ALTRITEATRI — 23/12/2021 at 10:10

Le logiche di potere di Harold Pinter nel Calapranzi

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RUMOR(S)CENA – ROMA – La drammaturgia di Harold Pinter, nella scelta di luoghi claustrofobici, minacciosi e oppressivi, è stata considerata dalla critica degli anni Cinquanta la rappresentazione di una società britannica chiusa nelle sue convinzioni. La sua prima messa in scena, The Birthday Play, nel 1958 ha ricevuto una sola recensione positiva da parte di Harold Hobson. Il suo teatro, definito da Esslin “Teatro dell’assurdo” subì l’influenza dello scrittore irlandese Samuel Beckett che con il suo Waiting for Godot (Aspettando Godot) ha rivoluzionato il teatro del secondo Novecento. Si tratta di testi complessi pur nella semplicità d’azione dei caratteri.

Il calapranzi (The Dumb Waiter) infatti è tra i testi più illogici dal punto di vista della trama. Ben e Gus sono due sicari che aspettano disposizioni dall’alto per il loro incarico di uccidere un uomo. In questa messinscena Ben è interpretato da Simone Colombari, e Gus da Claudio Gregori (“Greg” in Lillo&Greg). Due personalità differenti, uno il capo dell’altro che esegue gli ordini con non poche lagnanze. Il dialogo si trasforma in discussione semantica sull’uso linguistico di “accendere l’acqua” piuttosto che “metter su l’acqua” e da interrogativi simbolici sulla comparsa in scena di dodici fiammiferi a cui Pinter non fornisce una risposta esplicita. Potrebbe significare un semplice invito dell’autore a “darsi fuoco” piuttosto che vivere nella condizione di sudditi.
L’umorismo non verbale è dato dall’indifferenza di Ben e Gus nei confronti della loro missione, quella di uccidere. La loro apparente divisione dei poteri, pertanto, è messa al tappeto da una figura invisibile che li ha costretti ad aspettare in un monolocale seminterrato e totalmente sprovvisti di cibo.

Il teatro di Pinter è un dramma politico che mostra come l’individuo viene distrutto da un potere superiore. Gli agenti immorali di questa distruzione sono rappresentati dalla moralità individuale della politica britannica del periodo.

L’ambiente chiuso e ostile de Il calapranzi di Colombari e Greg è caratterizzato da una scenografia piena di oggetti ammassati e dismessi. Qualche elemento d’arredo coperto dal telo bianco e polveroso restituisce il senso di estraniamento dei due personaggi con il luogo in cui si trovano. Un enorme lampadario a destra sul proscenio, un terrificante orso grizzly, un quadro e qualche specchio, una radio, una branda e, centrale in fondo alla scena il cubo bianco del calapranzi. L’umorismo non verbale è dato anche dal gioco di luci incontrollato sugli oggetti che rafforza il senso di mistero e la presenza di una figura altra che vuole terrorizzarli. Il paradosso comico che tende all’assurdo è dato proprio dall’impossibilità dei due di controllare l’animazione degli oggetti e del calapranzi che invia loro degli ordini sotto forma di menu.

In queste non-azioni è riflessa l’incapacità dei due di affrontare l’ingiustizia ed affermare la loro individualità in un’atmosfera stantia e carica di tensione, che l’Accademia del Premio Nobel nel 2005 definisce il «precipizio sotto la banalità quotidiana (che) entra con forza nelle stanze chiuse dell’oppressione».

Nonostante la complessità del testo, Simone Colombari e Claudio Gregori “Greg” con la loro naturalezza recitativa sono riusciti a mantenere alta l’attenzione del pubblico.

Visto il 16 dicembre 2021 al Teatro della Garbatella di Roma.

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