Focus a teatro, Teatro — 12/12/2011 at 00:11

Da marinaio ad attore, il destino di Tindaro Granata è stato sempre quello di “essere libero”

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All’età di soli 17 anni aveva già chiaro quale professione fare, tant’è che ai genitori confessò senza indugio: “Io voglio diventare un attore!”. Figlio di contadini siciliani, nato a Tindari, una frazione del comune di Patti, in provincia di Messina, Tindaro Granata (nato nel 1978), ha mantenuto la promessa fatta a se stesso e alla famiglia, nonostante sia la madre che il padre avessero dimostrato la loro contrarietà. La loro sintetica risposta fu solo quella di dire ”manco morto”. Non è servita evidentemente. La sua risoluta convinzione non venne meno e forte anche dell’approvazione del nonno paterno, il giovane Tindaro lascerà l’isola per sbarcare sul continente, non prima, però, di aver navigato nelle acque del Mediterraneo, portandosi con sé il monito del nonno che lo spingeva ad affrontare la vita seguendo il suo consiglio:“ Cerca di essere libero e imparare tutto quello che potrà tornarti utile per fare nella vita ciò che più desideri”.

Detto dal proprio nonno è stato  un consiglio saggio

Scappai di casa dopo essermi arruolato nella Marina militare italiana, per imbarcarmi su un pattugliatore come meccanico artigliere. Ero stato assegnato sulla nave Spica che aveva il compito di vigilare la pesca nelle acque internazionali – racconta Tindaro – dopo aver fatto il corso alla base navale di Taranto”.

Un marinaio prima ancora di fare l’attore, d’altronde il suo nome e quella della sua città ha origini marinare: Tyndaris, in onore di Tindaro re di Sparta, fu base navale cartaginese, dove nelle sue acque si combatté nel 257 a.C. la battaglia di Tindari, nella quale la flotta romana mise in fuga quella cartaginese. Anche il destino iniziale di Tindaro Granata è stato segnato da una fuga, prima per indossare la divisa bianca, poi verso Roma nel 1999. Quello che segue è un’amabile conversazione improntata ad un racconto biografico, più che ad una vera e propria intervista fatta di domande e risposte. Tindaro non è uno che si vanta del suo ruolo di attore teatrale ma anche televisivo (ha lavorato anche con Gene Gnocchi su Rai 3), sa apprezzare le sue origini siciliane che lo hanno forgiato e la fatica per arrivare alla ribalta. Passo dopo passo si è meritato di recente il Premio della Critica per Antropolaroid, il monologo da lui scritto e interpretato (a Milano in scena al Teatro Elfo Puccini dal 31 gennaio al 5 febbraio 2012), assegnato dall’Associazione Nazionale Critici di Teatro, come “miglior attore emergente”.

 

 

La motivazione parla di uno «spettacolo di cupa bellezza, struggente, attraversato da un’inquietudine dolorosa, dove a tratti si coglie ugualmente, amaramente, l’occasione di ridere, per la caratterizzazione dei personaggi, il loro susseguirsi veloce sulla scena, per l’abilità stessa dell’attore nel trasformarsi: tante le metamorfosi. Straordinario Tindaro Granata che da solo racconta di figure familiari, di generazioni, di una terra, la Sicilia, da cui poi anche allontanarsi»

I vissuti della sua Sicilia si legano anche alle prime esperienze teatrali: “Mi ricordo che un giorno portai a teatro i miei nonni, lui 80 anni, lei 79. Per loro era la prima volta e io recitavo nella parte di Bertoldo nell’Enrico IV di Pirandello , dove c’era Sebastiano Lo Monaco, con la regia di Roberto Guicciardini. Mia nonna alla fine dello spettacolo mi disse che Lo Monaco parlava troppo in scena, non sapendo minimamente che il suo era il ruolo del protagonista, mentre non capiva il mestiere che io avevo scelto, dicendomi che non mi aveva mai visto in televisione alla Ruota della Fortuna da Mike Bongiorno. Mi fece promettere di non recitare mai in film dove avrei dovuto sparare alla gente”.

Non era necessario, il giovane aveva in mente ben altro: il teatro è la sua vera passione, anche se la sua carriera è iniziata formandosi alla “Scuola di recitazione professione cinema di Roma”, diretta da Giulio Scarpati. Quando poi sale sul palcoscenico, non lo fa in un teatro qualunque. A Milano, dove ora abita e lavora, Tindaro Granata viene scelto dal regista Carmelo Rifici per una parte nel “Il gatto con gli stivali” messo in scena al Piccolo Teatro, dove poi in seguito recita, sempre diretto da Rifici, in “La testa del Profeta”, e le letture sceniche “La casa dei morti” e “La rivolta degli angeli”. La gavetta la fa a Roma dove non è facile mantenersi e per sbarcare il lunario, Tindaro fa tesoro dei consigli del nonno. “Ho lavorato in un negozio di scarpe e per servire i clienti stranieri, ho iniziato a studiare il cinese e il giapponese per poter servire i turisti e quando non ero al lavoro, andavo a scuola di recitazione”.

Dal commercio di scarpe al teatro. Come inizia la carriera di attore?

