Co-Scienze, Culture, Medicina — 27/09/2021 at 18:20

Alberto Degiorgis: “l’importanza della relazione per impedire di non essere accuditi”.

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RUMOR(S)CENA – MASETTO DI TERRAGNOLO (Trento) – Quando l’incontro diventa anche conoscenza e comunanza d’intenti, l’occasione merita di essere divulgata e condivisa. Si parla di relazione in tempi in cui è diventato difficile mantenere rapporti di vicinanza, colleganza, amicale e anche professionale, specie per chi deve curare e seguire persone in stato di sofferenza. Alberto Degiorgis è un medico psichiatra e psicoterapeuta che ha lavorato nell’ambito della malattia psichica e nel servizio per le dipendenze del comprensorio di Bolzano e coordinatore dell’ Ambulatorio clinico. La sua esperienza durante il periodo di pandemia con i conseguenti divieti di uscire e frequentare luoghi pubblici e mantenere le abituali relazioni, lo ha fatto riflettere e la testimonianza riportata durante l’incontro a Masetto di Terragnolo (in provincia di Trento) nell’ambito de “Il Maggese’.Corpi e comunità: L’esperienza del distanziamento sociale sulle relazioni comunitarie”, ha spiegato come svolgeva la sua delicata funzione di psichiatra con i pazienti, dell’importanza di una cura non solo vista come somministrazione di farmaci, di una medicina capace di ascoltare il malato. Cosa ci eravamo dimenticati e cosa COVID ci ha costretti a ricordare, di scomodo, ma anche di utile. Quanto ci sta facendo vedere il Covid-19 di tutti noi.

Il dottor Alberto Degiorgis Masetto di Terragnolo (foto di Daniele Filosi)

Presentato da Federica Mattarei psicologa e psicoterapeuta, Alberto Degiorgis ha spiegato come sia stato grave recidere i legami tra persone: «Non poter avere relazioni, anche di tipo fisico, ci ricollegano alle migliaia e centinaia di generazioni precedenti. Pensavamo di poter stare meglio dopo aver superato la pandemia mentre non è andata così come speravamo. Inizialmente la medicina non era in grado di diagnosticare esattamente le conseguenze del virus. Ci siamo trovati impreparati mentre le generazioni precedenti ci tenevano di più alle relazioni: è la cosa più importante e quella che dovremmo imparare tutta la vita a gestire. I nostri nonni non sapevano come fosse il loro domani e le religioni, prima di diventare scatole di potere erano fonti di accudimento.

Avevamo bisogno di qualcosa che ci accudisse. Durante il lockdown si sono manifestati comportamenti di cui non eravamo abituati a vivere e come dice Gabriel García Márquez è importante quello che possiamo raccontare e non la vita che abbiamo vissuto ». L’impatto sul distanziamento sociale e l’isolamento ha inciso profondamente sui rapporti interpersonali e creato molte forme di disagio acuite dalla solitudine esistenziale e dalla privazioni di esperienze di aggregazione sociale.

Il dottor Degiorgis racconta anche di aver conosciuto su di sé la discriminazione. Ho dovuto imparare da bambino come capire il non verbale e distinguere tra uno che poteva essere pericoloso e uno invece che mi poteva offrire sostegno. Non bisogna vivere con la ferita ma ricavare da quello che possiamo imparare grazie a quanto abbiamo vissuto. I miei pazienti mi hanno aiutato a capire come si impara a vivere. La relazione con loro è stata profonda. Aver vissuto due lockdown come operatore della sanità, specie in psichiatria, e svolgere il proprio lavoro solo al telefono, mi ha fatto decidere un’alternativa e ho iniziato a dare gli appuntamenti sulle passeggiate del torrente Talvera a Bolzano per incontrarli all’aperto. Entrare in ambulatorio è come entrare in chiesa mi spiegavano i pazienti e noi sprechiamo la creatività.

