Cinema — 22/02/2018 at 23:35

The Post, la parola è la civiltà

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RUMORSCENA- La libertà di stampa è uno strumento al servizio dei governati e non dei governanti” è la sentenza lapidaria e struggente che chiude The Post, l’ultimo film diretto da Steven Spielberg dedicato al caso storico e giornalistico dei Pentagon Papers, scoppiato nel 1971 a seguito della pubblicazione di uno studio confidenziale commissionato nel 1967 all’analista del Pentagono Daniel Ellsberg da parte del segretario del Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti, Robert McNamara, per descrivere le strategie politiche e militari americane durante la guerra del Vietnam nel periodo compreso tra il 1945 ed il 1967. The Post può essere annoverato di diritto nella filmografia storica di Steven Spielberg a partire dall’intramontabile Schindler’s list (1993) fino al più recente Il ponte delle spie (2015) ed arriva esattamente due anni dopo rispetto a Il caso Spotlight, diretto da Tom McCarthy e premiato come Oscar per miglior film per avere raccontato l’inchiesta condotta dal giornale The Boston Globe incentrata sui numerosi casi di pedofilia compiuti nella chiesa di Boston ed insabbiati da parte delle autorità ecclesiastiche.

 

Il caso Spotlight è il caso del vero giornalismo

Non è un caso infatti che la squadra di sceneggiatori ai quali Steven Spielberg si è affidato per scrivere un’inchiesta giornalistica sia composta, oltre che da Liz Hannah, anche da Josh Singer che già aveva curato la sceneggiatura per Il caso Spotlight. Al pari del film di McCarthy anche The Post ha un primo sviluppo molto lento necessario per creare il contesto storico e politico e spiegare gli antefatti che hanno portato a quella che è considerata una delle maggiori inchieste giornalistiche della storia americana, resa nota prima dal New York Times e poi dal Washington Post, che rimette mano ai documenti riservati del Pentagono dimostrando all’opinione pubblica l’ostinazione dei quattro presidenti americani, da Eisenhower a Nixon, nel proseguire una guerra persa in partenza che non faceva altro che mandare a morire in Vietnam i soldati americani. Al centro della storia ci sono due personaggi, una donna ed un uomo – Katharine Graham e Ben Bradlee – entrambi dedicati per vocazione al mestiere del giornalismo inteso come la necessità di informare le persone qualsiasi sia il prezzo da pagare o da scontare nei confronti dei poteri costituiti.

 

The Post di Steven Spielberg, Ben Bradlee (Tom Hanks)

Katharine Graham è stata la proprietaria del Washington Post dal 1963, subentrata al padre ed al marito Philip Graham morto suicida. L’interpretazione magistrale della protagonista e prima donna alla guida di un giornale ha valso la candidatura di Meryl Streep come miglior attrice protagonista – la ventunesima nella carriera dell’attrice – nonostante il ruolo sia di fatto marginale nel corso del film rispetto a quello dei colleghi giornalisti. La scelta del regista infatti è quella di mettere in risalto la figura del direttore del giornale, Ben Bradlee, uomo sanguigno e appassionato del suo lavoro, interpretato da Tom Hanks e grande escluso alle nomination per gli Oscar, per raccontare le condizioni sociali delle donne negli Anni Settanta e per dire velatamente che rispetto ad allora la società non è ancora cambiata. Katharine Graham diventa quindi l’esempio di una donna che non viene riconosciuta, in quanto donna, nel suo ruolo di guida del giornale, con il rischio di essere fagocitata dagli uomini che operano nel suo stesso ambiente, dall’amico Robert McNamara fino ai membri e ai legali del Consiglio, che le sconsigliano di pubblicare i documenti per evitare di compromettere i rapporti con la Casa Bianca e di incorrere nel reato di oltraggio alla corte.

 

The Post di Steven Spielberg, Katharine Graham (Meryl Streep)

The Post è quindi un film sul coraggio di una donna, che mette a repentaglio la propria carriera ed il futuro del suo giornale e di tutti coloro che ci lavorano in nome della verità, che ha l’ambizione di essere fonte di civiltà e mai serva di nessun padrone. Oltre ciò il film è anche un atto di amore nei confronti della libertà di stampa e di quel giornalismo – fatto di fogli che volano al vento, di rotative e di colonne di giornali pronti per essere venduti – che è nato per informare le persone sui fatti e per trasformare ogni notizia nella prima bozza della storia.

 

The Post di Steven Spielberg, Le rotative
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