Anna's corner, Interviste — 16/09/2013 at 13:14

La Versiliana: un Festival da tutto esaurito diretto da Luca Lazzareschi

di
Share

L’attore Luca Lazzareschi ci accoglie a Pietrasanta alla Versiliana, http://www.laversilianafestival.it/ festival ultratrentennale che con Verona e Taormina è da sempre, uno dei punti di riferimento della prosa estiva per le grosse compagnie nazionali: Lazzareschi ne è direttore artistico da un paio di anni. Siamo dentro il Parco con il Teatro all’aperto che arriva a ospitare quasi 1600 persone e ci accoglie in un’area verde dove ha fatto realizzare alcune aiuole con fiori e piante ispirate alle opere di Shakespeare. Si può dire che camminando, si respiri aria di teatro. Lazzareschi si è diplomato alla Bottega Teatrale di Firenze dove ha avuto come maestri Orazio Costa, Vittorio Gassman e Giorgio Albertazzi. Ha affrontato un vasto repertorio di autori, alternando ai classici greci ed elisabettiani opere di drammaturgia contemporanea italiana e straniera.

Ha partecipato a più di cinquanta spettacoli prodotti dai maggiori teatri pubblici e privati italiani. Intenso il suo impegno con l’INDA (Istituto Nazionale del Dramma Antico di Siracusa) dove ha preso parte a numerose messe in scena, culminate con la rappresentazione integrale dell’Orestea di Eschilo, nel ruolo di Oreste, nella traduzione di Pasolini, per la regia di Pietro Carriglio. E’ stato Amleto nell’Amleto di Carriglio dello Stabile di Palermo, spettacolo pluripremiato che ha fatto in un momento in cui non esistono più le lunghe tournée di una volta; 150 date (tra cui il Piccolo di Milano e l’Eliseo di Roma). Ma Lazzareschi è stato anche un magnifico Herzen, il filosofo dissidente di The coast of Utopia di Marco Tullio Giordana (nella terna dei migliori attori per gli Ubu 2012); passa con disinvoltura dai Teatri Stabili ai festival nazionali (Napoli Teatro Festival con Antonio e Cleopatra di De Fusco) a quelli di ricerca (Vie di Modena), sperimentando la drammaturgia contemporanea francese (CLÔTURE DE L’AMOUR, uno spettacolo di Pascal Rambert, rivelazione al Festival di Avignone). Gli abbiamo chiesto quale è la sua formula per un Festival da tutto esaurito come la Versiliana con un cartellone misto di prosa, danza, musica: “Shakespeare e niente operette”, dice orgogliosamente.

Luca Lazzareschi  protagonista di CLÔTURE DE L’AMOUR

In un momento di crisi festivaliere la Versiliana è un felice caso “anomalo”, non crede?

<<Ha toccato la corda giusta: nonostante la concorrenza sul territorio, Festival Pucciniano a Torre Del Lago e Villa Bertelli a Forte Dei Marmi i cui risultati peraltro non mi risultano essere proprio ottimi, la Versiliana, qua da 34 anni, è un punto di forza. Il risultato è che quest’anno abbiamo speso di meno, aumentato le presenze, diminuito gli appuntamenti e guadagnato di più, pur avendo diminuito i prezzi dei biglietti. E in un panorama di grande difficoltà generale dei Festival noi abbiamo fatto 5 sold out e 5 eventi con più di 1000 persone. Quasi 22.000 spettatori totali>>.

Avete messo in cartellone nomi importanti: i Momix, Silvio Orlando, Aterballetto tra gli altri, e una serata omaggio per i 90 anni di Albertazzi.

<<Abbiamo cercato di dare un’offerta eterogenea e eclettica ma vigilando sulla qualità; per le due date con il loro bellissimo Alchemy il teatro era strapieno di pubblico. La danza e la prosa sono sempre presenti, abbiamo un obbligo ministeriale, ricevendo i contributi dal Ministero. Poi dobbiamo mettere i comici (quest’anno Brignano Panariello e Migone) e la musica (Einaudi, Bollani, i Buena vista social club, Max Gazzè). Lo scorso anno abbiamo avuto il teatro di narrazione: Paolo Rossi, Moni Ovadia, Marco Paolini, Ascanio Celestini tra gli altri. Abbiamo un teatro coperto con graticcia e sipario e si può allestire come fosse un teatro al chiuso.

Per la danza lo scorso anno abbiamo ospitato Sylvie Guillem e il Ballet de Montecarlo, i“Trocs”, quest’anno Svetlana Zacharova, étoile del Mariinskji di San Pietroburgo a 18 anni, del Bolshoj e del Teatro alla Scala; al mio arrivo tre anni fa abbiamo fatto un accordo con l’Ater di Modena che ci cura i rapporti internazionali e ci garantisce sulla qualità degli eventi. Per la prosa il primo anno (tre anni fa) ho aperto con l’Arlecchino del Piccolo, non era mai stato in Versiliana e con una coproduzione con il Teatro di Roma, “I masnadieri” con la regia di Lavia, tornato qui dopo molti anni di assenza.

