Teatro, Teatrorecensione — 02/01/2016 at 08:51

Un uomo capace di scalare ogni vetta “In capo al mondo”

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«Io credo che la nitidezza che c’è in alta quota chiunque è andato in montagna l’ha ben presente, quanto tu vedi che il profilo della roccia e il cielo azzurro dietro sono smaglianti e inequivocabili. Ecco, quella nitidezza è quello che lascia Walter. È bello perché è luce». Michele Serra, Sfide: Walter Bonatti – Al di là delle nuvole (You Tube 15 agosto 2014)

Walter Bonatti, “Il Re delle Alpi”, Bergamo, 22 giugno 1930 – Roma, 13 settembre 2011), alpinista esploratore e giornalista. Nome leggendario dell’alpinismo mondiale fu anche inviato esploratore del settimanale Epoca per la Mondadori nelle regioni più impervie del mondo.

TRENTO – Qualunque sia la verità storica, l’avventura della scalata del K 2, resta una delle imprese più celebri dell’alpinismo mondiale, in grado di ispirare film, romanzi, articoli e anche lo spettacolo teatrale: “In capo al mondo” di Luca Radaelli e Federico Bario. Risale al 1954 quando una spedizione italiana guidata da Ardito Desio, composta da Achille Compagnoni, Lino Lacedelli e un giovane di soli 24 anni: Walter Bonatti. Questi è il protagonista di una vicenda che fece discutere per anni, diventando un caso nazionale che divise l’opinione pubblica. Il 30 luglio del 1954 Bonatti scese dall’ottavo al settimo campo per prelevare le bombole d’ossigeno e riportarle ai compagni di cordata, con i quali poi il giorno dopo avrebbero intrapreso l’ultima parte dell’ascesa. Insieme a Amir Mahdi ritorna al campo superiore ma non troverà Lacedelli e Compagnoni, che ne frattempo si erano spostati più in alto. Una notte trascorsa all’aperto con una temperatura di meno 50 gradi, l’impossibilità di raggiungere la tenda degli altri due componenti della spedizione, costringeranno Bonatti e Mahdi a ridiscendere la mattina seguente. Mahdi subirà l’amputazione di alcune dita delle mani e piedi. Il capo della spedizione Ardito Desio si rifiuterà sempre di stabilire cosa era realmente accaduto avvalorando la versione ufficiale dell’impresa. Bonatti vincolato da un contratto non potrà rilasciare interviste per due anni e solo nel 1961 potrà pubblicare il libro “Le mie montagne”.

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La delusione di essere stato lasciato dai compagni lo accompagnerà per tutta la vita e solo nel 1961 l’alpinista di Bergamo potrà raccontare la sua versione dei fatti. La versione di quanto realmente accaduto viene messo in discussione in un articolo della Gazzetta del Popolo nel 1954, e lo stesso Bonatti denuncerà per diffamazione il giornalista. La causa viene dall’alpinista che otterrà giustizia, ma la sua volontà di farsi riconoscere la verità lo farà proseguire nel rivendicare il suo impegno per aver contribuito al successo della conquista. Seguono anni di inchieste e perizie per accertare la verità, fino al 2004, quando il CAI dichiara definitiva e ufficiale la ricostruzione dei fatti avvenuti, con la pubblicazione nel 2007 della relazione che era stata commissionata a Fosco Maraini, Alberto Monticone e Luigi Zanzi, inclusa nel libro K2. Una storia finita. Viene avvalorata in molti punti la versione fornita da Bonatti. Anche la Società Geografica Italiana nel 2008 stabilisce la chiusura definitiva della vicenda con un incontro a Roma alla presenza di di Annibale Salsa (presidente del Cai), Franco Salvatori (presidente della SGI), Claudio Smiraglia (presdente del Comitato Glaciologico Italiano, allievo di Ardito Desio), Agostino Da Polenza (organizzatore della spedizione al K2 del cinquantenario) e Roberto Mantovani, (storico della montagna).

