Recensioni — 20/06/2023 at 09:46

Primavera dei teatri nuovamente primaverile. Gli itinerari tematici degli spettacoli

di
Share

RUMOR(S)CENA – CASTROVILLARI – Primavera dei teatri finalmente restituita alla sua collocazione stagionale, ha registrato alcuni cambiamenti; non nella direzione artistica, rimasta agli inossidabili Dario De Luca, Saverio La Ruina e Settimio Pisano, ma nelle nuove figure di un prezioso staff organizzativo, che ha raccolto con professionalità e attenzione al rapporto umano la tradizione ultraventennale del festival. Al  posto delle anticipazioni o degli incontri critici sugli spettacoli, che avevano caratterizzato gli anni precedenti, in questa XXIII edizione si sono incrementate le presentazioni di libri e moltiplicate le residenze, spesso a indirizzo coreutico, i cui esiti finali sono stati inseriti fra gli spettacoli in programma.

Due, in prima approssimazione, le tendenze che si possono rilevare osservando il programma di un evento che da sempre costituisce un qualificato osservatorio della scena contemporanea, almeno per quanto attiene agli spettacoli di prosa strettamente intesi, che individuerei nei seguenti filoni principali: l’esplorazione storica e la condizione umana contemporanea, specie giovanile.

I GRECI GENTE SERIA COME I DANZATORI quotidiana.com PdT foto Angelo Maggio

Alla prima categoria si ascrive la cronaca di un avvenimento poco noto di storia locale della compagnia Carullo-Minasi: Umanità nova – cronaca di una mancata rivoluzione, che restituisce le vicende personali, le tensioni ideali e la morte – sembra accidentale – di cinque giovani di Reggio Calabria, esponenti del movimento anarchico, impegnati politicamente in quegli anni difficili, caratterizzati da attentati terroristici, che vedono nascere la strategia della tensione. Efficace la narrazione di un duttile Giuseppe Carullo che, su una drammaturgia di Fabio Pisano, si sdoppia in diversi ruoli; un lavoro degno di rispetto, a tratti anche avvincente, ma che non riesce a elevarsi al di sopra di una dimensione didascalica.

Anche Canto delle vite infinite, scritto, diretto e interpretato da Elena Bucci in forma quasi autobiografica (il suo personale amore per il teatro, vissuto nei vari momenti da lei attraversati nel corso della vita), è una carrellata sulla storia recente del nostro Paese, che si caratterizza per una notevole eleganza figurativa, in un gioco di luci su velari semitrasparenti, esaltati dalla raffinatezza gestuale dell’interprete/autrice.

DONNA DI DOLORI Patrizia Valduga foto Angelo Maggio

Storie di noi, di Giuseppe Provenzano, rievoca in una prospettiva originale le stragi di Capaci e di via D’Amelio, che il testo di Beatrice Monroy affida a una pluralità di voci di cittadini di Palermo, distratti testimoni – se  non inconsapevoli complici – di quella mattanza.

Completa il filone storico I Persiani di Eschilo, proposti da Silvio Castiglioni e dai “Sacchi di sabbia”. Della poetica della compagnia, più volte presente a Primavera dei teatri, traspare il particolare gusto per il teatro di figura; ma non meno evidente è il richiamo a un grande maestro di quel genere, l’impareggiabile, compianto Rezo Gabriadze, georgiano, non casualmente ospite del festival di Santarcangelo nel ’98, sotto la direzione di Castiglioni, con un’indimenticabile Battaglia di Stalingrado. La tragedia di Eschilo, messa in scena per la prima volta ad Atene circa venticinque secoli or sono, all’indomani della vittoria riportata sull’aggressore persiano, e quindi molto vicina alla sensibilità degli spettatori del tempo, ci parla di una hybris che ancora oggi sembra indirizzare i meccanismi del potere e i rapporti fra i popoli, e costituisce un modello ineguagliabile di come la Storia possa diventare grande teatro.

