musica e concerti — 18/11/2023 at 11:16

Una Maratona immersiva nella sezione più intima della musica di Schumann,

di
Share

RUMOR(S)CENA – BOLOGNA – La XXXXII stagione del Bologna Festival si è conclusa al Teatro Auditorium Manzoni di Bologna, con Maratona Schumann, un serie di concerti che si è svolta in tre momenti di una sola giornata, nell’ambito della sezione Grandi Interpreti del Festival. Un’occasione preziosa interamente dedicata alla musica cameristica di Robert Schumann, interpretata da cinque dei maggiori interpreti del nostro tempo, che si sono alternati in duo, in trio, in quartetto e in quintetto nell’esecuzione dei grandi capolavori della produzione cameristica del compositore germanico, in tre concerti che erano comunque autoconsistenti. Il violino potente e delicato di Isabelle Faust, il violino preciso di Anne Katharina Schreiber, la viola dolce di Antoine Tamestit e il violoncello di Jean-Guihen, sono stati accompagnati dal raffinato e ricercato fortepiano di Alexander Melnikov, uno Streicher viennese del 1847.

È stata una vera e propria immersione nella sezione più intima della musica di Schumann, un viaggio ideale proposto al pubblico con l’entusiasmo e la cura del far musica insieme che si respirava nel salotto familiare del compositore. Suddivisa in tre concerti la maratona musicale ha proposto delle composizioni meno frequentate del repertorio schumanniano, eseguite da strumentisti complementari come fossero un unico esecutore, ma sempre chiari ognuno nella propria specificità.

Il primo concerto ha presentato tre composizioni a due strumenti: Drei Fantasiestücke Op.73 per violoncello e fortepiano, Märchenbilder Op.113 per viola e fortepiano e la Sonata Op. 105 per violino e fortepiano.  La Drei Fantasiestücke op. 73 appartiene a un nucleo di composizioni destinate a un consumo privato, con la possibilità di variare lo strumento accompagnato dal fortepiano, che sorprendono per la cura di ogni piccolo dettaglio nella stesura della scrittura strumentale. In questo brano, diviso in tre sezioni contrastanti, la composizione si sviluppa accelerando progressivamente il tempo e accrescendo la tensione da una sezione all’altra. Il lirismo malinconico iniziale sfocia nella sostenuta sezione centrale, e poi termina con lo slancio conclusivo, temperato da momenti più intimi e nostalgici, esaltati dal violoncello.

Da sinistra la violinista Isabelle Faust il pianista Alexander Malnikov, , la violinista Anne Katharina Schreiber, il violista Antoine Tamestit e violoncellista Jean Guihen Queyras (Photo by Roberto Serra / Iguana / Bologna Festival)

La Märchenbilder Op.113, spicca per la scelta timbrica della viola, adoperata in evocazioni di ballata. I quattro pezzi che costituiscono quest’opera furono articolati in successione contraria alla prassi concertistica: esordio, marcia e trio, burlesca, lento con espressione malinconica. Schumann qui rompe le regole, muove dal pensieroso e nostalgico al leggiero ed insolito e conclude con un finale in dissolvenza che la sala ha trascurato ed interrotto con un precipitoso applauso.

La Sonata per violino op.105, pagina composta nel 1851 nell’ultima fase creativa di Schumann, mostra sin dal tema iniziale il suo afflato romantico espresso dal violino, che ritorna più volte sulla stessa frase, con morbidezza ma senza enfasi. L’Allegretto centrale è più lirico e distensivo, il violino è in primo piano in un gioco di armonie cantabili alternate ad un contrappunto di note leggere e ariose. Nel tempo vivace finale spicca la veemenza del discorso sonoro: il violino e il pianoforte si lanciano in una corsa quasi frenetica. Di queste tre opere sorprende la propensione di Schumann per la miniatura mai volta al virtuosismo fine a se stesso, ma segnati da un equilibrio rigoroso della scrittura strumentale, reso magistralmente da Isabelle Faust.

La giornata è proseguita con il Trio Op.80e il Quartetto per archi Op.41 n.1, per concludersi col concerto serale, che ha proposto l’esuberante Quartetto con pianoforte op. 47 e lo splendente Quintetto con pianoforte op. 44, che ha riunito tutti gli artisti e ha mostrato la versione più sorprendente del policromatico compositore. Clara, la moglie di Schumann, dedicataria del Quintetto, lo definiva <<stupendo, pieno di forza e freschezza>>. Il Quartetto op. 47 inizia con una Introduzione lenta e melodica, ripresa come un’eco dal fortepiano. Poi tutti gli strumenti attaccano il fluido Allegro ma non troppo e, al temine del movimento, riappare con una nota malinconica la frase iniziale.

Maratona Schumann (foto Roberto Serra_Bologna Festival)

Segue uno scherzo con due trii, dove si impone un accento nervoso tipicamente schumanniano, che riappare nell’ Andante cantabile, benché intriso di un limpido lirismo. Il Finale vivace, in stile fugato, si sviluppa su un tema che deriva dall’Allegro iniziale, ed al quale altri temi si uniscono e si alternano in un vivace gioco sonoro. Opera tra le più significative della produzione cameristica di Schumann, in cui elementi pre-sinfonici si innestano sul dialogo dei cinque strumenti, nel Quintetto op. 44 ha un ruolo da protagonista il fortepiano, che costituisce il punto di incontro fra le due diverse parti di questo elegante dialogo musicale. Sin dall’iniziale attacco dell’Allegro brillante si impone il tema marcato del fortepiano, bilanciato dalla dolcezza del violoncello.

Maratona Schumann (foto Roberto Serra_Bologna Festival)

Il discorso si colora dei più svariati accenti psicologici, e raggiunge momenti intensamente lirici. Il secondo movimento (in modo di una marcia) si ispira dell’Eroica beethoveniana. È un tema di marcia funebre esposto con accenti rotti dal primo violino, che sfocia in un’esplosione drammatica e tesa. Tutto poi ritorna al clima dolente iniziale. Il terzo tempo (scherzo molto vivace) è festoso e brillante con due Trii dal ritmo esuberante. L’Allegro ma non troppo conclusivo sviluppa e completa l’ultimo trio e vede il fortepiano in funzione di guida degli altri quattro strumenti, tanto da far pensare ad un movimento sinfonico.

Il fortepiano del 1847 e le corde di budello montate dagli archi, suonati con archetto moderno, nelle abili mani di quegli strumentisti hanno ricondotto Schumann ad un suono trasparente e limpido, una sonorità antica, capace di trasportare il pubblico al tempo del compositore, col suono luminoso della Faust, la precisione della Scheiber, il cromatismo pastoso di Tamestit e la cantabilità di Queyras, accompagnati e sostenuti dal tocco morbido di Melnikov.

Visto all’ Auditorium Manzoni di Bologna il 5 novembre 2023

Share

Comments are closed.