L’archivio di Franco Scaldati alla Fondazione Giorgio Cini

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RUMOR(S)CENA – VENEZIA – Martedì 10 novembre, l’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini, diretto da Maria Ida Biggi, ha presentato nel corso di una conferenza digitale l’acquisizione dell’archivio personale del poliedrico artista palermitano Franco Scaldati (Montelepre, 1943 – Palermo, 2013). La donazione, giunta a San Giorgio per volere dei figli, documenta la carriera di uno dei principali esponenti della drammaturgia italiana contemporanea. La presentazione ha visto gli interventi di Maria Ida Biggi (Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini, Università Ca’ Foscari di Venezia), Valentina Valentini (Università La Sapienza di Roma), Alberto Samonà (Assessore dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana) e Viviana V.F. Raciti (Università degli Studi di Roma Tor Vergata), oltre alle testimonianze video di Gabriele e Giuseppe Scaldati, figli di Franco e donatori dell’archivio, e di Melino Imparato, storico collaboratore e attore della Compagnia Franco Scaldati. Nel corso della presentazione, l’Assessore Alberto Samonà ha inoltre annunciato che la Regione Sicilia sarà felice di collaborare con la Fondazione Giorgio Cini finanziando la pubblicazione delle opere di Franco Scaldati. La registrazione della presentazione è disponibile sul canale YouTube della Fondazione Giorgio Cini.

Isola di San Giorgio Maggiore foto ORCH per gentile concessione della Fondazione Giorgio Cini

L’Archivio Franco Scaldati rappresenta uno specchio prezioso dell’attività del celebre drammaturgo siciliano, le cui opere restano, a oggi, per la maggior parte inedite. Organizzato in circa sessanta faldoni di materiale documentale, l’archivio include copioni, note e scritti autografi, rassegna stampa, corrispondenza, documenti vari e locandine. La sezione più consistente custodisce documenti relativi alle opere per il teatro di cui Scaldati è stato autore. Per ciascun titolo, l’archivio conserva diverse versioni di materiale edito e inedito, quadri sciolti, opere complete e collage creati a partire da testi preesistenti. Ciascun titolo è documentato nell’evoluzione drammaturgica che ha avuto nel corso dell’intera carriera di Scaldati, i cui testi sono frutto di un lungo e costante lavoro di revisione, riscrittura e assemblaggio, variazioni di minore entità o decisive rivoluzioni.

A completare il fondo, un nucleo di locandine e programmi di sala; una parziale ma interessante corrispondenza; una corposa rassegna stampa che riguarda spettacoli, letture sceniche, film, libri ed eventi di varia natura legati al teatro palermitano e internazionale e, più nello specifico, all’arte di Franco Scaldati (tra cui i numerosi premi vinti: Premio Maschera D’argento Salvatore Mazza / Teatro Festival Catania, 1976; Premio TTVV Riccione per il Teatro, 1987; i due Premi Speciali Ubu, 1990 e 1997; Premio Siae, 2000; Premio Associazione Nazionale Critici di Teatro, 2000; Premio Ignazio Buttitta, 2012).

Ritratto di Franco Scaldati. Fotografia di Dario Enea

L’Archivio Franco Scaldati si configura come un elemento molto importante per le attività di studio e ricerca che si svolgono all’interno dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma, ed è una risorsa fondamentale per analizzare l’opera di uno dei maggiori drammaturghi italiani del secondo Novecento. I testi di Scaldati, per la maggior parte inediti, trovano qui una possibilità di valorizzazione e divulgazione, ma anche un luogo di conservazione che permette di analizzare a fondo le innumerevoli stratificazioni proprie dell’opera del drammaturgo siciliano.