PERSIANI DI ESCHILO Castiglioni-sacchi di sabbia PdT foto Angelo Maggio

Al secondo filone, più personale e introspettivo, sono riconducibili diversi altri lavori. La consagración de nadie, (La consacrazione di nessuno) del gruppo argentino Quintana e Micaela Fariña si presenta come esito di una residenza artistica di drammaturgia. Micaela compare in scena come stesse rincorrendo materialmente un sogno che non riesce a raggiungere, e prende subito a confessarci, in uno stile espressivo accattivante e autoironico, la sua antica aspirazione a diventare cantante d’opera, ma anche i suoi reiterati insuccessi: una serie di provini non superati, maestri di canto che le attribuiscono, chi una tessitura da soprano, chi da mezzo soprano, e che le consigliano di venire in Italia, patria e culla del belcanto. Ma, al di là di un divertente e intrigante racconto autobiografico, vi si legge una parabola della situazione esistenziale della generazione dei quarantenni (appunto l’età di Micaela), diffusa sotto ogni latitudine.

Sullo stesso tema, ma più esplicito – e più disperato – Smart Work, esito della residenza “Mammut Teatro” di Armando Canzonieri e Gianluca Vetromilo: una satira che denuncia lo sfruttamento connaturato a due lavori che si sono diffusi e sviluppati in concomitanza col Covid: l’operatore del call center e il galoppino del cibo a domicilio; situazioni che Francesco Rizzo riesce a restituire con efficacia.

In una luce domestica, familiare, sono poi rivisitati alcuni miti e personaggi della letteratura. L’affiatata coppia Berardi Casolari, con LidOdissea, propone un Ulisse contemporaneo alle prese con una problematica famiglia (un’affannata Penelope e un Ascanio bamboccione), risucchiata dalle sirene della società dei consumi.

LA CONSAGRACION DE NADIE gonzalo quintana micaela fabira foto PdT Angelo Maggio

Meno convincente, e più pretenziosa, malgrado la generosa interpretazione di Federica Carruba Toscano, la moderna Penelope di Martina Badiluzzi.

La difficoltà e le nevrosi di un rapporto di coppia dovrebbero costituire il tema de La sindrome delle formiche, di “Occhisulmondo”. Il condizionale è d’obbligo, perché solo frammenti del dialogo fra i due personaggi, indicati come E ed F, interpretati da Ciro Masella e Giulia Zeetti, risultava intelligibile. Una rapida scorsa al testo lascia intravvedere un progetto ambizioso, che però non supera la prova del palcoscenico. Diciamo, un’occasione mancata.

Allo spiritoso confronto dialettico di una strana coppia può ricondursi una delle ultime creazioni dei riminesi Roberto Scappin e Paola Vannoni di “quotidiana.com”: I greci, gente seria! Come i danzatori. Uno spettacolo dove, fra improbabili e maldestri passi di danza, i due declinano e si rimpallano, nel loro abituale registro ironico, che oscilla fra l’ovvio e lo stralunato, le variazioni di un divertente tormentone pseudofilosofico:

Ho trascurato per troppo tempo il rapporto tra corpo e mente.
Ho trascurato per troppo tempo il rapporto tra quello che credo di fare e quello che realmente faccio.
Abbiamo trascurato per troppo tempo la capacità del
Lima beans (il fagiolo del Perù) di sbarazzarsi del Tetranychus urticae, un acaro vegetariano vorace.
Ho trascurato per troppo tempo il rapporto tra causa e effetto.

BIG IN KOREA Maniaci d-amore kronoteatro PdT foto Angelo DSC02010

Città sola, di Patrizia Laing di “Lacasadargilla”, parla di solitudine: un testo intrigante nell’efficace lettura di Lisa Ferlazzo Natoli (ancorché un po’ tirata in lungo) ma, a dispetto della serqua di collaboratori al progetto, alla regia, alla drammaturgia, il lavoro risulta difficilmente ascrivibile al genere “spettacolo teatrale”, come – forse rozzamente – siamo abituati a concepirlo; ma piuttosto al genere “audiolibro”.

