Teatro, Teatrorecensione — 04/02/2016 at 23:16

Il senso del recitare come prova della loro esistenza

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PONTEDERA  (Pisa) –  La programmazione del Teatro della Toscana, il nuovo Teatro Nazionale nato dalla recente riforma dello spettacolo che ha sancito la partnership fra il fiorentino Teatro della Pergola e CSRT Pontedera Teatro, oltre a classici ed evergreen, ha in cartellone alcuni titoli assai coraggiosi. Uno fra questi è di sicuro Recita dell’attore Vecchiatto nel teatro di Rio Saliceto. Partiamo dal contest: un teatro di provincia-due gli attori Claudio Morganti (Attilio Vecchiatto) ed Elena Bucci (la moglie e attrice Carlotta); due leggii con partitura. Si tratta di una semplice lettura scenica? Forse.Il dubbio nasce però immediatamente dal fatto che siamo accolti nella sala piccola del Teatro Era con tavolini dove ci si può accomodare e semplicemente, come in balera od osteria, gustare un bicchiere di vino e dato che è inverno, sbucciare assaporandoli dei mandarini.

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La coppia nella mise en espace, nella narrazione perfettamente complice dei due Vecchiatto, Attilio e Carlotta, anche coppia nella vita, entrambi attori, entrambi con storie di storie da raccontare a intreccio, in palcoscenico ed in recite letterarie da Shakespeare a Leopardi a sonetti autografi, un groviglio di esistenze vissute, quelle fra i due in un mix fra teatro e autobiografie. Di qua e di là dall’oceano perché Vecchiatto, che si comprende essere attore di rango un po’ sbruffone un po’ intellettuale a fine carriera, mica è un attore improvvisato: lui ha lavorato con Laurence Olivier ed è stato in tournée partito da Venezia per le Americhe, recitando a New York fino a Buenos Aires. Un attore di successo, insomma. Poi, pian piano che si dipana la matassa e forse, il pre-testo che è letterario ma anche e soprattutto teatrale, si incomincia a entrare nella vis tragi-comica del lavoro. A chi si rivolgono i due malcapitati? E di chi e cosa raccontano i due, evidentemente spaesati ma soprattutto a chi? Perché il dialogo fra loro è un moto continuo, un rimpallo, in cui il privato di una coppia agée e comunque assai affiatata di attori si mescola e rimbalza con la loro vita pubblica, teatrale e privata nel passato e nell’hic et nunc.

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A chi raccontano la propria storia questi due individui e se a Teatro, ammesso che in un teatro stiano recitando, se non c’è un pubblico? Perché è così: nel plot narrativo-drammaturgico davanti al folto pubblico, in realtà è ad un’unica persona, occasionale, che i due attori si rivolgono. Per associazione ricordano un po’ l’equivalente paradossale di un insegnante che senza almeno un allievo rischia che la classe chiuda, così come il maestro che avrà destino di disoccupato. Perché i due attori si rendono che non c’è nessuno, tranne una signora grassa colla sporta della spesa che forse passa di là, per caso, mentre ogni tanto qualcun’altro si appalesa, per poi sparire. E quindi la recita è con e fra se stessi, una beffarda situazione esistenziale dove non resta che svelare le carte del proprio individuale e reciproco cammino. Professionale e di coppia.  Si parte da un copione per il teatro dello scrittore Gianni Celati, dal cui testo, pubblicato da Feltrinelli nel 1996, si evince la drammaturgia della Recita di Vecchiatto. Si parla di meta-teatro, del senso e soprattutto non senso del fare teatro e per ellissi del ragionare sui meccanismi consci e inconsci di chi sceglie di diventare attore-attrice e dedicare, e un po’ immolare, la propria intera vita all’arte del palcoscenico. Soltanto una macchina affabulatoria raffinata e una tecnica attoriale immensa unita ad un affiatamento prodigioso dei due attori Claudio Morganti ed Elena Bucci avrebbero potuto restituire in sintonia divertente e insieme profonda una complessa e plurisemantica struttura testuale creata da Celati, che riesce a dare affondo nella stesura del suo testo, in universi storico – sociologici coraggiosi rispetto al nostro Paese sul mestiere dell’attore ma non solo, sull’affacciarsi politico esistenziale che vede i cambiamenti della società fuori dai teatri, solo apparentemente lontani dalla specificità del palcoscenico.

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Ma non certo lontani da una pratica di riflessione e denuncia anche tagliente; quale quello che da sempre è stato il percorso artistico di Claudio Morganti come di Elena Bucci. Metafora di un fare Teatro come lente dì ingrandimento di una società, quella italiana dove l’intellettuale ha dovuto e deve (dovrebbe), fare ancora i conti con l’imborghesimento selvaggio privo di scrupoli e l’impoverimento complessivo della cultura nell’irriconoscimento e anche disconoscimento della propria Storia, quella delle proprie radici.

Recita dell’attore Vecchiatto nel teatro di Rio Saliceto
Testo di Gianni Celati
Con Claudio Morganti e Elena Bucci
Visto a Pontedera, Teatro Era di Pontedera il 29 gennaio 2016

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