Teatro, Teatrorecensione — 07/03/2012 at 17:12

La verità di Così (è se vi pare) esce dal tunnel dell’inconscio umano. Ottima prova del Teatro Due di Parma

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La vicenda è rinchiusa in un luogo simile ad uno studio televisivo da sembrare quasi una prigione per chi ci sta dentro. Oscuro e claustrofobico in cui regna ciò che per Pirandello era così caro da volerlo affrontare nella sue opere: l’inconoscibilità del reale tale da poterla affrontare soggettivamente, senza che questa poi coincida con quella degli altri. Impossibile stabilire la verità assoluta dove tutto si genera attraverso un relativismo delle forme e delle convenzioni. L’importante è salvare le apparenze. Così come accade in Così è (se vi pare) commedia del drammaturgo siciliano e tema che sarà poi analizzato in Uno, nessuno e centomila, romanzo scritto nel 1926. Bastano poche parole dette da Lamberto Laudisi, uno dei personaggi che vivono nella storia: «Io sono realmente come mi vede lei. Ma ciò non toglie, cara signora mia, che io non sia anche realmente come mi vede suo marito, mia sorella, mia nipote e la signora qua … Vi vedo affannati a cercar di sapere chi sono gli altri e le cose come sono, quasi che gli altri e le cose per se stessi fossero così o così».

È il prologo che spiega cosa accade in una piccola città di provincia, quando arrivano il Signor Ponza e la Signora Frola sua suocera, e per sentito dire anche la moglie dell’impiegato, ma che nessuno ha mai visto. Pirandello chiarisce subito di non farsi ingannare da banali pettegolezzi, al contrario, introduce lo spettatore verso una vicenda intricata che scuote l’animo umano contraddittorio per sua natura. Il regista Alessandro Averone (anche nel ruolo di Laudisi), mette in scena una commedia ricca di spunti dove l’errore del pensare male si coniuga con una sequela di equivoci, quest’ultimi ribaltandosi e propagandosi creano un effetto grottesco da suscitare l’umorismo cinico (la cifra stilistica che contraddistingue Pirandello) ma sempre come sotto traccia riconducibile alla tragedia dell’uomo moderno. In Così (è se vi pare), una produzione della Fondazione Teatro Due di Parma, tutto verte sul ruolo della signora Frola, interpretata da una dolente e sofferente Tania Rocchetta, un’ attrice capace di immedesimarsi a tal punto nel suo ruolo da sembrare uscita dalla penna di Pirandello stesso. Lei diventa l’oggetto dell’interrogatorio da parte di tutti al fine di verificare la vita della sua famiglia.

Il consigliere Agazzi (Paolo Bocelli), la signora Agazzi (Laura Cleri), Dino (Luca Nucera) bravissimo nel dare vita ad una interpretazione che crea uomo pieno di tic, nevrotico, capace di distinguersi per quello un po’ tonto e sempliciotto. E ancora la signora Sirelli (Francesca Pennini), il signor Sirelli (Massimiliano Sbarsi), il prefetto (Nanni Tormen), la signora Cini, la bravissima Cristina Cattellani che fa una signora anziana svampita claudicante.  La regia privilegia un’azione dinamica e molto concitata tra tutti i personaggi, ambientando la storia in un interno molto vicino ad un salotto televisivo, poltrone rosse mobili, strani aggeggi simili simili a periscopi per guardare chi arriva, un telefono e fax luminoso che sembra un’installazione artistica. Sol fondo un tunnel nero attraversato da sbarre luminescenti da sembrare uno spazio metafisico, quello dell’inconscio collettivo e insondabile dell’uomo perennemente inquieto. Da li escono a turno strani personaggi che fanno tanto discutere e pongono domande: “Chi sono? Chi è la donna che non esce mai di casa? È la figlia della signora Frola? E perché non può vedere la madre? Quest’ultima per evitare l’inchiesta giustifica la possessività del genero nei confronti della moglie. E tutti le credono.

