Teatro, Teatrorecensione — 06/09/2011 at 22:48

Un grido di dolore squarcia l’ignoto. Maurizio Lupinelli rilegge l’Antigone

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Sono squarci che provengono dalle tenebre, quelle più fosche, appartenenti all’ignoto universo dell’essere umano, capace di far soffrire e di togliere la vita ai propri simili. L’ignoto che convive dentro di noi, capace di materializzarsi quando il dolore risale la china, ed esce come fiotti di sangue da una ferita mortale. Squarci dall’ignoto, è l’ultimo impegno di Maurizio Lupinelli e Sabrina Lupinelli per Nerval Teatro, da sempre impegnato a sondare nei meandri della psiche umana, nel tentativo di captare significati e misteri universali, labirinti dove si celano storie di sofferenza, solitudine, amore. Come nella tragedia di Antigone che trafuga e seppellisce di nascosto il fratello, ucciso perché oppositore del regime. Un Antigone tratto dal dramma di Sofocle, un altro più recente, l’Antigone di Berlino scritto da Rolf Hochhuth, chiude la trilogia drammaturgica, scelta da Lupinelli, con le liriche tratte da Lettere dall’ignoto di Loretta Menegon. Anche qui si narra della tragedia dove una madre piange il figlio morto in guerra e dato per disperso. Una tragedia che si declina su tre fronti: la tragedia greca classica, una lirica composta da una poetessa, e la prosa divisa tra letteratura e documento storico. Un tentativo di far combaciare in un unico corpus vivendi, tre opere diverse tra loro, per genesi stilistica ed enunciazione.

Squarci drammatici, poetici, lirici, intensi quanto terribili. “Il destino è segnato.. le nubi sono senza ombra… “esclama la donna che appare dal buio in scena, una figura evanescente. Indossa una veste bianca simile ad un sudario, al lenzuolo che pietosamente ricopre una salma. Lei è Elisa Pol, capace di apparire dal nero, metafora di un baratro dove non esiste fine, emergere lentamente da un dolore che si fa lamento, declamare sommessa parole distillate come gocce di un liquido incandescente . Brucia sulla pelle, brucia nell’anima di chi ascolta. Il suo viso si rischiara a tratti da una lampada, una sirena ulula ad intermittenza il lugubre richiamo a proteggersi dal nemico. Quel nemico che ha ucciso e impedisce una cristiana sepoltura del corpo della vittima. Suoni metafisici come tutta la scena scarna e spoglia disegnata da Alessandra Ferrari.

Il corpo del fratello di una donna, come Anne, la protagonista dell’Antigone berlinese di Hochhuth (una storia ispirata a Rose Schlösinger, giustiziata nel 1943 nel carcere di Plötzensee), coraggiosa nel suo gesto disperato di evitare lo scempio (i corpi dei traditori venivano inviati all’Istituto di Anatomia), a costo di perdere la sua di vita. I cosiddetti “traditori” venivano utilizzati per esperimenti e autopsie, uno scopo per nulla comprovato da evidenze scientifiche necessarie. Pratica ben diffusa tra i nazisti, che le praticavano sui corpi degli ebrei, deceduti nel campi di concentramento.

In Squarci dall’ignoto, Elisa Pol è Anne e anche una madre che piange il figlio morto, a cui si rifà prendendo a prestito le liriche di Loretta Menegon, poetessa di Montebelluna.

La Morte attraversa la scena scarna, funerea, dove gli squarci dell’ignoto, sono sottratti al buio da una luce sono di una bellezza senza pari, merito del bel disegno luci di Giacomo Gorin. Luci spettrali, evocative, magiche nella loro crudele impotenza di fronte alla Morte che si materializza e non lascia scampo.

La regia di Maurizio Lupinelli e la riscrittura di Sabrina Lupinelli, con questo lavoro rischiano molto sul piano drammaturgico. Ci porta su diversi piani di lettura: da una parte le vittime impotenti, la collettività, l’uomo indifeso, le vittime inermi e colpevoli di accettare il giogo del potere che governa. Uno scollamento a cui è difficile porre rimedio. E la figura di madre diventa l’unica forma di testimonianza civile e morale, decisa ad impedire che si compia l’ennesimo orrore sul corpo di un figlio/fratello. I nostri figli e i nostri fratelli. Va riconosciuto il coraggio di affrontare tematiche così cariche di tensione, per nulla facili da assemblare. La sua è una drammaturgia che fonde materiali come fossero metalli diversi, in un crogiolo, e voglia ricavarne una lega ben temprata e solida. Il risultato complessivo è però frammentato. Tolta la creazione scenica, la bravura consolidata di Elisa Pol, la presenza scenica di Matteo Pol, un corpo che si trasforma a seconda dei registri drammatici, efficace come icona visiva, il testo soffre di una scarsa omogeneità complessiva. Si colgono spunti interessanti, ma di difficile linearità progressiva e sequenziale. A tratti si percepisce la sensazione di una certa ripetitività, come se alcuni passaggi drammaturgici – testo parola – recitata, si ripetessero, affaticando la comprensione. Una revisione della scrittura gioverebbe di sicuro all’economia dell’intero progetto, meritevole di una diffusione tra le nuove generazioni, stimolo ad un riconoscimento di un maggiore impegno morale, etico. Antigone è tra di noi. Le vittime innocenti delle guerre fratricide che si stanno combattendo gridano come quella madre alla ricerca del corpo del figlio.

 

Sguardi dall’ignoto

di Maurizio e Sabrina Lupinelli

con Elisa e Matteo Pol

Produzione Comune di Montebelluna, Assessorato alla Cultura, Nerval Teatro.

Visto al B.Motion di Bassano del Grappa il 29 agosto 2011

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