Devo dire che quest’anno la prosa, che è il genere che ormai in estate soffre – perché l’offerta è quello che è – ha retto bene, abbiamo elaborato un pacchetto di 4 Shakespeare con un debutto nazionale (As you like it di Maurizio Panici) curando anche con una serie di incontri di formazione del pubblico con una cinquantina di persone a luglio che seguivano gli incontri pomeridiani sugli spettacoli. Oltre a Panici anche il Riccardo III di Massimo Ranieri, Il mercante di Venezia di Binasco con Silvio Orlando e Molto rumor per nulla di Giancarlo Sepe. Abbiamo fatto, insomma, un minifestival shakesperiano e ha funzionato. Ho cercato di svecchiare anche la musica in questi due anni con Max Gazzè, Bobo Rondelli, Bregovich, Daniele Silvestri, Mannarino.>>

Il pubblico apprezza le sue scelte?

<<Mi pare di si, ma bisogna tenere conto che c’è anche uno zoccolo di persone di una certa età, di un certo ceto, con certi gusti che vorrebbe per esempio, l’operetta. Ecco, quest’anno come due anni fa, io ho eliminato l’operetta e ho preferito inserire un musical di qualità, giovane, con un classico come Aggiungi un posto a tavola della Compagnia dell’Alba di Ortona, tutti professionisti in erba ai quali per la prima e unica volta Armando Trovajoli dette i diritti fuori Sistina per portarlo in tournée. Abbiamo fatto 1090 presenze>>.

Quale è la formula del successo?

<<Il pubblico si fida, ci vogliono anni come tu sai ma poi raccogli i frutti. Certo il teatro, l’esito delle stagioni teatrali è sempre una curva sinusoidale, non hai mai certezze, ma quest’anno è andata bene, oggettivamente i numeri ci confortano e anche i giornali ci hanno seguito con attenzione. Abbiamo abbattuto i biglietti omaggio, ne abbiamo concessi solo il 9-10% contando anche le prime, una scelta necessaria. La prosa è sempre la più difficile, la più ostica. Sono fiero dei cartelloni di danza, impegnativi e importanti. Altri segnali interessanti sono per esempio la presenza due anni fa di Gigi Proietti: era da 30 anni che non veniva.

Posso poi citare un’esperienza che ha avuto esito non positivo: era una bella iniziativa che ho promosso il primo anno: avevo fatto un cartellone con molti spettacoli dei Teatri stabili e sui totem pubblicitari si leggeva: “La Versiliana sposa il grande teatro italiano”. C’erano i loghi dei vari Teatri Stabili, quello di Prato, Pistoia, il Teatro Due di Parma e il Piccolo di Milano e chi veniva alla Versiliana (gran parte del nostro pubblico è di Milano, Parma, Firenze e Pistoia) poteva fare da noi gli abbonamenti ai vari teatri già nei mesi estivi con uno sconto. Non ne hanno fatto neanche uno… Questo è da studiare! Forse d’estate la gente non ha voglia di pensare a quello che spenderà nella stagione invernale né a quello che vorrà vedere. Ma abbiamo distribuito i materiali promozionali, e sicuramente in qualche modo, è servito lo stesso…>>

Luca Lazzareschi in Amleto 

Avete rapporti con la Fondazione Toscana Spettacolo?

<<Da quest’anno collaboriamo con la Fondazione che è subentrata in un momento di difficoltà dell’amministrazione comunale e ci dà una mano per fare una buona stagione; io curo la stagione del teatro comunale invernale, e la Fondazione è presente soprattutto su quello. Anche grazie alla Fondazione quest’anno la stagione di Pietrasanta avrà ad esempio tra gli altri Zingaretti, Ranieri, Brilli, Barbareschi, Pambieri, Mandracchia, Scaparro, Calenda, e titoli come Hedda Gabler, Coscienza di Zeno, Locandiera>>.

Luca Lazzareschi Herzen The coast of utopia

Come si orienta per scegliere le compagnie, attraverso agenzie?

<<Per l’estate è molto difficile, perché, diciamolo, l’offerta è misera, la prosa estiva non esiste più, non so se è il pubblico che non ha più voglia di vedere prosa in vacanza, ma io vedo piuttosto che l’offerta è molto decaduta, sia in quantità che qualità. Si tratta dunque di cercare gli spettacoli migliori tra i pochi che vengono prodotti. Personalmente quest’estate ho molto amato Il mercante di Venezia di Binasco, che ha avuto molto successo, uno spettacolo splendido. Sull’invernale la scelta cade sempre su un’osmosi tra qualità e gusto del pubblico. Il primo anno che ho curato la stagione del Teatro Comunale di Pietrasanta come direttore avevo scelto Ronconi ,Castri e altri 7 spettacoli di regia ma fu difficilissimo, il pubblico rifiutava assolutamente questi spettacoli.

Ho imparato a non mettere solo il teatro che piace a me, quello che vado a vedere io o che faccio. Qual è il ruolo del direttore artistico: quello di proporre ciò che piace a lui? Di istruire il pubblico? Non so. Si tratta forse di trovare una misura. In ogni modo il pubblico di Pietrasanta ebbe modo di vedere spettacoli fortemente di regia senza doverli inseguire in qualche grande città. Spero comunque che qualche spettatore sia stato stimolato ad approfondire ciò a cui ha assistito, parlo soprattutto di un capolavoro come Finale di partita di Castri e I beati anni del castigo di Ronconi>>.