Il dottor Alberto Degiorgis Masetto di Terragnolo (foto di Daniele Filosi)

Normalizzare la relazione per accudire ed essere accuditi è la stessa cosa. Dobbiamo continuare a vivere la sensazione di accudire perché è profondamente connaturato con l’essere umano. Le mamme che accudiscono i loro bambini lo sanno bene. Lo impariamo da piccoli quando dipendiamo totalmente fa chi ci è vicino (abitualmente è la mamma) e anche per gli animali è la stessa cosa e impariamo dalle espressioni mimiche prima di imparare dalle parole». Lo psichiatra cita anche la teoria dell’attaccamento (termine che sta a significare in psicologia lo studio sullo sviluppo e l’infanzia in relazione ai legami con chi ha la funzione di accudimento).

«Impariamo a capire di chi ci fidiamo e di chi no e questa paura la si può trovare in tutte le patologie. Io non ho mai avuto paura dei pazienti e la solitudine del Covid è parente della paura. Ecco perché l’alcolismo e le sostanze che creano dipendenza non danno problemi come la paura che si prova con gli esseri umani: ci danno rassicurazione, consolazione – prosegue il dottor Degiorgis – e la relazione con i pazienti in cura al servizio dipendenze è l’unica cosa che da stabilità. Bisogna investire nella relazione perché con loro è sinonimo di affidabilità e se sei onesto devi essere affidabile e se spieghi che non sei capace è la base per iniziare bene. Il punto critico è quello della somministrazione dei farmaci, quando usi le medicine per modificare gli atteggiamenti mentali che è la finalità delle grosse case farmaceutiche. Le pratiche psicologiche vengono abbandonate. Negli Stati Uniti si spende il triplo in pubblicità per i farmaci rispetto alla ricerca. Il farmaco è diventato lo strumento d’elezione per tutti i problemi psichici e psichiatrici.

I medici psichiatri sono diventati manovalanza testistica, normale cosa che decide la malattia attraverso il DSM (Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali,  derivante dall’originario titolo dell’edizione statunitense Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, tra i più utilizzati dagli psichiatri  di tutto il mondo), una vergogna per un medico sul piano etico e psicologico perché il livello di diagnostica è aumentato da far paura. Alla fine dell’Ottocento la medicina ha fatto tanti e tali progressi che non c’è più nessuno di sano. La psichiatria dovrebbe avere più libertà d’azione e avere campi e luoghi aperti. È fondamentale il contesto in cui si opera e la relazione che si viene a creare. Tu ti senti forte nel tuo contesto mentre fuori no, come accade al medico quando detiene il suo potere. Gli incontri dal vivo sono esperienze di relazione che ti cambiano l’idea dei pazienti oltre che dei famigliari».

Il dottor Degiorgis affronta anche il problema dell’accertamento sanitario obbligatorio che viene richiesto da un medico nei confronti di una persona quando si ha la percezione fondata di un malessere/disagio psichico e necessiti di un intervento terapeutico: «Non si presta più attenzione agli accertamenti sanitari obbligatori anche se la legge del 1978 era avanzata mentre ora è diventata una forma di ricatto. Il medico quando prescrive il farmaco al paziente che deve accettare altrimenti lo fa ricoverare. (la legge Basaglia del 13 maggio 1978, n. 180 – “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori” che ha disposto la chiusura dei manicomi ha segnato una svolta nel mondo dell’assistenza ai pazienti psichiatrici, ndr). Un incontro che ha permesso di avvicinarsi tra terapeuta e cittadini, in ascolto profondo e instaurare una relazione significativa. La medicina inclusiva attenta alla persona e non solo alla malattia. Una visione culturale che scardina la visione distorta di chi medicalizza e la pandemia ha fatto emergere le sue contraddizioni latenti e irrisolte. Ascoltato in un luogo come il Masetto di Terragnolo nella calma della natura circostante.

Organizzato da Daniele Filosi per il minifestival Il Maggese

Masetto di Terragnolo

“Il ‘maggese’ è una pratica agricola che lascia un campo incolto per un anno perché esso possa rigenerarsi e tornare a essere fertile”

Il Masetto (Località Geroli) è un esercizio rurale con sede nella valle di Terragnolo, in Trentino. Aperto per la prima volta al pubblico nel 2016, è dotato di due aule studio nelle quali hanno luogo lezioni, incontri di approfondimento, mostre documentarie e di una foresteria che ospita fino a 18 persone. Ogni estate, cucina schietta, ospitalità rurale e un programma di workshop per adulti e bambini nel paesaggio di montagna.

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