Lo stesso vale per il il signor Ponza un Max Malatesta nella parte che gli è più congeniale. Vestito di nero, aggressivo per difendersi dai sospetti, un uomo duro e all’apparenza molto riservato. La sua interpretazione è tra le più convincenti. Anche lui viene interrogato e la sua versione dei fatti è quella di dichiarare pazza la suocera, per via della morte della figlia Lina, la sua prima moglie. Una donna convinta che Giulia (la seconda moglie) sia in realtà la figlia ancora viva. Ecco spiegato il motivo del riserbo e della decisione di mantenere la donna lontana dagli sguardi di tutti. Il regista Averone dosa sapientemente i meccanismi pirandelliani nel ribaltare ad ogni cambio scena, ad ogni entrata dei vari personaggi, la verità che viene continuamente rimessa in discussione. E il contributo della scenografia creata da Alberto Favretto gioca un ruolo fondamentale. Tutto sembra balenare come una realtà assodata, come se accadesse veramente in un format televisivo in cui ogni recondito segreto intimo e privato viene sbattuto in faccia al pubblico. L’uomo viene svelato e resta “nudo”. Solo che qui non è semplice morbosità, piacere, curiosità, c’è qualcosa di più perturbante e spiazzante.

C’è il nulla a cui nessun interrogativo riesce a dare una spiegazione. Il nulla che cerca una risposta di senso. Inutilmente! E allora ecco che tutti i presenti, pur stupiti dalla confessione del signor Ponza, provano rassicurazione dalle sue parole. Invano. La signora Frola capendo di essere considerata una pazza, ribalta la versione dei fatti e accusa il genero di essere, in realtà, lui affetto da malattia mentale, convinto nella sua follia di stare con Giulia, la seconda moglie. Il disorientamento è totale. Ognuno entra in crisi e si giocano dinamiche che acuiscono la crisi del gruppo. La bravura degli attori si plasma in una recitazione corale che compatta la scena e si trasforma via via in una agorà dove agiscono dinamiche complesse, tese, stridenti, come lo è la storia scritta da Pirandello. La fedeltà al testo di Pirandello è tale, che anche se l’ambientazione scenica e la recitazione portata all’esasperazione (scelta registica funzionale), non inficia il risultato complessivo. Il signor Laudisi, che nella messa in scena di Averone è un personaggio con il ruolo di testimone al di sopra delle parti, scoppia in una risata vedendo l’esasperazione di tutti gli altri, affannati alla ricerca della verità. Lui si esprime con una lucida analisi (dove si svela il pensiero drammaturgico dell’autore): «Eh caro! chi è il pazzo di noi due? Eh lo so: io dico tu! e tu col dito indichi me. Va là che, a tu per tu, ci conosciamo bene noi due. Il guaio è che, come ti vedo io, gli altri non ti vedono… Tu per gli altri diventi un fantasma! Eppure, vedi questi pazzi? senza badare al fantasma che portano con sé, in se stessi, vanno correndo, pieni di curiosità, dietro il fantasma altrui! e credono che sia una cosa diversa.»

Esiste una verità raccontata dai “fatti” e una che emerge dal nero di quel tunnel profondo come una voragine, da cui escono il signor Ponza, la signora Frola, e alla fine la presunta moglie. C’è una verità portata dai fantasmi che aleggiano in quello strano studio che poi è la casa del consigliere Agazzi, Sarà lui a organizzare un incontro tra la suocera e il genero, scena tra le più drammatiche per la concitazione dei dialoghi, la violenza verbale. Il signor Ponza aggredisce la signora Frola facendosi passare lui stesso per un folle pazzo. Subito dopo si giustificherà con gli altri attoniti testimoni che la sua scomposta reazione era necessaria per mantenere viva l’illusione della donna. Le reazioni tra gli altri si fanno sempre più agitate, arriva anche il prefetto (Nanni Tormen che si impone con la sua presenza scenica e il carisma attoriale che lo contraddistingue) e nel vano tentativo di far luce su questo intrigo, viene convocata la moglie del signor Ponza. Solo lei conosce la verità. O la sua verità? L’interrogativo è d’obbligo. La sua versione è quella di di essere sia la figlia della signora Frola, sia la seconda moglie del signor Ponza, mentre di sé dice di non essere nessuna: “Io sono colei che mi si crede”. Sarà Laudisi, dopo una risata che risuona sinistra come un eco, a dire: “Ed ecco, o signori, come parla la verità! Siete contenti?”. Così (è se vi pare) e si torna al principio. La verità ancora una volta è messa in dubbio. Rovesciata. Inutilmente cercata. Spettacolo godibile a cui la sera della replica a cui abbiamo assistito c’era un pubblico di studenti attenti e partecipi. Successo pieno.

 

Cosi (è se vi pare) di Luigi Pirandello

Regia di Alessandro Averone

Produzione Fondazione Teatro Due Parma

crediti fotografici di Max Malatesta e Francesca Laureri

visto al Teatro Due di Parma  il 23 febbraio 2012

 

 

 

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