Venere e Adone: la Voce di Roberto Latini

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RUMOR(S)CENA – CASTIGLIONCELLO (Livorno) – “Con quella bocca può dire quello che vuole” chiosava Enzo Garinei in una famosa pubblicità che metteva in primo piano le bellissime labbra di Virna Lisi. Parafrasando, potremmo dire che con quella voce anche Roberto Latini può fare (tutto il teatro) che vuole… Prendete un lavoro, l’ultimo, come Venere e Adone – presentato a Castiglioncello al festival Inequilibrio -, quasi un divertissement con variazioni (potenzialmente moltiplicabili) e verificate. Latini supera se stesso, è uno e quaterno. Fa Amore, il Cinghiale, Adone e Venere, modulandoli in una partitura sempre più sonora, alternando gli sguardi sulla storia della dea innamorata del bel giovane che preferisce la caccia alle lusinghe d’amore, ma muore ferito da un cinghiale.

Roberto Latini – Inequilibrio 2022 – foto di Antonio Ficai

Fin qui niente di nuovo: il cambio di prospettive è un espediente prevedibile che usò a suo tempo anche Walter Malosti, ispirandosi al medesimo testo shakespeariano. L’aspetto ardito di Latini è un corpo proteiforme, l’incarnazione della voce che evoca i personaggi. La spinta performativa che riporta tutto alla sua (insostituibile) misura di interprete, adattando il testo a infiniti riverberi di senso. In principio è Amore, e il Latini che ti aspetti, vibrante voce baritonale, appena scheggiata dagli inserti più squittenti della dea che presagisce, sospira, piange. Un cupido dalle ali scheletriche di metallo, obbligato alla sua natura di trafittore di cuori eppure straziato anche lui dalle conseguenze dell’amore. Poi, Latini scarta di lato, si immedesima in un cinghiale, che è un po’ Riccardo III (ci sta: siamo su parole del Bardo), bestia crudele e deforme ma anche di chiara declamazione teatrale. Il vero colpo di scena è Adone, un narciso dannunziano in vestaglietta giappo di seta che si riprende in un video-selfie. Invia vocali postumi all’amata, tra una lisciatina di capelli e uno sguardo sé adorante. Applausi finali registrati e un bravo Ad-uàn che è un irresistibile concentrato di ironia sui nostri inverni scontenti di videochat.

Roberto Latini – Inequilibrio 2022 – foto di Antonio Ficai

Venere chiude, velata e trafitta, ma c’è spazio per un’altra incursione tecnologica a sorpresa per questa performance 2.0: il canetto robot che per una manciata di secondi ruba la scena perfino a Latini e alla partitura che ha tracciato con il suo alter ego Gianluca Misiti all’elaborazione dei suoni. Non pervenute le luci di Max Mugnai perché all’aperto, nel bosco del Castello Pasquini, non ce ne era bisogno. Motivo in più per andarselo a rivedere a teatro il prossimo inverno. Contenti.

Roberto Latini – Inequilibrio 2022 – foto di Antonio Ficai

Rossella Battisti scrive di Roberto Latini: «”Con quella bocca può dire quello che vuole” chiosava Enzo Garinei in una famosa pubblicità che metteva in primo piano le bellissime labbra di Virna Lisi. Parafrasando, potremmo dire che con quella voce anche Roberto Latini può fare (tutto il teatro) che vuole…». La stessa voce risponde ad una nostra richiesta di approfondire il suo percorso artistico in divenire che non è concluso e non vuole esserlo, come ci spiega durante la conversazione al telefono, come sempre ricca di stimoli e riflessioni capaci di oltrepassare agevolmente la scontata richiesta di avere delle risposte. Un dialogo dove le suggestioni sembrano materializzarsi grazie alla sua capacità di “dipingere” con le parole per raccontare Venere ed Adone a Inequilibrio 2022. Chiediamo a Roberto Latini se la sensazione della presenza un registro ironico inedito sia reale o è confinata in una soggettiva percezione.

Roberto Latini – Inequilibrio 2022 – foto di Antonio Ficai

«È più evidente ora ma è qualcosa che si rifà al passato dove già conteneva già elementi ironici. Venere ed Adone è stato prodotto per essere ridefinito , finito per essere prodotto. Mi piace pensare che sia in continua produzione con elementi nuovi e diversi extralumi. Credo che ad ogni ripresa sia necessario stare al confine tra le volte che devo riadattare e sistemare rispetto a dove vado in scena e ogni momento è fluido drammaturgicamente e artisticamente non definito. Fluido in ogni set come mi piace definire le rappresentazioni come quella già realizzata nel parco di Castello Pasquini a Castiglioncello o al Teatro Vascello di Roma dove recitavo sul palcoscenico. Esperienze che si accumulano e cambiano all’interno di quello che possa essere evidentemente lo spettacolo liberato». Latini in Venere ed Adone condensa e raccorda elementi drammaturgici diversi tra di loro ma per un sorprendente processo alchemico si fondono in un distillato “fluido” come lui stesso spiega. Appare un cinghiale palese riferimento al Riccardo III di Shakespeare da cui l’attore ricava molte delle sue ispirazioni che attraversano il suo linguaggio.

Roberto Latini – Inequilibrio 2022 – foto di Antonio Ficai

«Sono cinque episodi diversi divisi per capitoli, Amore, Venere, Adone, Cinghiale, Chiunque. Chiunque altro in mezzo a quello, all’essere uomo senza volto che ha che fare con il cane robot (elemento di scena, ndr) radiocomandato. C’è Amore contenuto nel mito che si autocostituisce ma non c’è determinazione di senso ma a me da una sensazione di mito romantico e stare di fronte in scena con la presenza del robot è qualcosa di avanguardista , una sorta di confine di una ricerca tra l’analogico e il digitale. Andrò a Procida , a Bassano del Grappa, a Segesta, e in ogni luogo si materializzeranno delle variazioni diverse pensate come city specific drammaturgici. Per il post pandemia mi sono fatto un regalo e lo scarto non è quello che ho prodotto ma quello che produciamo altrimenti diventa una semplice replica. In fin dei conti siamo della stessa .. ‘mancanza’ dei sogni». Latini si concede un’ultima parafrasi dove la sostanza, come aveva scritto Shakspeare, diviene assenza di quel genere in grado di creare all’infinito nello spasimo di un ideale artistico che non si accontenta mai».

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