“Le mie prime esperienze a teatro risalgono negli anni  in cui vivevo a Roma dove mi sono formato  e dove ho avuto la fortuna di incontrare dei veri maestri della scena. Sono stato scelto nel 2002 da Massimo Ranieri e da Maurizio Scaparro per recitare nel Pulcinella di Manlio Santanelli, dove Ranieri interpretava il ruolo di protagonista e Scaparro faceva la regia. Io andai al provino al Teatro Quirino, con una versione riscritta in napoletano della canzone “Il pesce spada” di Domenico Modugno – ricorda Tindaro Granata – e io scelsi di interpretare sia il pesce spada maschio che quello femmina (una tragica storia d’amore tra due pesci spada, dove la femmina è stata catturata durante la mattanza, ed incita il maschio a fuggire, ma il pesce si lascia catturare per morire insieme a lei), convincendo tutti e due tanto da essere scritturato. Devo a Massimo Ranieri un anno di tournée e la sua caparbietà a insegnarmi cosa significare fare l’attore. Mi faceva provare da solo, tutti i giorni prima dell’inizio dello spettacolo, per ore e ore tutti i personaggi della commedia. Per me Ranieri è stato come un padre e devo molto a lui”.

Come un figlio adottivo, Tindaro segue l’educazione artistica ricevuta e si ritaglia un ruolo tutto suo, continuando a lavorare per registi e teatri di tutta Italia e all’estero. Il regista serbo Nikita Milivojević, direttore del BITEF Festival di Belgrado, lo sceglie per recitare in Noushurid Fruit”, uno dei tre attori italiani presenti in questo festival. Il suo nome compare nella locandina di “Farhenheit 451”, una produzione Stabile di Torino per la regia di Luca Ronconi. Con Bianca Pesce fa “La signorina Else”. L’incontro con Cristina Pezzoli gli permette di prendere parte al progetto “PPP teatro” e in “Blitz”, un testo scritto da Letizia Russo che parla di “Tangentopoli”. Al Teatro Greco di Siracusa  fa parte nel cast di “Ippolito portatore di corone” di Euripide per il festival del Dramma Antico. Viene scritturato per lo spettacolo “Buio” scritto da Sonia Antinori e diretto da Carmelo Rifici che lo chiama anche per “Il nemico” con Elisabetta Pozzi. È tra i protagonisti de “Il mondo della luna” regia di Franco Mescolini con il quale recita anche in “La Singolare”. Con Ugo Pagliai ha lavorato in “Eracle” diretto da Luca De Fusco. Il dramma greco gli permette di tornare a “casa” e recitare nei teatri greci della sua Sicilia.

Le proprie radici siciliane però sono servite anche per scrivere Antropolaroid.

“Le mie origini sono diventate un racconto autobiografico dove spiego la mia infanzia vissuta con i nonni con cui dormivo nel loro letto. Io sono nato da genitori molto giovani, mia madre aveva 14 anni quando mi ha messo al mondo, mio padre 28. Sono racconti dove ero testimone involontario dei segreti della mia famiglia. Io ascoltavo e venivo a conoscenza di storie che poi io recito attraverso un solo personaggio”.

La storia inizia con il racconto del suicidio di un mio bisnonno, Francesco Granata che nel 1925 si impicca perché scopre di avere un tumore incurabile e termina tragicamente con il suicido di un caro amico, conosciuto a bordo della nave dove prestavo il servizio militare, Tino Badalamenti, che non regge il dolore e la vergogna dopo aver appreso la notizia che il padre è indagato per delitti di mafia. Si può parlare a ben ragione di un desiderio catartico nell’affrontare emozioni correlate a eventi traumatici subiti, ma quello che è importante sottolineare è che Tindaro Granata è riuscito nel dare vita ad una narrazione densa di suggestioni, interpretando molteplici ruoli e facendo rivivere una saga che non è una semplice cronistoria di fatti accaduti, ma descrive come è fatta la Sicilia, le sue contraddizioni e le sue caratteristiche culturali e sociologiche.

E dopo Antropolaroid che farà Tindaro Granata?

“Ho intenzione di scrivere una storia che si intitolerà Invidiatemi come io ho invidiato voi, liberamente ispirata ad una vicenda giudiziaria accaduta a Tiziana Deserto. Un caso di violenza su una bambina di soli due anni, lasciata dalla madre (condannata poi a 15 anni di reclusione) nelle mani del suo compagno che a a causa delle sevizie e degli abusi subito morirà tragicamente. Mariangela Granelli  interpreterà il ruolo della protagonista.

Il mio prossimo spettacolo, invece, si chiama Come gli umani e lo porterò in scena nella prossima stagione con Francesca Porrini nel ruolo di mia moglie. Racconta la storia vera di una mia zia che ha perso un bimbo appena nato causa di un errore medico. Lei e il marito a causa del dolore, immenso, impazziscono. Nella loro follia andranno a cercare il piccolo ovunque, spesso in posti creati dalla loro fantasia e disperazione. Alla fine lo troveranno ma per portarlo in vita dovranno sfidare un grande avversario : il destino”.

 

 


 

Il suo destino, Tindaro Granata lo ha già sfidato e vinto. È riuscito in quello che voleva fare fin da ragazzo e ora raccoglie quello che ha seminato, tanto è che quando torna in Sicilia, non disdegna affatto nel aiutare la famiglia nei campi, dove sa potare, piantare e raccogliere i frutti della sua terra.

Quelli del suo lavoro di attore crescono sempre più e una volta maturati, li offre al pubblico che lo va a vedere a teatro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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