Tra i titoli presenti, in forma di copioni completi, frammenti e versioni intermedie, redatti dal 1974 al 2012, si citano: Adelina, Adelina e Adelina cosa fanno; Amedea; Angeli; Un angioletto vestito di giallo; Assassina; La casa dei Gobbetti; Cani e gatti; Il cavaliere Sole; la raccolta Dieci piccole pallide storie; Edipo; Ettore e Ettore; Fiorina; Le fate; il corposo progetto Femmine dell’ombra, da cui poi derivano Si aprono gli occhi ed è l’aurora, La gatta rossa, Ofelia è una dolce pupa fra i cuscini, Ombre folli, Sabella. Storia di una buttana, Sul muro c’è l’ombra di una farfalla; La gatta di pezza; Giufà e la sua ombra; il trittico Grazia, Lucrezia e Stella; Gregorio il Topo; Ilse uccisa dai giganti; la raccolta Inceneriti amori; La guardiana dell’acqua; La guerra di Pizzillo e Carollo; Indovina ventura; La locanda invisibile; Libro notturno; Luciana buffa gallina; Lucio; Lucrezia; Manu Mancusa; Natale; Natale a Palermo; La notte di Agostino il topo; Occhi; Oratorio per Don Giuseppe; Il pozzo dei pazzi; Pupa Regina Opere di fango; Rosolino 25 figli; Santa e Rosalia; Le sette morti del Tamerlano; Sonno e sogni; Totò e Vicé; Vitina dal cuore d’oro; Vorrei avere un paio di ali dorate.

Di grande fascino è la sezione dei manoscritti autografi, il cui valore risiede anche nelle peculiarità della grafia dell’autore e nell’importanza della veste grafica. Si tratta di testi scritti tra la metà degli anni Settanta e gli anni Ottanta che includono, oltre alle versioni propedeutiche di Il pozzo dei pazzi, Il cavaliere Sole, Manu mancusa, Facciamo l’amore, La guardiana dell’acqua e Indovina ventura, anche titoli non più reperiti tra i dattiloscritti, come Cuniesci arriniesci, Ferro filato, Chiari di luna. In questa sezione si trovano anche poesie e aforismi composti tra il 1960 e il 1965, considerati gli scritti più antichi presenti in archivio.

Esempi di materiali relativi allo spettacolo 
Il pozzo dei pazzi
Archivio Franco Scaldati, Istituto per il Teatro e il Melodramma, Fondazione Giorgio Cini, Venezia. Foto di Michele Crosera

Il drammaturgo, poeta e attore siciliano Franco Scaldati (Montelepre, 1943 – Palermo, 2013) è uno dei principali esponenti della drammaturgia italiana contemporanea, autore di una vasta produzione di opere teatrali scritte principalmente in palermitano.

Nato a Montelepre, un paesino alle porte di Palermo, Scaldati si trasferisce ben presto in città con la famiglia; qui intraprende gli studi, che lascia prima di conseguire la licenza elementare. A soli dodici anni inizia a lavorare in una sartoria frequentata da attori teatrali; questa sua professione sarà all’origine del soprannome “il Sarto”, e si rivelerà fondamentale per lo sviluppo del suo interesse per il teatro e per la professione dell’attore. Nel 1964 entra nella compagnia di Nino Drago e debutta come co-protagonista in Ricorda con rabbia di John Osborne; in questo periodo e per quattro anni, sul palcoscenico del Teatro Bunker, rappresenta testi di Samuel Beckett, Eduardo De Filippo, Dario Fo e Luigi Pirandello, ed entra in contatto con alcuni degli interpreti che gli resteranno accanto a lungo: Gaspare Cucinella, Melino Imparato, Ninni Truden, cui poi si aggiungono successivamente, tra gli altri, Gigi Burruano, Fabio Cangialosi, Toti Giambertone, i fratelli La Bruna, Rory Quattrocchi, i fratelli Spicuzza, Tobia Vaccaro.