L’intrigante analisi di un particolare rapporto umano, caratterizzato da un’ombra di sadismo, fra maestro e discepolo (nella fattispecie fra il mister, cioè l’allenatore, e un aspirante calciatore), è Big Korea di Maniaci d’Amore e “Kronoteatro”, in prima nazionale, leggibile come una sorta di “menzogna vitale” ibseniana: un lavoro che coinvolge emotivamente lo spettatore, grazie alla felice capacità interpretativa di Tommaso Bianco e Maurizio Sguotti.

CANTO ALLE VITE INFINITE Elena Bucci PdT foto Angelo Maggio

Fuori dai filoni sopra individuati, da citare una produzione di “Scena Verticale”. Di Dario De Luca abbiamo apprezzato, per anni, sia i registri espressivi comici, sia quelli drammatici: questa volta Dario ci cattura, con la sua consueta ironia, raccontandoci una favola dalle ascendenze remote, che ha messo però radici anche in Calabria: Re pipuzzu fattu a manu – Melologo calabrese per tre finali. Fondamentale, nella sua restituzione (ove Dario lascia un finale aperto, a discrezione del pubblico), è la suggestiva colonna sonora prodotta dal vivo dal valoroso polistrumentista Gianfranco De Franco (clarinetto, flauto traverso, theremin).

E ancora, per completezza di informazione, Welcome to my funeral, di Brandon Lagaert/ Equilibrio dinamico: uno spettacolo a metà strada fra la prosa e la danza, che pretende di focalizzarsi sui confini fra reale e virtuale, di denunciare i limiti e i pericoli dell’intelligenza artificiale, ma che rimane molto al di sotto delle intenzioni dichiarate.

Notevole curiosità destava, a oltre trent’anni dall’interpretazione di Franca Nuti con la regia di Luca Ronconi, la riproposta di Donna di dolori, affidata a Daniela Piperno, a oltre trent’anni dall’interpretazione di Franca Nuti: il toccante monologo di una donna morta che si rivolge ai vivi. Curatore dell’evento – impreziosito dalla fascinosa, raffinata presenza dell’autrice, la poetessa Patrizia Valduga – era Antonio Calbi, che ha ritenuto di evitare, forse per umiltà, la qualifica formale di regista.

LidOdissea Berardi Casolari PdT foto Angelo Maggio

Da citare ancora, fra le manifestazioni culturali parallele: il ricordo di Renato Nicolini (il geniale creatore dell’“Estate romana”), in occasione dell’uscita del volume Uno strappo nella rete, a cura di Mariateresa Surianello; e il forum Scaldati, a cura di Valentina Valentini (che sta pubblicando, assieme a Viviana Raciti, l’opera omnia del grande teatrante siciliano, a dieci anni dalla morte), con l’affettuoso intervento di una decina di attori, non siciliani, che ne hanno proposto, sia nella sua lingua, sia in italiano, una serie di testi.

Su altri spettacoli di “Primavera dei teatri”, il lettore troverà notizie in queste stesse pagine.

Un doveroso riconoscimento finale. Fra i nuovi spazi utilizzati in questa XXIII edizione, c’era un capannone in cemento armato della vecchia autostazione, con un’acustica impossibile. Ma, ancora una volta, il favoloso Tonino Lioi (citato come supervisore agli allestimenti), utilizzando velari sospesi e centinaia di metri di panno Lenci, ha saputo miracolosamente trasformarlo in una vera sala teatrale, ove gli attori non necessitavano di alcuna amplificazione. Se ne avessi l’autorità, proporrei Tonino per una laurea ad honorem in ingegneria acustica.

                       

Visti Castrovillari fra il 30 maggio e il 4 giugno

Share
Tags

Comments are closed.