ALTRITEATRI — 08/11/2023 at 08:33

Dalle favelas brasiliane un riscatto sociale attraverso le arti sceniche

di and
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RUMOR(S)CENA – CASALGRANDE (Reggio Emilia) – Può l’arte in generale avere un ruolo attivo per sensibilizzare e far conoscere situazioni di disagio sociale, nel supplire le mancate risposte da parte delle istituzioni e di servizi atti a garantire una qualità di vita dignitosa, anche a chi è ai margini della società? Assistendo all’esibizione del Gruppo Pè No Chao e del Teatro francese Ophelia che ha portato in scena al Teatro Fabrizio de Andrè di Casalgrande  “Roda Favela” diretto dal regista e drammaturgo francese Laurent Poncelet, si trova conferma.

Spettacolo inaugurale della stagione Off, dedicata al teatro contemporaneo e organizzata da Quinta Parete con la direzione artistica di Enrico Lombardi. Una produzione franco – brasiliana in cui trovano spazio diverse discipline artistiche, quali la danza e la musica, a complemento della recitazione scenica più tradizionale. Non poteva essere altrimenti capendo la provenienza di dodici tra uomini e donne sulla scena, tutti provenienti dalle favelas brasiliane. Luoghi di emarginazione, di povertà, di storie di dolore e disperazione, in cui spesso si insinua la criminalità come unica fonte di sostentamento a cui attingono specialmente le giovani generazioni. Come lo sono i dodici performer sulla scena e in platea ancor prima dell’inizio dello spettacolo intenti a dare vita ad un rito dionisiaco, dove appaiono come degli indemoniati. Un teatro rituale fatto di corpi che sussultano e si muovono in un sabba capace di trascinare il pubblico. Corpi che parlano.

Gli interpreti sono esuberanti, trascinanti e vivaci nell’interpretare con finzione drammaturgica e recitativa, quanto di più reale esiste nel loro paese d’origine: il Brasile, negli anni in cui ha governato Jair Bolsonaro, al vertice del potere segnato da scelte estreme e radicali di una destra per nulla favorevole a politiche di inclusione sociale, disprezzando ogni categoria che non rappresentasse il loro modo di intendere la società. Bando ai poveri, a chi ha il colore della pelle scura, come nel caso dei neri, delle minoranze indigene, o verso gli omossessuali, perfino contro le donne.  

Come reagire a questa discriminazione che rifiuta ogni possibile convivenza civile, se non attraverso la musica e la danza, dove la potenza del suono e il movimento del corpo si riprende il suo ruolo di protagonista e non cede alla rassegnazione e ad una condizione in cui non avere un futuro davanti a sé. La loro forza traspare nella loro energia che contamina tutto il pubblico, non certamente spettatore da intrattenere ma attivamente coinvolto. Uno spettacolo dove le cose accadono come nella realtà, gremito in tutti i suoi posti a sedere, segno che scelte artistiche di questo tipo richiamano la giusta attenzione e una partecipazione solidale. Non è necessario esaminare con gli strumenti abituali della critica, una rappresentazione di questo genere, preferendo coglierne gli aspetti più etici e valoriali che il regista Laurent Poncelet ha saputo trasmettere nella sua direzione registica. Un unicum nel suo genere capace di far entrare tutti in una favela. Una scelta che il regista ha cercato ed riuscito nel rappresentare: la grande umanità della Favela.

L’utilizzo di immagini video in lingua originale non facilitava di certo la comprensione in chi non conosce il portoghese, e la traduzione in italiano con la sovratitolazione per la sua collocazione poco visibile (a causa probabilmente delle luci di scena), ma al di là di queste soluzioni tecniche, l’esito di tutta la rappresentazione è felice e coinvolgente, dove non si palesa mai nessuna retorica o tentativo di suscitare compassione tra il pubblico. Un rischio che operazioni di questo genere possono emergere se non c’è la consapevolezza di perseguire con onestà intellettuale l’obiettivo a cui l’arte stessa tende.

Viene citato un sacerdote di Reggio Emilia al termine dello spettacolo: “Le mani degli ultimi”: espressione di Don Lorenzo Braglia, delegato per le missioni diocesane in Brasile negli anni 1968-1970, dopo che già dal 1959 si era fatto promotore del gruppo laicale missionario e scomparso nel 2014. Fondatore della Comunità La Collina per il recupero dei tossicodipendenti.

La nota dolente da segnalare è nel dibattito che ne è seguito, in cui era importante dare voce ai protagonisti nello spiegare l’intento stesso del lavoro portato in scena. Mancando di un coordinamento tra le parti risultava a tratti difficile riuscire a comprendere bene il dialogo tra palcoscenico e platea, senza consegnare il microfono agli spettatori che ponevano le domande, e di conseguenza oltre non riuscire a sentire, veniva a mancare a volte la traduzione della domanda (in sala tra il pubblico c’era chi si rivolgeva al regista o agli artisti in portoghese) per cui la risposta anche se in italiano, non permetteva di capire bene cosa era stato chiesto in precedenza. Se pur presente una traduttrice sarebbe stato più consono interagire meglio vista l’importanza delle tematiche affrontate, considerando che la rappresentazione nasce da un contesto sociale sui è importante riflettere.

Drammaturgia e regia: Laurent Poncelet Assistente: Jose W. Junior Con: Tayná da Silva Salomé, José Lucas de Souza Carvalho, Samira Dias Martins de Oliveira, Márcio Luiz do Nascimento, Lucas do Nascimento Ramalho, Clécio Carlos dos Santos, Alyson Victor Oliveira da Silva, Enerson Fernando Ribeiro Alves da Silva, Glaucilene Ribeiro da Fonseca, Myrian Vitória Rufino Santos, Rita de Kássia Tenório dos Santos, Rinaldo Tenório dos Santos. Creazione musicale: Clécio dos Santos e DJ Biggy Immagine: Martin Monti-Lalaubie Montaggio video: Christian Cuilleron Produzione Cie Ophélia Théâtre e il gruppo Pé No Chão (Brésil) Visto al Teatro Fabrizio de Andrè di Casalgrande il 2 novembre 2023

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