Il laboratorio di Luca Ronconi: a lezione d’improvvisazione con Pirandello

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Un laboratorio da Leone d’oro, al campus della Biennale teatro di Venezia 2012.

Luca Ronconi, celebrato con la consegna del prestigioso premio alla carriera, conduce un workshop per attori e registi. Due ore di una bollente giornata d’agosto in una sede dello Iuav, con il lungo racconto del regista, vera “memoria vivente” del teatro italiano, deciso a regalare frammenti del suo repertorio con appassionata generosità. Una lezione seminariale che subito si fa ritaglio pregiato di un archivio, incontro privilegiato in cui Ronconi, con rapide pennellate, rimbalza da un argomento all’altro toccando i più classici dei nervi scoperti del mestiere dell’attore. Corpo, voce, spazio, tempo: le coordinate necessarie per una recitazione che non si appoggi solo su un testo già sceneggiato, ma sulla combinazione equilibrata dei quattro punti cardinali. «Rifuggite il panico, imparate ad acquisire una calma beata»: Ronconi asciuga l’imbarazzo scenico dei suoi allievi e si schiude in un sorriso bonario per alleggerire l’atmosfera.

(crediti fotografici di Luigi Laselva)

Le battute di Questa sera si recita a soggetto di Pirandello si fanno appiglio perfetto per ragionare sull’improvvisazione, sulla necessità di sganciarsi da una condizione spazio-temporale quotidiana per accedere a una dimensione non confortata dall’abitudine. «Siate gladiatori», dice il maestro. Nei dialoghi vince chi è più forte, chi impara a conoscere più velocemente l’interlocutore e sa raccoglierne gli stimoli nei tempi giusti.

Recitare improvvisando significa imparare a stupirsi delle parole che si pronunciano, reagire al minimo batter di ciglio del compagno di scena, inventare linguaggi nuovi imbastiti su situazioni estreme e spiazzanti. Vuol dire tradire i propri impulsi e i residui di memoria con il corpo, rivendicando alle membra il diritto di ribellarsi alle parole pronunciate per rivelare nei dettagli le intenzioni vere del personaggio: «Agire come se si fosse stati appena partoriti in un mondo sconosciuto di cui si ignorano le regole» riassume Ronconi.

Durante il processo di invenzione non è necessario appesantire il lavoro aprendo nuove finestre di drammaturgia. Bisogna portare alle estreme conseguenze la struttura scenica in cui si opera: «L’invenzione felice nasce dalle cose elementari» sentenzia ancora il regista. La parola d’ordine è imparare ad assorbire il sottotesto, dunque, a scorticare il guscio galleggiante delle parole per affondare le unghie nel nucleo molle del personaggio e disegnarselo addosso con tratti più decisi.

Si cimenta, Ronconi stesso, in piccole azioni dimostrative che intervallano i tentativi performativi degli attori presenti. Da seduto, il maestro altera i toni e le espressioni, alternando parti recitate a momenti esplicativi per mostrare il continuo mutamento tra una condizione e l’altra. Si sofferma soprattutto sui tempi comici: «Il tempo della scena non è quello della vita reale», spiega. La tensione va calibrata sui tempi d’attesa degli spettatori: «Spettatori veri però, – tuona Ronconi – dovete parlare a qualcuno che vedete, che è presente, non fate del pubblico solo le seggiole del pubblico».

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