A proposito della sua carriera….

<<Lei era rimasta all’Amleto credo… Amleto per me è stato importante, fatto quello potevo appendere i guantoni al chiodo; davvero, sono quei ruoli che insegui per tutta la vita e poi realizzi il sogno. Una grande idea di Carriglio, un Amleto integrale, le macchine di scena, le luci di Saccomandi. Un lavoro che è stato molto ben accolto dalla critica e dal pubblico. Fui nella terna degli Ubu. Dopo quello sono rimasto ancora a Palermo, con la Locandiera sempre di Carriglio. Poi Bergman con Sarabanda al Metastasio e altri spettacoli. Sono tornato a Shakespeare quest’anno con Antonio e Cleopatra con De Fusco per il Napoli Teatro Festival. Poco prima una magnifica esperienza è stato Rain Man tratto dal film, con la regia di Saverio Marconi. Interpretavo Raymond il fratello autistico, un lavoro che mi ha dato la possibilità di esplorare un approccio estremamente naturalistico al ruolo e di conoscere da vicino il disturbo autistico. Grazie a Rain Man mi hanno dato il Premio Veretium.

Sono particolarmente orgoglioso poi, del lavoro per CLÔTURE DE L’AMOUR, uno spettacolo del drammaturgo e regista francese Pascal Rambert che ho interpretato insieme con Anna Della Rosa. E’ stato lo spettacolo rivelazione al Festival di Avignone, un testo formidabile sul linguaggio, già rappresentato in 8 lingue che è valso al suo autore il Gran Premio della Letteratura Drammatica in Francia. Pascal Rambert è direttore del parigino Théâtre de Gennevillier. Il testo ha due personaggi, un uomo e una donna e parla della crisi di coppia. L’Ert di Valenti lo ha preso e ne ha prodotto la versione italiana. Poi The Coast of Utopia. È stato un kolossal, ha vinto molti premi: il testo di Stoppard sulla Russia dell’Ottocento, sull’utopia delle ideologie, del socialismo è stata un’avventura semplicemente meravigliosa. Trenta attori in scena, 4 mesi di prove…il governo di Marco Tullio è stato fantastico. Tutti a paga minima senza camerini personali, un’esperienza di collettivo vero, ed è stato possibile perché c’era Giordana con quell’idealismo trascinante che si vede anche dai suoi film.

E’ ancora possibile un’utopia collettivo a teatro?

<<E’ stato possibile in quel momento, ma l’esperienza si è limitata a Torino e Roma; nessuno altro Stabile ha programmato lo spettacolo. Certo, i costi erano altissimi ma almeno Palermo e a Milano una cosa del genere doveva andare in scena assolutamente. Gli spazi di tournée di 6 mesi di una volta non ci sono più, il mercato non riesce più a trattenere questi spettacoli che dunque nascono e spariscono in breve tempo>>.

Colpa della politica degli Stabili e degli scambi?

<<La politica degli scambi va anche bene ma gli Stabili non possono fare solo quello. Altrimenti le compagnie private e quelle di ricerca, le compagnie più giovani? Quello su cui bisognerebbe riflettere non è solo la politica degli scambi ma gli scambi delle produzioni di alcuni direttori-registi. Se non ci fossero gli scambi, certi spettacoli otterrebbero ospitalità altrove? Io sono dell’idea che un Teatro Stabile dovrebbe avere un ricambio di direzione artistica ogni tre anni o, al massimo, dopo due mandati. E poi forse i registi non dovrebbero essere anche direttori ma solo “artisti residenti”. Un po’ come succede al Piccolo>>.

Lei capita  mai di andare a Festival di ricerca? Conosce qualcuno dei nuovi gruppi?

<<Vedo le nuove compagnie, mi informo, ma a parte alcuni exploit che ben conosciamo, di teatro performativo, come per esempio Ricci- Forte, in generale il teatro di ricerca mi dà l’impressione che non cresca oltre un certo limite perché il mercato comunque lo relega a teatri off o off/off e a rassegne tipo Altre visioni, Altri Teatri, Altri percorsi, Altre cose…Praticamente rendendolo elitario ed esclusivo o, al contrario, alternativo e periferico>>.

Tornando all’utimo impegno, CLÔTURE DE L’AMOUR lo abbiamo fatto a Vie di Modena, un festival di ricerca possiamo dire,che offre proposte molto interessanti. Cloture lo riprenderemo la prossima stagione in molte città, finiremo a maggio al Teatro Studio del Piccolo. E a Le Vie dei Festival di Natalia di Iorio al Vascello di Roma io e Alessandro Machia, un giovane regista di grande talento, abbiamo proposto un testo di Fabrizio Sinisi, giovane drammaturgo autore di una prosa molto “pasoliniana”, un fenomeno. Vediamo se ci riusciamo>>.

 

 

 

Share

Comments are closed.