Teatro, Teatrorecensione — 04/06/2012 at 22:44

Exit o la normalità di una coppia qualunque che si lascia e si riprende

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Tra i più prolifici autori di teatro, Fausto Paravidino ha saputo crearsi uno suo stile personale come drammaturgo, ancor prima di essere regista dei suoi testi, e in alcuni casi anche attore. Tra le sue opere più significative figurano Gabriele, una storia ambientata nella cucina di una casa romana dove vivono cinque attori. Due fratelli – tragedia da camera in 53 giorni (prodotto dal Teatro Stabile di Bolzano) che descrive una relazione a tre: due giovani e una ragazza, legati insieme da un rapporto triangolare. Un testo che gli è valso il Premio Tondelli nel 1999 e il Premio Ubu come miglior novità drammaturgica italiana nel 2001.

 

 

La malattia della famiglia M risale al 2000 e allude al disagio esistenziale di una famiglia allo sbando che vive in un piccolo centro di provincia. Il Teatro Stabile di Bolzano la mette in scena per la prima volta in Italia. Il riconoscimento internazionale  arriva dalla Comedie Française di Parigi, il teatro nazionale di Francia, una delle istituzioni più prestigiose d’Europa, dove Paravidino è stato chiamato a dirigere il suo testo. Il successo prosegue anche con Natura morta in un fosso nel 2004 vince il Premio Gassman, votato dal pubblico italiano come miglior testo teatrale. Una vicenda noir complicata dove gli ingredienti sono un omicidio, la droga e la prostituzione di una ragazza di buona famiglia. L’eco del suo talento arriva fino a Londra, con Peanuts-Noccioline e Genova 01, entrambi commissionati dal Royal Court Theatre nel 2001.

Senza contare quanto fatto al cinema, televisione e radio, Paravidino ha un rapporto di collaborazione privilegiato che si è venuto a creare nel corso della sua carriera -tutta in ascesa – con il Teatro Stabile di Bolzano e la sua ultima creazione Exit, è una commissione voluta dal direttore artistico Marco Bernardi, ultimo titolo che ha chiuso la stagione 2011-2012. Una storia di coppia come ce ne sono tante. L’autore la descrive così: «C’è un uomo che legge, una donna che lo guarda e che dopo un po’ gli chiede cosa legge o qualcosa del genere. Si scopre che sono una coppia e che c’è qualcosa che non va. Da lì in poi è tutto diverso. La loro storia non funziona più e allora quei due cercano se stessi fuori di casa, così facciamo la conoscenza con altri due personaggi. Alla fine ci sarà la resa dei conti non nel senso di vendette, nel senso drammaturgico, i conti devono tornare, quello che è stati seminato si deve raccogliere (…). »

Tutto ruota intorno a discussioni più o meno banali quanto possano esserlo se si parla di politica, il desiderio di avere o no dei figli, il sesso, i sentimenti di gelosia, i calzini come regalo di compleanno che non piacciono. Niente di nuovo sotto il sole. C’ è l’alcol del vino che di fatto suscita un momentaneo desiderio erotico nell’uomo per la sua donna, in un rapporto logorato dalla quotidianità e forse anche dalla noia di un vivere borghese e conformista.

Lui A è un uomo  che viene rappresentato come un uomo mediocre tendenzialmente maschilista sposato con B una donna alla quale non da più attenzioni, preferendo leggere il giornale. Basta poco per far saltare la fragile armonia di una coppia qualunque. E soprattutto nessuno dei due si mette in discussione per primo, nel tentativo di ristabilire un dialogo che permetta di superare le incomprensioni che hanno minato il loro rapporto. La nostalgia per i bei tempi felici riemerge quando è la tristezza a segnare il goal di una partita a scacchi. Non c’è altra scelta che separarsi. La prima parte è quella degli “Affari interni”, l’equivalente del detto: “i panni sporchi vanno lavati in famiglia”, solo che in Exit non esistono segreti per cui tanto vale coinvolgere il pubblico e farlo partecipare.

