Teatro, Teatrorecensione — 13/01/2014 at 20:07

Il Buco – un monologo psicanalitico

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La prima romana di Il Buco della Piccola Compagnia Impertinente al Teatro Furio Camillo è gremita di gente. Si fa fatica ad entrare nella hall per osservare la cura con cui la compagnia fa debordare lo spettacolo al di fuori della sala: qualche foto di scena emerge da un mare decorativo sulle pareti, un albero di Natale riporta stralci di testo come ricette. Forse è meglio definirle richieste di ricette ad un fantomatico dottore che sembra sempre deludere questo bisogno di una soluzione. L’ironia e il testo a volte fanno pensare a Woody Allen e alle sue acute battute.

Entriamo in sala e nella penombra si nota già Paolo Alessandri, autore ed attore dello spettacolo, di spalle, su una sedia a rotelle, nudo. L’impatto scenografico essenziale e severo nelle linee è forte. Una musica rilassante accompagna l’alzarsi delle luci che rivelano una scena sempre più drammatica: i vestiti buttati alla rinfusa per terra. Inizia il monologo che introduce subito una dimensione psicologica della vicenda dell’uomo che non avrebbe mai voluto nascere, che tende a tornare nell’utero, in un limbo incosciente. Oggetto simbolo di questa condizione è il biberon che il protagonista succhierà con voluttà più volte.

Ma il perno dello spettacolo è il dottore, lo psicanalista, le sue visite a domicilio. È a questo personaggio invisibile che il protagonista si rivolge, contro cui si scaglia, a cui chiede aiuto tracciando un ritratto a volte ironico di un moderno professionista di furberia e altre di un bravo e coraggioso dottore (nello spettacolo si scopre che quattro decenni prima era il ginecologo che fece nascere il protagonista andando contro il parere di un superiore). Lo spettacolo segue la disordinata lista delle confessioni che all’inizio sembrano veri e propri capitoli ma che poi perdono di importanza nella mancanza di sintesi del testo. La regia di Pierluigi Bevilacqua è encomiabile nella sua essenzialità, la mimica di Paolo Alessandri, a tratti, è veramente bestiale ed avvincente. Nonostante ciò la lunghezza e ripetizione di alcuni concetti annacqua la pungente ironia; un dolore ancora troppo vivo, probabilmente biografico, imbarazza, soprattutto verso la chiosa, nella preghiera dedicata ad un fratello maggiore mancato per droga.

Dalla Piccola Compagnia Impertinente che ha portato da poco nella capitale l’intelligente spettacolo Brandelli D’Italia ci si aspetta di più; sicuramente rimangono tutte le potenzialità per riuscire ad avvincere e far riflettere il pubblico. Questa sera gli spettatori sono comunque entusiasti, e forse per rispetto al vivo dolore, conosciuto personalmente dai tanti colleghi tra il pubblico, le prime due file si alzano in piedi commosse mentre tutti applaudono. Uno spettacolo che tutti potremo seguire nelle prossime evoluzioni visto che sarà ospite del teatro ogni lunedì di questa stagione.

Visto da Giorgia Cadinu il 6 Gennaio, 2014 al Teatro Furio Camillo, Roma.

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