attrici con sentimenti che le accomuna: ognuna di loro ha un trascorso in patria, un conto in sospeso con la propria patria e con i loro padri. Conflitti irrisolti, quesiti esistenziali lasciati aperti. La parola padre ovvero il tema conduttore di un lavoro teatrale che riesce a raccontare esperienze di vita vissuta, esperienze provenienti da regimi comunisti, e come la paura abbia avuto un ruolo predominante nelle persone, e in particolare, nelle sei donne. Padre e Patria, sono due facce della stessa medaglia. Il padre genitore e il padre inteso come la propria terra nativa, la patria in cui uno nasce. La radice semantica accomuna le due parole. Narrazione corale, portata allo spasimo, voci che si affastellano tra di loro, suoni come provenienti da echi lontani.

padre-22_web

Si incrociano destini sconosciuti e raccontano appassionatamente frammenti, aspirazioni, nostalgie, risentimenti in una sorta di costruzione drammaturgica e scenica che predilige un assemblaggio in continua evoluzione, con la traduzione dal vivo della lingua inglese. Vivace è la scena composta da 198 contenitori di plastica per l’acqua disposti a formare un muro trasparente, una parete che si sgretola e si ricompone, potente metafora per dirci cosa è accaduto in quei paesi oltre cortina di cui le cronache testimoniano quanto è accaduto. Tre vengono da nord, le altre tre dal sud Italia. Due mondi parallelamente opposti. Ci pensa il regista Gabriele Vacis a farle conoscere tra di loro e a dirigerle per una produzione dei Cantieri Teatrali Koreja di Lecce. Uno spettacolo capace di analizzare con il giusto disincanto il tema del totalitarismo dei regimi comunisti cui fanno seguito periodi in cui diventava più difficile cercare di darsi dei valori, dei significati di democrazia, in assenza di regole certe e definite. Donne che cercano una loro identità complicata dalla richiesta/presenza/assenza della figura maschile, sempre incombente.

parola-padre

Lo sforzo anche fisico delle sei eccellenti protagoniste Irina Andreeva, Aleksandra Gronowska e Simona Spirovska (vengono dalla Macedonia, Albania e Polonia) e di Anna Chiara Ingrosso, Alessandra Crocco e Maria Rosaria Ponzetta, è notevole, le cui presenze in scena si dilatano e si ricompattano velocemente. Le parole si fanno portavoce di dolori e di rimpianti, carne della loro carne, lontane dalle loro case paterne ma anche materne, il regista ci offre un ritratto di una Europa ricca di contraddizioni raffigurate con azioni sceniche dinamiche e incalzanti.

Lo spettacolo ha una sua forte caratterizzazione ben congegnato grazie anche all’apporto musicale sempre attento a sottolineare la tensione drammaturgica che si avvale di immagini di repertorio che hanno fatto la storia del Comunismo. Padre perché non sei stato capace di mantenere le tue promesse? L’interrogativo sembra propagarsi come dei cerchi concentrici e lascia al pubblico la libertà di pensare e riflettere. Cade il muro e cadono le barriere. Muri che ancora oggi esistono e dividono. Padri che combattono altri padri, figli che subiscono le conseguenze. Non è possibile cancellare e dimenticare. La parola padre diventa un’occasione per riflettere e assolve al compito che il teatro deve avere sempre presente.

La parola padre

drammaturgia e regia Gabriele Vacis

scenofonia e allestimento Roberto Tarasco

finanziato dal Programma di cooperazione transfontaliero Ipa Adriatico Progetto ArcheoS Teatro Pubblico Pugliese 

Visto al Teatro Comunale di Gries Bolzano nell’ambito della stagione L’arte della diversità Teatro della Ribalta il 17 aprile 2015

Share

Comments are closed.