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Lo stesso Bonatti dicharerà: «A cinquantatré anni dalla conquista del K2, sono state finalmente ripudiate le falsità e le scorrettezze contenute nei punti cruciali della versione ufficiale del capospedizione Ardito Desio. Si è così ristabilità in tutta la sua totalità, la vera storia dell’accaduto in quell’impresa nei giorni della vittoria. Si è dato completa verità e dovuta dignità al grande successo italiano, un’affermazione che ha saputo risvegliare, dopo gli anni bui, il vanto e l’orgoglio di tutti noi». Per tutta la sua carriera successiva alla spedizione del 1954, Walter Bonatti si cimentò in imprese alpinistiche sulle cime di tutto il mondo. L’impresa più ardua e difficile fu certamente quella di essere riconosciuto sincero e leale nella conquista del K2, al di là della riuscita fisica e mentale, ottenendo il meritato riconoscimento per essere stato in grado di far arrivare i compagni alla vetta. La sua storia è diventata anche materia per un spettacolo teatrale recitato da Luca Radaelli e autore insieme a Federico Bario, della drammaturgia dal titolo In capo al mondo. Il protagonista del monologo che racconta con il dono della sintesi, avvincente e capace di suggestionare con il solo uso delle parole, spiega che l’incontro con Bonatti, “è avvenuto, non a caso, in un teatro dove si svolgeva una manifestazione a lui dedicata. Incontravo un eroe del nostro tempo. Ma cosè un eroe? Chi conduce una vita esemplare , e quale vita è più esemplare di quella di Bonatti? Ma dietro ogni vita ci sono mille contraddizioni, così ho voluto scavare per capire, Per trovare l’uomo, come avrebbe detto lui”.

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L’attore cattura l’attenzione del pubblico ricostruendo le tappe salienti di una storia umana dal significato profondo. La sfida contro le ostilità della montagna, i rischi e i pericoli per la vita stessa; l’intraprendenza nel voler vincere a tutti i costi conscio di poter sacrificare se stesso e gli altri compagni che lo seguivano. Scalare per Bonatti era una ragion d’essere, un modo per rivendicare la sua esistenza terrena. Solo in cima a vette inviolate poteve trovare la pace interiore. Radaelli sembra fornire una cronaca degli avvenimenti vissuti in contempoaranea, racconta le scalate del Dru, del Cervino (scalata per primo nel 1965 che li valse la Medaglia d’Oro della Presidenza) a soli 35 anni e fu anche l’ultima impresa prima di rititarsi dall’alpinismo estremo. La tragedia del Monte Bianco dove persero la vita quattro compagni di cordata.  Un’epopea ricca di colpi si scena rivissuti attraverso l’enfasi della declamazione che viene esaltata da un gioco di luci e suoni, e corredato da immagini d’epoca di rarefatta bellezza, proiettate su un muro composto da scataloni di cartone, quasi una metafora rappresentante una parete di roccia inviolata, che una volta smontati e ricollocati segnano la conquista ottenuta.

Ne esce una rappresentazione veritiera, senza accenni retorici o trionfali capace di raccontare le gesta di un uomo così carismatico nel cercare sempre nuove conquiste. In capo al mondo restituisce la possibilità di raccontare al cuore delle persone, una delle imprese più leggendarie del mondo.  Le scalate, i successi internazionali e le sconfitte, e infine, il passaggio dall’esplorazione in verticale a quella in orizzontale. La celebrità, l’amore, la morte. In poco più di un’ora è stata ripercorsa la vita di un uomo in cui molti di noi si vorrebbero identificarsi. Non è una semplice narrazione quella che racconta Luca Radaelli, accompagnato alla chitarra da Maurizio Aliffi; quanto una rievocazione di sentimenti dolorosi che furono sempre motivo per Bonatti, come delle ferite da rimarginare. Ne viene fuori un ritratto inedito dell’alpinista reso con la bravura di chi lo ha studiato e non ha voluto cadere nella tentazione di interpretarlo ma di rispettarne la sua figura, rendendo omaggio all’amore per la montagna, al suo spessore umano e sportivo, caratterizzandolo con delle sfumature inedite. Ripercorre la sua vita con un senso del rispetto che lo fa rivivere senza alterarne l’essenza: il suo rapporto esclusivo con l’avventura. Il Teatro Invito restituisce con sobrietà e misura una delle pagine più controverse e dolorose dell’alpinismo italiano e ci restituisce la possibilità di ricordare Walter Bonatti per un uomo che sapeva scalare soprattutto la dignità e l’orgoglio di aver conquistato con fierezza le cime in capo al mondo.

In capo al mondo

di Federico Bario e Luca Radaelli

con Luca Radaellialla chitarra Maurizio Aliffi

immagini a cura di Paola Nessi

progetto luci e tecnica Michele Napione e Marco Mantella

videoinstallazione Daniele Lorenzo Fumagalli

organizzazione Elena Scolari

con la collaborazione di Rossana Podestà

produzione Teatro Invito

con il patrocinio di CAI Lecco

e il sostegno di Regione Lombardia per il Progetto NEXT

 

Visto a Trento al Teatro Portland il 27 novembre 2015

 

 

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