Esempi di materiali relativi allo spettacolo 
Lucio
Archivio Franco Scaldati, Istituto per il Teatro e il Melodramma, Fondazione Giorgio Cini, Venezia. Foto di Michele Crosera

Nel 1974, insieme allo stesso Nino Drago, fonda il Piccolo Teatro di Palermo. In questo contesto scrive, mette in scena e recita alcuni dei suoi testi di esordio prodotti dalla Cooperativa I Draghi 74, tra cui Attore con la “o” chiusa (1974, rappresentato presso il cabaret dei Travaglini di Salvo Licata e Antonio Marsala), Il pozzo dei pazzi (1974), In forma di rosa (1976). Nel 1975, all’indomani della prima rappresentazione di Il pozzo dei pazzi, fonda la storica Compagnia del Sarto, che resta attiva tra gli anni Settanta e Ottanta; nel 1976 apre lo spazio La locanda degli Elfi, dove debutta lo spettacolo Cuniesci arriniesci (1977), prima stesura di quello che diverrà Il cavaliere Sole. Dell’anno successivo è Lucio, evoluzione di In forma di rosa, presentato con la Cooperativa teatrale Gruppo 5. Sempre nel 1978, lo spettacolo Manu Mancusa segna la fine della collaborazione tra Scaldati e Nino Drago: il Teatro Biondo si accaparra la prima assoluta offrendo una somma ingente e, da questo momento, Scaldati inizia a lavorarvi in modo altalenante, soprattutto nel ruolo di attore. 

Il luogo di conservazione degli archivi dell’Istituto per il Teatro e il Melodramma della Fondazione Giorgio Cini. Sono visibili gli archivi di Paolo Poli, Maurizio Scaparro, Franco Scaldati, Santuzza Calì, Emma Gramatica. I faldoni rossi sulla parete frontale sono quelli afferenti all’Archivio Franco Scaldati.

Nel 1984 recita a fianco di Franco Franchi e Ciccio Ingrassia nel film Kaos, diretto dai fratelli Taviani. In questo periodo mette in scena alcuni tra i suoi più noti testi teatrali, tra cui Il cavaliere Sole (1979), La guardiana dell’acqua (1981), Indovina ventura (1983), Assassina (1984). Con quest’ultimo spettacolo, che rappresenta una svolta nello stile drammaturgico di Scaldati, vince nel 1987 il premio TTVV Riccione per il Teatro diretto da Franco Quadri; è il primo di una serie di riconoscimenti di cui Scaldati è insignito nel tempo. Sempre nel 1987 collabora con Carlo Quartucci e Carla Tatò nella Zattera di Babele a Erice, sia in qualità di attore, sia presentando testi propri. Nel corso della stagione 1989-1990 vince il Premio Speciale Ubu per Il pozzo dei pazzi, riallestito con la regia di Elio De Capitani, che nel 1990 lo chiama a tradurre i cori per il suo adattamento di La sposa di Messina di Schiller per le Orestiadi di Gibellina. Il teatro di Scaldati diviene noto a livello nazionale, ma lui si ritira ben presto dalla scena ufficiale prediligendo la dimensione del laboratorio. 

Nel 1990 Ubulibri pubblica una prima raccolta, curata da Franco Quadri, che include quattro testi: Il pozzo dei pazzi, La guardiana dell’acqua, Assassina, Occhi. Di questi anni è la trilogia Angeli realizzata insieme a Antonella Di Salvo, attrice e regista con cui Scaldati collaborerà, successivamente, a lungo.

Chiostro Palladiano. Foto di Matteo De Fina_per gentile concessione della Fondazione Giorgio Cini

Nel 1992 con la stessa Di Salvo fonda l’Associazione Laboratorio Femmine dell’Ombra, con cui svolge un lavoro teatrale e sociale nei quartieri popolari della città di Palermo; con gli abitanti del luogo, soprattutto del quartiere Albergheria, realizza numerosi progetti, con l’intento di creare un’opera vastissima che abbia lo stesso nome del ciclo di laboratori da cui è nata. Sotto l’egida del macrotesto Femmine dell’Ombra, Scaldati scrive e porta in scena numerose opere drammatiche: La gatta rossa (1990-1997), Sul muro c’è l’ombra di una farfalla (1991-1996), Ofelia è una dolce pupa tra i cuscini (1993-1994) Si aprono i tuoi occhi ed è l’aurora (1997), L’ombra della luna (1998-2008, poi rinominato Sabella), Ombre folli (1999).

