Spettacoli — 13/05/2018 at 14:07

Un Ubu Re che emerge dal labirinto oscuro dell’inconscio umano

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MODENA – Dal nero materico appaiono dei corpi mossi da una regia geometrica su un piano orizzontale dove si svolge l’azione scenica, composta da pedane mobili di legno assemblate tra di loro: un’ impalcatura piramidale capace di ergersi prepotentemente verso l’alto. Da qui si può dominare e assoggettare il popolo che vive nel regno conquistato da Padre Ubu e Madre Ubu, usurpatori del trono di Polonia del legittimo re Re Venceslao e della sua consorte la Regina Rosmunda. Ubu Re è un despota assetato di sangue la cui natura violenta la esercita con animalesca ferocia. È lo sguardo che penetra nel profondo dell’animo umano, quasi psicoanalitico, come se l’intento fosse quello di insinuarsi nel labirinto di un inconscio; alla ricerca di una ragione per la quale il Male coltiva la sua ambizione smodata nel procurare sofferenza. Male che appartiene all’Uomo e rivolto ai suoi simili. La lettura che offre il regista Stefano Tè in un originale e visionario Ubu Re, scritto dal francese Alfred Jarry, appare come un lavoro di decostruzione dell’impianto drammaturgico originale, da cui far rivivere attraverso quadri scenici espressivi, di una potenza visiva di forte impatto (anche emotivo), capaci di compenetrarsi tra di loro in un lento e progressivo movimento di fusione corporea e psichica del pensiero – azione, da cui trae origine il gesto – parola. Per la verità l’uso della voce è relegato ai margini di tutta la rappresentazione, scelta ponderata ed efficace, che vede in scena una compagnia di eccellenti attori e attrici professionisti del Teatro dei Venti – insieme agli attori detenuti dell’Istituto di pena di Modena e di Castelfranco Emilia -, selezionati dopo aver seguito un percorso di avvicinamento al teatro, diretto dal regista Tè.

 

Ubu Re regia di Stefano Tè , foto di Chiara Ferrin

Si ha come l’impressione che la creazione artistica determini, per un fenomeno simile al processo di osmosi, una sorta di “riscatto” sociale e relazionale, ben più importante di una semplice esperienza attorale e artistica dentro/fuori il carcere stesso. Una fusione tra esigenza espressiva finalizzata alla rappresentazione e la ricerca di senso da apportare alla propria vita, limitata da misure detentive. E qui il lavoro di confrontarsi con “l’umano deformato dell’opera di Jarry con i concetti di ‘potere’, ‘colpa’ e ‘destino’ ..” assume una rilevanza significativa per l’adesione consapevole di chi “non è attore” ma persona a cui è stata data un’opportunità di scegliere, attraverso il teatro, un percorso di riflessione esistenziale capace di sedimentarsi. In questo senso il teatro di Stefano Tè è anche teatro sociale e d’arte al contempo; quel teatro che si “definisce ‘sociale’, figlio di origini segnate da marginalità o difficoltà” (su cui verte oggi il Convegno “Che arte sarà” organizzato dal festival Trasparenze (in collaborazione con Emilia Romagna Teatro Fondazione e ATER – Associazione teatrale Emilia Romagna) in programma al Teatro Storchi di Modena, dove si discuterà sul futuro e sulla pratica del teatro sociale.

Ubu Re in replica questa sera alle 21 al Teatro dei Venti ha debuttato nel mese di dicembre del 2017, all’interno della rassegna Trasparenze Stagione per poi confluire Stanze di Teatro in Carcere dove il titolo scelto è stato: Le patafisiche: universi complementari del Teatro in Carcere.

