azioni performative, Teatro — 04/06/2015 at 18:37

Nella casa c’è un pino che brucia. E tutti gridano: “Al lupo, al lupo!”

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CAPANNORI (Lucca) – Premessa. La Tenuta dello Scompiglio è uno spazio di per sé magico. Risalire a piedi una delle sue colline; sedersi su un piccolo altopiano circondato da pini – le cui cime ondeggiano al vento; ascoltare il canto degli uccelli che inonda la pace dei luoghi è uno spettacolo naturale che abbisogna di ben poco altro per far godere lo spettatore. Persino una musica – che rimanda al tema di Twin Peeks e alle sonorità pianistiche di Amore criminale – a pregnare l’aria, poche suggestioni visive e qualche interscambio tra i performer e il pubblico basterebbe a centrare l’obiettivo: abitare il bosco, per un’ora o poco più, vivendolo con la stessa intensità dei nostri antenati, in un rito ancestrale che si rinnova, era dopo era, fino alla fine dell’umanità. Terminata la premessa, veniamo alla performance. Dopo la piacevole scarpinata in collina, seduti su un pianoro si ascoltano alcune frasi tratte da un racconto di Gershom Scholem (storico e filosofo sionista, professore di misticismo ebraico) che, nella loro pretenziosità da apologo pedagogico, dovrebbero indicarci una via maestra per un ritorno alla natura o a un’innocenza primitiva di matrice roussoiana, mentre ci rimandano – al contrario – al commento dei sempreverdi Cahiers du cinéma riguardo all’autore de La grande bellezza e Youth: “Sorrentino sta al cinema come Rondò Veneziano sta alla musica”.

Nella casa c'è un pino che brucia di Leonardo Delogu (foto Fabio Artese)
Nella casa c’è un pino che brucia di Leonardo Delogu (foto Fabio Artese)

Di seguito si assiste a una serie di scene di violenza, montate come piani sequenza, che si svolgono anche contemporaneamente nel bosco, a pochi metri o a grande distanza dalle  sedie – lasciando, come in Quarto Potere di Orson Welles, la piena libertà all’occhio dello spettatore di osservare un accadimento piuttosto che un altro. Le stesse scene, montate chiaramente in stile Short Cuts, con un overlapping che nulla toglie allo spettatore perché i dialoghi sono ridotti all’osso e spesso pronunciati a così grande distanza che le voci si perdono, ci conducono – prima con lentezza quasi esasperante e poi in una frenesia da slapstick – nella voragine della perdita di sé della società contemporanea.

(foto di Fabio Artese)
(foto di Fabio Artese)

Molte idee, anche se, ormai, dopo Ricci/Forte e Marina Abramović, il teatro potrebbe anche fermarsi e ricominciare a pensarsi, invece di procedere sulla china dei nudi, delle violenze dal vivo e delle funzioni corporali espletate direttamente in scena. Sebbene con cadute di gusto e di senso che non convincono – anzi, infastidiscono – come lo stupro del boy scout a opera di un ragazzo, mentre la vittima grida un epiteto chiaramente omofobico (una delle poche parole che si sente bene durante lo spettacolo, insieme a “coglione” e “amore”) che parifica stupro, pedofilia e omosessualità, in un Paese dove il referendum irlandese sembra una chimera e una fetta della popolazione non gode dei diritti basilari – dal matrimonio all’adozione, passando per la reversibilità pensionistica e il diritto di successione – come succedeva ai neri in Sudafrica durante l’Apartheid o a quelli statunitensi in regime di segregazione razziale. Ma, si sa, i diritti civili sono “etici”, in Italia – ovvero, in un Paese che si definisce “laico”.

foto di Fabio Artese
foto di Fabio Artese

Complimenti quindi alle idee e alla location. Restano, al contrario, molti dubbi sui risultati e un fastidio sempre più crescente verso nudità e violenza, che lo spettatore si vede sbattute in faccia dalla televisione e dal cinema, dai mezzi d’informazione e dal teatro, con un autocompiacimento che nulla aggiunge al contenuto e spesso fagocita negativamente il contenitore.

Visto nella Tenuta dello Scompiglio a Capannori (Lucca), lunedì 1 giugno 2015

Leonardo Delogu / DOM
Nella casa c’è un pino che brucia
ideato e diretto da Leonardo Delogu
con Hélène Gautier, Simone Evangelisti, Sara Leghissa, Elena Cleonice Fecit, Daria Menichetti, Francesco Michele Laterza, Giovanni Marocco e Mael Veisse
una produzione dell’Associazione Culturale Dello Scompiglio

 

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