Teatro, Teatrorecensione — 14/06/2011 at 23:13

“Questi siamo noi”: Macadamia e’ come la nostra vita

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“La sommità di Cagliari è la fortezza: la vecchia porta, i vecchi bastioni di bella arenaria giallastra a nido d’ape. Il muro di cinta sale su con un’ampia curvatura, spagnolo, splendido e vertiginoso”. (David Herbert Lawrence)

E’ su questa collina da cui si ammira anche l’orizzonte marino che circonda la città, il luogo dove si erge il Teatro Civico di Castello, risorto come un’araba fenice dalle rovine del Teatro Regio distrutto da un bombardamento il 26 febbraio 1943. Dell’edificio originario restano solo le mura perimetrali incombenti ed è privo di copertura. Il cielo fa da tetto. E a cielo scoperto in una agorà protetta e accogliente, entrano da un varco di una parete nera, com’era la notte calda di fine maggio a cui eravamo presenti, vite segnate da esistenze sempre in bilico. Sono esseri umani spinti dalle loro perplessità esistenziali, guidati dalle contraddizioni e dalle ambivalenze che ognuno porta dentro di sé. Voglio e non voglio, struggimento che solo gli uomini e le donne sensibili possiedono. Ancora una volta Macadamia Nuit Brittle ri-porta in vita il dramma dell’amore.

Aleggia sopra di tutti, spettatori e protagonisti, s’insinua e circola tra officianti e partecipanti, avvolti da una forza emotiva misteriosa e speciale che accomuna tutti. Ciò che accade sulla scena entra in risonanza con le più intime e recondite emozioni, da farci trasportare dalle trame sviscerate con così tanto ardore e dolore, ben rappresentate nel teatro della cerimonia, da presenze sceniche che rispondono ai nomi di Anna Gualdo, Andrea Pizzalis, Fabio Gomiero, Giuseppe Sartori. Epilogo di un’umanità ripiegata su se stessa che fa dire a loro, “per qualcuno questa è l’ultima notte” e “il futuro è già finito”, e se non bastasse, ecco che il “facciamo finta che ci amiamo”, risuona tra le mura antiche di lontani fasti. E’ un gioco liberatorio come fosse sfogo catartico, una sorta di liberazione da ogni freno inibitorio.

“Lo voglio – io volevo- io vorrei-” è verbo declinato per lasciar emergere la propria voglia di vivere. Repressa, rimossa, rimandata. Esattamente come accade a chiunque abbia desiderio di provare ancora qualcosa che non siano artificiali nutrimenti dell’animo umano, e voglia, invece, ri-sentire pulsare il proprio cuore. Tanto da farsi scappare un “ti amo da impazzire” per ricevere in cambio uno schiaffo, come prova fisica del suo sentimento. Lei lo dice, lui provoca la reazione dolorosa, lei non cede e rilancia “non smetterei mai di baciarti”. Che cos’è se non un martirologio, un atto sacrificale immolato sull’altare di un amore crudele?

“Ti amo – grazie amore di esistere”, vuol dire che se tu ami devi provare anche l’annichilimento della tua condizione umana? Forse si. Emotività evanescente che fa dire, “non sarete mica come qualcuno che considera l’amore per tutta la vita?”. In Macadamia ci si imbatte di frequente in questi dubbi esistenziali e sono parole che trafiggono senza lasciare traccia nella carne. Eppure il dolore lo provi lo stesso. Poi ti inchini dinnanzi al monologo dolorosamente sofferto di lei, Anna Gualdo che incarna come nessun’altra la rappresentazione di una trasfigurazione segnata dalle miserie umane, dal pianto e dalla tragedia. Il coniglio gigante che appare dopo sembra al momento della sua scarnificazione crudele, un ritratto del martirio di San Sebastiano, impersonificato dal corpo statuario di Giuseppe Sartori. Emblema di tutta la creazione drammaturgica di Stefano Ricci e Gianni Forte, che consegnano ai loro discepoli-attori, la spiegazione del perché: “Questi siamo noi – siamo fatti così- soli, senza lieto fine….” e non potrebbe essere altrimenti.

“Bisogna imparare a vivere soli”, riassume perfettamente il senso di tutta la creazione teatrale, quando sulla scena cala il buio rischiarato da fioche luci che fanno intravedere dei ventri – utero, dove Anna, Andrea, Fabio, Giuseppe, indossate le maschere dei Simpson, si proteggono e si rinchiudono, lì da dove erano venuti. Poi si spegne tutto. Ma non la speranza per un mondo migliore. Un altro o forse il nostro. Basta cercarlo e assaporarlo come un gelato.

Macadamia Nuit Brittle

regia di Stefano Ricci

drammaturgia di Gianni Forte

con Anna Gualdo, Andrea Pizzalis, Fabio Gomiero, Giuseppe Sartori

Teatro Civico Castello,  Cagliari-ExPop Teatro

visto il 29 maggio 2011

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