 

foto di Chiara Ferrin

Spiega il regista Stefano Tè che l’avvicinamento al testo di Jarry è stato preceduto dall’esame di un altro autore: Shakespeare, dal quale è stato scelto il dramma di Macbeth, in funzione di un’analisi (osiamo dire quasi propedeutica) della tragedia che riassume meglio di qualunque altra, la genesi della violenza perpetuata sull’essere umano. L’ascesa e caduta del potere si visualizza attraverso la ricerca di un equilibrio minacciato dalla fragilità dei corpi, sospinti sul confine da cui è impossibile arretrare, e le mani che sbucano dal buio in cerca della salvezza, sono gesti di sopravvivenza: respinti da una cinica malvagità a cui non c’è alternativa, se non quella di sottomettersi in ginocchio. La brama di potere di Padre Ubu si espande nello spazio precario di una passerella allineata orizzontalmente sui cui transitano a turno i nobili del Regno, a cui Madre Ubu cosparge il capo di cenere. La sentenza è ferale.

 

foto di Chiara Ferrin

La scena della distribuzione del cibo servito con gesto di disprezzo agli affamati prigionieri, come animali affamati è tra le elevate e sublimate di tutta la rappresentazione: plastica, modellata sui corpi per chiedere loro di espandersi, amplificarsi nel nero che circonda scena e pubblico. Scolpita nell’aria. L’apporto sonoro musicale è determinante nel far risaltare l’angoscia che aleggia come una cappa pesante e plumbea. Un progetto musicale curato da Domenico Pizzulo, che ha elaborato e reso coerenti le proposte musicali e le suggestioni del regista e degli attori e ha composto alcuni brani originali. Echi sonori a supporto dell’interazione tra i corpi disposti come una piramide umana, che risalgono sotto la quale giacciono altri caduti in battaglia. Raffigurazione simile ad un tableau vivant, un quadro caravaggésco plasmato da luci e ombre, presenze significanti nel far emergere la tensione drammaturgica fino all’ultima scena: l’arrivo del figlio del re legittimo, un bambino e non adulto come prevederebbe il ruolo originale; nella sua mano impugna una pistola di plastica e gli spari simulati con la sua voce sono rivolti verso quel nemico graziato ma non perdonato. Un ribaltamento dei ruoli su cui conviene riflettere e tutto termina  in quel  nero da cui il Male si era originato. Il labirinto oscuro dentro ogni essere umano.

foto di Chiara Ferrin

 

In scena oggi, domenica 13 Maggio alle ore 21 al Teatro dei Venti di Modena

Ubu Re Uno spettacolo del Teatro dei Venti a partire dall’opera di Alfred Jarry

Con Fonci Ahmetovic, Alessio Boni, Oksana Casolari, Fabio De Nardi, Diego Di Lascio, Francesca Figini, Davide Filippi, Daniele De Blasis, Daniele Novelli, Giuseppe Pacifico, Makua Saieva, Antonio Santangelo, Sejfuli Nadir, Felix Tehe Bly.

Assistente di compagnia Ciro Risi

con la collaborazione di Marzia D’Angeli, Martina Giampietri, Elisa Vignolo.

Allestimento scenico Teatro dei Venti. Costumi Alessandra Faienza e Teatro dei Venti.

Sound designer Domenico Pizzulo. Assistente alla regia Simone Bevilacqua.

Regia e drammaturgia Stefano Tè.

Organizzazione Teatro dei Venti e Daphne Pasini.

Amministrazione Francesca Ferri. Comunicazione Salvatore Sofia.

Progetto realizzato in collaborazione con il Coordinamento Teatro Carcere Emilia-Romagna, la Casa Circondariale di Modena e la Casa di Reclusione di Castelfranco Emilia. Produzione Teatro dei Venti con il sostegno della Regione Emilia-Romagna e con il contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena all’interno della Rassegna Andante. I Laboratori permanenti sono sostenuti dal Comune di Modena, dal Comune di Castelfranco Emilia e dal Coordinamento Teatro Carcere Emilia-Romagna.

Leggi anche la recensione di Francesca Romana Lino

La ferocia di un’irresistibile ascesa al potere nell’Ubu Re del Teatro dei Venti

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