Teatro, Va in scena a — 18/06/2012 at 07:09

Un uomo e una donna. Due monologhi per un dialogo d’amore impossibile

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Una scena vuota dove dare  risalto alla drammaturgia di un testo ben coadiuvato dalla regia,  due attori in grado di far risaltare dinamiche e relazioni nell’assunzione dei ruoli. La messa in scena è essenziale e scarna dove trova posto l’irruenza della parola recitata, enfatizzata  da Clôture de l’amour scritto e diretto da Pascal Rambert, reduce dal successo al Festival di Avignone, dove era stato presentato l’anno scorso. A Modena il Vie Festival lo presentava in prima nazionale con un crescendo di attesa per assistere al “duello”, tra i due protagonisti dotati di capacità attoriali indiscusse per talento e immedesimazione ( i bravissimi Audrey Bonnet e Stanislas Nordey), soli in scena nell’affrontarsi a vicenda, ognuno con il suo serrato e drammatico monologo , senza mai diventare un dialogo. Ognuno sulle sue irrevocabili ragioni del perché la loro relazione d’amore sia cessata per sempre. Due corpi – pedine come una partita a scacchi, dove ogni giocatore fa la sua mossa e attende quella del suo sfidante. La prima tocca all’uomo: Stanislas Nordey che s’infiamma subito nel riversare addosso alla sua ex, tutte le sue rimostranze rancorose tanto da assomigliare ad un’arringa dell’accusa verso l’imputato. Lei, la donna, Audrey Bonnet, subisce in uno stato di passivo silenzio, affranta da tanto livore versatole addosso come schizzi di veleno. Non può replicare, non è in grado di farlo, e la sua immobile staticità corporea è il segno di come sia ostaggio di quella strana dinamica conflittuale. Nella normalità dei casi il litigio tra due si alterna tra accuse e difese, provocazioni e reazioni, ognuno interviene sopra quanto detto dall’altro.

Non è questo il caso dove, invece, la vicenda si dipana in crescendo emotivo, tale da arrivare anche al pubblico che assiste partecipe, e prova su di sé quanto sia, a volte, più forte la violenza verbale di quella fisica. Gli schiaffi morali fanno male quanto quelli di una mano dell’uomo. La regia si concentra molto sull’espressività corporea dei suoi due interpreti. Se da una parte lui amplifica la verbosità delle sue parole/accuse, con una gestualità densa, pregnante, nervosa fino allo spasimo del suo viso contratto, lei, la sua ex partner, esile e gracile nella sua magrezza, resterà statica per tutto il tempo del monologo del suo ex compagno. E tutto ad un tratto l’incursione sulla scena asettica e algida di un coro di bambini colorati e innocenti interrompe il dramma, stempera il dolore e allevia il dolore. Un canto gioioso quanto surreale per la sua estraneità. Sono gli allievi della “Scuola Voci Bianche” della Fondazione Teatro Comunale di Modena.

Il canto smorza la drammaticità del monologo di Stanislas e permette una brevissima decantazione delle emozioni con il cambio del “testimone” nelle mani di Audrey (i nomi di battesimo degli attori e dei loro personaggi coincidono senza però nessun riferimento autobiografico), la quale risponde alle accuse con toni più riflessivi, senza il livore irruente del suo ex compagno. Si legittima la sua dignità di donna ferita nei sentimenti più profondi. È una sorta di scavo auto-etero coscienziale per dare un senso (ognuno dal suo punto di vista naturalmente) al perché del loro fallimento sentimentale, ricreando anche i ricordi dei momenti felici vissuti insieme, ma solo il tempo per rimetterli in discussione con la frase tagliente come un bisturi: “ Chi amiamo quando amiamo?” Ma è possibile cancellare un sentimento d’amore?

Il regista Rambert la consegna al pubblico e la estende all’umanità stessa. Un interrogativo che pesa anche dopo essere usciti dalla sala del Teatro delle Passioni (il luogo più adatto per ospitare questa originale performance francese) che darà vita ad un dibattito molto acceso nella notte di Modena, attenti ad ascoltare i propri moti d’animo successivi e la terra emiliana che continuava a tremare.

 

Clôture de l’amour

testo, ideazione e direzione Pascal Rambert

con Audrey Bonnet e Stanislas Nordey
scene Daniel Jeanneteau
costumi La Bourette
arrangiamenti musicali Alexandre Meyer dalla canzone Happe (Alain Bashung – Jean Fauque), con il consenso di Barclay/Universal© edition, eseguita dagli allievi della “Scuola Voci Bianche” della Fondazione Teatro Comunale di Modena maestri preparatori Paolo Gattolin e Melitta Lintner
disegno luci Pascal Rambert e Jean-François Besnard

Théâtre de Gennevilliers Centre Dramatique National de Création Contemporaine
coproduzione Festival d’Avignon e Théâtre du Nord – Lille
con il supporto di Ile-de-France Regional Council, la città di Gennevilliers, e i servizi culturali della città di Gennevilliers
con il sostegno dell’Istituto Francese

 

Visto al Teatro delle Passioni di Modena il 27 maggio 2012

 

 

 

 

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