Teatro, Teatro recensione — 09/01/2015 at 23:21

I Canti Orfici tra poesia, teatro e musica. Campana rivive al Teatro Studio

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SCANDICCI (Firenze) – Poeta visionario, allucinato, pazzo, vagabondo, e orfico, sono tra le tante definizioni attribuite a Dino Campana, limitative nel poter definire a pieno la complessa identità di un uomo tormentato da un’inquietudine esistenziale che segnò la sua vita. Orfico perché riferito anche a Orfeo, il poeta delle origini in cui lo stesso Campana si identifica in contrapposizione a quella poesia del suo tempo, considerata “sfatta e decadente”. Una poesia orfica votata al sacrificio di comprensione di pochi eletti. È l’autore dei Canti Orfici, una raccolta di componimenti letterari, composti nel 1913 che nella stesura originale riportava il titolo Il più lungo giorno e pubblicati da Giovanni Papini e Ardengo Soffici. Ritenuto perduto, l’autografo fu ritrovato nel 1971 tra i carteggi di Soffici. La sua poesia è moderna con forti richiami ai classici, a D’Annunzio e Leopardi, capace di rovesciare l’ordine sintattico in cui spesso viene anticipato il verbo e posticipato il soggetto.

foto di Stefano Ridolfi
foto di Stefano Ridolfi

Una moltitudine di versi la cui coerenza sintattica si riesce a comprendere sacrificando ogni possibile significato. Campana visse con estrema tragicità la perdita del suo manoscritto originale, costringendosi a riscriverlo a memoria per comporre i Canti Orfici. Il tema centrale della sua opera è quello del viaggio, onirico o reale, distante migliaia di chilometri come quello della pampa argentina, o nei luoghi più ricorrenti in Italia, quali Faenza, Firenze, Genova e Bologna. Il poeta maledetto a cui la critica avversa lo aveva indicato, se non che la sua follia non era fonte generatrice della sua arte quanto sinonimo di libertà totale, incondizionata e disgregatrice di ogni coerenza stilistica. La Compagnia del Teatro Studio Krypton diretta da Giancarlo Cauteruccio ha scelto di ricordare la figura del Poeta, portando sulla scena, a distanza di cento anni dalla pubblicazione del Libro Unico mutuato poi in Canti Orfici, una versione teatrale affidata all’interpretazione di Michele Di Mauro, le musiche originali di Gianni Maroccolo, le immagini proiettate di Loris Giancola, le scene di Paolo Calafiore e la cura drammaturgica di Andrea Cortelessa. Campana rivive nelle parole e nelle proiezioni fantasmagoriche fissate su lembi di carta che paiono pagine di libri strappate; ricordi vissuti riemersi dalla mente come dei pensieri vertiginosi che deforma la realtà ma non la cancella. Itinerari di viaggi dove appaiono paesaggi e città fantastiche. Campana era dotato di una straordinaria capacità di ritrarre il paesaggio con uno stile espressionistico che lui stesso spiegava: “nel paesaggio collocare dei ricordi”.

foto di Stefano Ridolfi
foto di Stefano Ridolfi

Cauteruccio si addentra nel mondo di Campana con una sua personale visione in cui si ritrova lo stile di sempre del regista, capace di suggestionare mirabilmente i sensi sollecitati dalla voce del protagonista vestito di bianco che pare rifrangersi sui lembi di carta che diventano a seconda del tema poetico declamato, visioni oniriche, cascate d’acqua, paesaggi bucolici. Una sfida impegnativa nel tentativo di dare una forma rappresentativa alla poesia che si materializzava in suoni musicali. Si fa musica e diventa canto o meglio ancora un concerto teatrale. Mediato dalla presenza scenica di Michele Di Mauro, il quale incarna la fisicità del poeta e della sua forza prorompente che assurge a verbo in un alone di misticismo dove tutto appare oscuro ed indefinito. Una Poesia visiva anche se le immagini spesso appena accennate sono reali perché trasfigurate da sensazioni provate, suoni, percezioni che la mente capta e diffonde. Lo stesso Campana spiega come “ad ogni poesia fare un quadro”. La sua poesia è il risultato della coniugazione delle parole con le immagini, e Cauteruccio assimila tale binomio facendone una sua versione del tutto originale, per nulla scontata e del tutto densa di significati sia letterari che figurativi.

foto di Stefano Ridolfi
foto di Stefano Ridolfi

Appaiono figure femminile e maschili, incarnazioni viventi, apparizioni visionarie immerse in una realtà trasfigurata e sublimata. Un senso assoluto della poesia resa ancor più splendente in chi oggi l’ascolta e ne trae beneficio. Nei Canti Orfici ci si può immergere e lasciarsi trasportare cullati da onde sonore. Un riferimento al mare e alla musica che in Giancarlo Cauteruccio trova ispirazione anche nel prossimo futuro: la “Trilogia delle città di mare (Napoli Sciosciamocca, Genova canta il suo canto, Trieste nel vento)”. Tre città raccontate attraverso la musica. Teatro che si fa musica nel cantare la bellezza.

Canti Orfici/Visioni

progetto e regia di Giancarlo Cauteruccio

con Michele di Mauro

e i giovani attori del Laboratorio di conoscenza e interpretazione teatrale della vita e dell’opera di Dino Campana: Giorgio Coppone, Maria Luisa D’Introno, Giovanni Corsini, Matteo Tanganelli, Veronica Rivolta, Silvia Benvenuto, Emiliana Provenzale

Visto al Teatro Studio Krypton di Scandicci il 13 dicembre 2014

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