RUMOR)S)CENA – SOS CINEMA – Esegesi del film GODLAND di Hlynur Palmason – La terra plasma gli uomini e non viceversa nel terzo film Capolavoro(dopo i notevoli “Winter Brothers” del 2017 girato in Danimarca e “A white white day” del 2019 girato in Islanda) dell’islandese Hlynur Palmason. 1860 un prete fotografo viene inviato dalla Danimarca all’allora colonizzata Islanda per documentare luoghi e abitanti, per poi infine costruire una Chiesa in uno sperduto villaggio. Un lungo viaggio impervio in una natura selvaggia e inospitale , che Padre Lucas (Elliott Crosset Hove che interpreto’ “Whinter Brothers”) intraprende guidato dal rude Ragnar (Ingvar Sigurosson che interpretò’ “A white white day” insieme alla piccola Ida Mekkin Hlyndottir presente anche in questo film, sintesi geografica e attoriale dei due precedenti). Le macchine fotografiche sono spade sulle spalle e solo la nudità del Prete lo sanerà di fronte a una cascata. Il conflitto fra l’uomo, la terra e i suoi elementi è da subito fortissimo e sia la fotografia magistrale di Maria von Hausswolff che la regia sublime di Palmason lo esaltano in ogni inquadratura, che esploderebbe dallo schermo se non fosse contenuta in un formato 4:3 che predilige la riflessione alla spettacolarità (si pensa alla Campion di “Lezioni di piano”, a Herzog di “Aguirre furore di Dio”, al Malik di “The new world”). La maestosità della natura e la sua sconvolgente bellezza si trasformano però in brutalità degli elementi è in forze ancestrali, persione in decomposizione(la carcassa del cavallo appartenuto al padre del regista in un lento disfacimento ripreso per due anni) che nessun pensiero e nessuna fede può dominare. L’uomo di fede ne viene travolto fino ad assorbirne la sensualità selvaggia, la forza brutale, la dimensione indomabile degli elementi. E allora appare il Bergman di “Luci d’inverno ” e il Dreyer di “Ordet” due vette a cui Palmason guarda-col loro silenzio o urlo di Dio- e con cui si confronta con risultati molto alti. Trasformando il suo Cinema di pensiero in Cinema di immagini e trovando una sintesi mirabile nella dominazione degli elementi naturali ,che in fondo sono anch’essi(forse)creature del Divino. E il lato oscuro che mette radici nell’uomo di Fede diventa come un albero che nessun ragionamento riesce ad estirpare. Travolgendo con la violenza e la furia della Madre Terra ogni ragione. La Terra per Palmason resta però la terra di Dio, di quel Dio che nell’anima di ogni cosa contempla il bene a confronto col male. Due ore e trenta potentissime, che ti ipnotizzano e ti cambiano . SUBLIME (Cannes -Un Certain Regard) ANTEO Milano.
Godland: il conflitto fra l’uomo, la terra e i suoi elementi
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