Tra il 1993 e il 1995 scrive e rielabora continuamente Totò e Vicé, uno dei suoi spettacoli più noti e rappresentati, anche con varianti successivamente aggiunte dallo stesso autore; i due personaggi erano già comparsi circa dieci anni addietro in Indovina ventura (1983-1999), ma con il testo che porta il loro nome trovano un’autonomia drammaturgica e scenica. A metà degli anni Novanta inizia a lavorare ad altre opere emblematiche della sua produzione: Santa e Rosalia (1996, che troverà diverse versioni anche nel corso dei Duemila) e La locanda invisibile (1997, Premio Speciale Ubu). 

Nel 1997, per i tipi di Rubbettino, viene pubblicato un volume a cura di Valentina Valentini che include il testo teatrale di Lucio, a distanza di vent’anni dall’allora incompreso debutto, corredato da apparati critici e da un cd audio con una lettura drammatica dello stesso Scaldati.

Nel corso degli anni Novanta e nei primi Duemila Scaldati lavora ancora nel cinema, recitando all’interno di pellicole principalmente dirette dal palermitano Pasquale Scimeca: La notte di San Sebastiano (1993), I briganti di Zambùt (1997), La passione di Giosuè l’ebreo (2005), Il cavaliere Sole (2008, tratto dal testo teatrale omonimo). Collabora anche con Giuseppe Tornatore per L’uomo delle stelle (1995) e Baarìa (2009).

Nel 2002 nasce la Compagnia Franco Scaldati, di cui, oltre a Imparato e Cucinella, hanno fatto parte tra gli altri Marcello Adelfio, Serena Barone, Massimiliano Carollo, Lia Chiappara, Dario Enea, Egle Mazzamuto, Fabio Palma, Salvatore Pizzillo, Antonella Sampino, Vito Savalli. La compagnia, oggi diretta da Melino Imparato, porta ancora avanti un’attività di produzione e promozione delle opere del drammaturgo. 

Negli anni Duemila si accresce il numero di testi scaldatiani pubblicati: Totò e Vicé (Rubbettino 2003, poi ripreso nel 2014 con un’edizione aggiornata per i tipi di Cue Press), Pupa regina. Opere di fango (Ubulibri 2005), Adelina, Adelina e Adelina cosa fanno? (Tyita 2003), Libro notturno (ERSU 2005), La gatta di pezza (Ubulibri 2009), Teatro all’Albergheria (Ubulibri 2009, contenente i testi La notte di Agostino il topo e Sonno e Sogni), Oratorio per Don Giuseppe (I quaderni del Sarto 2012).

Nel 2005, per due anni, Scaldati è direttore artistico del festival Orestiadi di Gibellina; parallelamente prosegue il suo lavoro in ambito cinematografico: è tra i protagonisti di Il ritorno di Cagliostro di Ciprì e Maresco (2003).   

Fino al 2013, anno della sua morte, Scaldati lavora con la propria compagnia organizzando laboratori e spettacoli, tra i quali si ricordano Libro notturno, originale riscrittura del Macbeth shakespeariano; il crudo e poetico La gatta di pezza; Inceneriti amori, una raccolta di brevi quadri in cui si avverte prepotentemente il cambio della lingua; il gioviale Rosolino 25 figli; la trilogia al femminile composta da Grazia, Lucrezia e Stella

Dopo la morte di Franco Scaldati, numerosi registi e attori hanno portato avanti il lavoro sui suoi testi; tra questi, oltre a De Capitani e Maresco, si ricordano Matteo Bavera, Chérif, Roberto Guicciardini, Lucia Ragni e Marion D’Amburgo, Stefano Randisi e Enzo Vetrano, Federico Tiezzi.

Le opere di Scaldati restano, a oggi, per la maggior parte inedite: alle tredici pubblicate corrispondono trentasette inediti, accanto a dodici traduzioni di testi teatrali noti.

Nel 2015 Franco Maresco realizza il documentario Gli uomini di questa città io non li conosco. Vita e teatro di Franco Scaldati, presentato in occasione della 72^ Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

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