Teatro, Teatro recensione — 18/05/2015 at 21:49

L’inferno del potere

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CALENZANO  (Firenze) – Nel 2010 un’inchiesta condotta dal New York Times ha fatto clamore per una serie di suicidi presso la fabbrica elettronica Foxconn, che produce principalmente per la Apple, a Shenzhen, in Cina. I motivi, secondo l’indagine, sarebbero stati molteplici: il rigido sistema disciplinare, i lunghi turni di lavoro e le brevi pause,  i dormitori affollati, i duri rimproveri alle violazione delle regole. Da allora sono passati cinque anni e di questa vicenda, non se ne è sentito più parlare. Ed è proprio a questo scenario che si ispira Stefano Massini, dando libero corso alla sua scrittura per osservare ancora una volta le forme in cui opera il potere nella società contemporanea.
“Shenzhen, significa inferno” è un monologo scritto e diretto dal neo consulente artistico del Piccolo di Milano dopo la recente scomparsa di Luca Ronconi e messo in scena al Teatro Manzoni di Calenzano.

foto di Fedra Giuliani
foto di Fedra Giuliani

Sono bastati pochi anni per far diventare il villaggio povero di Shenzhen una potenza definita “zona economica speciale”, ovvero, un luogo geografico dotato di un ordinamento economico differente da quello della legislazione nazionale comune e organizzato per attrarre investimenti provenienti dall’estero. Insomma una urbe artificiale creata per sperimentare sempre nuove riforme economiche e regimi neocapitalisti assetati. La narrazione di Massini sprofonda precisamente in questo regime di produzione, ripensando la fabbrica, come forma carceraria produttiva che esercita una particolare forma di vigilanza panottica sugli operai. La storia viene raccontata attraverso uno sguardo vigilante che però non appartiene alla figura del personaggio che apparentemente lo possiede. La protagonista sorveglia ma allo stesso tempo è sorvegliata; punisce e sprofonda nella propria paura di essere punita a sua volta. Il potere autoritario e coercitivo si avvale momentaneamente di lei, e la sorvegliante finisce per essere lei stessa allo stesso tempo, vittima di un altro sguardo.

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Alla maniera di un Big Brother meravigliosamente invisibile, il potere si serve degli operai e della fabbrica, facendola diventare un dispositivo per impadronirsi della vita delle persone. Le relazioni di potere non vengono solo dall’alto, ma soprattutto da dentro, dai singoli rapporti umani. Il carcere produttivo ispira comportamenti iperindividualisti, gli operai vengono identificati con un numero, sono materia inorganica, divisa e destinata a una produzione sempre più frenetica contro il tempo. 1, 2, 3, 4… personaggi a scatole nere, numeri bianchi su sfondo nero, null’altro. Soltanto una voce ha spazio in questa storia, l’interprete Luisa Cattaneo, attrice di diversi testi di Massini, colora ancora di più l’atmosfera di tensione e freddezza minimalista con il suo monologo. L’unica scena, dai chiari richiami foucaultiani, ci presenta in maniera pungente uno schema perfettamente trasparente e riconducibile a quello che succede nella società contemporanea. Shenzhen è stata dimenticata, ma è quotidiano il susseguirsi sui mezzi di comunicazione di massa, vicende di sfruttamento dei lavoratori, dipendenti lowcost, imprenditori suicidi, licenziamenti, tagli, austerità.

foto di Fedra Giuliani
foto di Fedra Giuliani

Questo spettacolo è un altro esempio di come la scrittura di Massini si addentra nelle pieghe più scure, quasi diaboliche, del pensiero umano. In questo senso, anche lo spazio fisico del Teatro di Calenzano, partecipa alla creazione di questa atmosfera intima –luogo con cui il drammaturgo ha già da tempo familiarizzato.
Massini semplicemente legge la realtà. Lo spettacolo risuona come una chiamata a prendere coscienza su ‘cosa’ ci stia facendo diventare un sistema di produzione che noi stessi incentiviamo e accettiamo passivamente come fosse l’unico orizzonte possibile, basato innanzitutto nella mancanza di rispetto per noi e di riflesso, per gli altri.

Visto la domenica 10 maggio al Teatro Manzoni di Calenzano (Firenze)
“Shenzhen significa inferno”
Prima Nazionale 
Scritto e diretto da Stefano Massini
Con Luisa Cattaneo
Assistente alla regia Duccio Baroni
Spazio scenico Fedra Giuliani
Disegno luci Carolina Agostini
Organizzazione Laura Giannoni
Produzione Il teatro delle Donne
Teatro Manzoni, Calenzano

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