I conflitti matrimoniali vengono così -si fa per dire – estesi alla platea. Nicola Pannelli nel ruolo del marito si rivolge spesso a chi lo sta ad ascoltare seduto comodamente nelle poltroncine del Teatro Studio, con le sue sagaci battute che hanno lo scopo di ridicolizzare la vita coniugale. Non è certo una novità a teatro, quella di fare “entrare” in scena il pubblico, tant’è che piace e gli spettatori approvano. Seguono gli “Affari esteri” dove si assiste alla vita da single di ognuno di loro, in una commistione di scene e dialoghi dove i due si incontrano con altri due. Sara Bertelà è la moglie che si vede con D  un altro uomo (Davide Lorino) a cui piacciono i gelati, e siccome anche lei ha un debole per creme e sorbetti, il gioco è fatto.

Il marito invece li odia i gelati, vuole ringiovanire e si invaghisce di  C una giovane studentessa universitaria, (Angelica Leo) Sono le conseguenze della dinamica di una coppia “scoppiata”, trama che francamente risulta un tantino fragile, ma l’autore sembra dirci che l’amore finisce spesso per futili motivi, ed è vero se ci pensa. La storia va avanti e si arriva al terzo quadro: “In Europa” dove ciò che accade tra l’ex coppia e i rispettivi “amanti” è una specie di partita a quattro, in cui si mescolano dialoghi, azioni e intrusioni che rimescolano le carte del gioco. È risaputo che dove l’amore non arriva, ci pensa la gelosia a scaldare gli animi. Prima ci si confessa le reciproche debolezze pseudo sentimentali e poi si fa un bilancio della propria vita per verificare se c’è ancora qualcosa di buono da salvare.

E alla fine sembra che tutto finisca in un “vissero felici e contenti”. Exit luminoso e fosforescente dalle scritte lampeggianti che scandisce la storia (le scene colorate e accattivanti sono di Laura Benzi), dove sembra tutto così reale ma allo stesso tempo un po’ onirico. L’idea di movimentare l’azione degli attori con i cambi di scena a vista è sia funzionale che drammaturgica, dove i tecnici di palcoscenico entrano filati dentro la trama e interagiscono con ciò che accade. Una specie di teatro nel teatro dove vengono abolite le finzioni e i trucchi. Qui la regia di Paravidino realizza la giusta dimensione e  la recitazione degli attori è confacente allo stile e alle atmosfere anche surreali, che aleggiano tra le pieghe di una vicenda dal ritmo veloce  e capace di offrire momenti di umorismo godibile.

Sono tutti e quattro bravi nel dare vita ai loro personaggi: Nicola Pannelli ha una sua presenza scenica autorevole, Sara Bertelà è una donna nevrotica in cerca di un suo riscatto e anche Angelica Leo e Davide Lorino sono dei comprimari all’altezza. Quello che alla fine non è così convincente è il testo stesso. Risulta essere poco incisivo nel suo scandagliare a fondo le dinamiche esistenziali (ma forse è una scelta consapevole da parte dell’autore) , dove si ha la percezione che non si sia voluto approfondire meglio le dinamiche stesse tra moglie e marito,e poi in successione nelle relazioni extra coniugali. Perché non scavare di più nelle relazioni tra un uomo che si prende una infatuazione per una ragazza che potrebbe essere sua figlia? C’era dell’ottima materia per trovare mille contraddizioni alla base di un rapporto così. Vivisezionare di più quel tanto che bastava a non darne una versione a tratti troppo scontata e banale.  Lo stesso dicasi anche per la moglie che in fin dei conti si accontenta di un gelato per colmare un vuoto affettivo e quant’altro serva per sentirsi amata e desiderata. Non è il Paravidino che scava nell’animo umano senza sconti, così come visto nei suoi lavori precedenti. Forse ci vuole dire che la vita è meglio prenderla con maggiore leggerezza? Ai posteri l’ardua sentenza

Exit

novità e regia di Fausto Paravidino

scene di Laura Benzi

costumi di Sandra Cardini

luci di Lorenzo Carlucci

musiche di di Giorgio Mirto

A, un uomo Nicola Pannelli

B, sua moglie Sara Bertelà

C, una giovane donna Angelica Leo

D, un altro uomo Davide Lorino

 

Visto al Teatro Studio di Bolzano il 24 maggio 2012

 

 

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