Teatro, Va in scena a — 14/01/2012 at 13:40

“Gli enigmi” di Fatzer Fragment svelati scena da Fabrizio Arcuri e René Pollasch a Torino e Berlino

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Prima di volare a Berlino dove debutterà il 19 gennaio nel prestigioso Volksbühne, il nuovo lavoro di Fabrizio Arcuri e René Pollesch, Fatzer Fragment / Getting Lost Faster di Bertolt Brecht, va in scena in anteprima nazionale a Torino, nello spazio della Cavallerizza Reale, domenica 15 e lunedì 16 gennaio per poi ritornare nuovamente dal 6 all’8 febbraio. Si tratta di un progetto di collaborazione tra il Teatro Stabile di Torino e la Volksbühne di Berlino, articolato nel tempo in una serie di attività congiunte organizzate sia nel capoluogo piemontese che nella capitale germanica con incontri, dibattiti, approfondimenti teorici sulla drammaturgia contemporanea e uno scambio didattico per gli studenti della Scuola per Attori dello Stabile torinese.

La partnership internazionale è nata in seno al Festival Prospettiva curato da Fabrizio Arcuri, ed è stata resa possibile grazie al sostegno del Goethe-Institut di Torino, che in questi mesi ha collaborato con le due istituzioni, svolgendo un’indispensabile ed efficace attività di organizzazione. Fatzer Fragment è il testo incompiuto del drammaturgo tedesco, conosciuto in Italia grazie al montaggio che Heiner Müller fece delle oltre 500 pagine di appunti e di bozze lasciate da Brecht.

 

 

 

Il suo teatro potrebbe essere citato come un esempio di ricerca di percorsi creativi necessari per ampliare le capacità critiche dei soggetti che partecipano allo spettacolo, siano essi attori o spettatori. Questa concezione è espressa in modo radicale nel testo frammentario “La rovina dell’egoista” Johan Fatzer, al quale Brecht lavorò tra il 1927 e il 1932, scrivendo oltre seicento pagine di appunti che comprendono alcune scene complete, parti del coro, note teoriche e frasi appena decifrabili. Un lavoro imponente, nel quale il drammaturgo tedesco cercò di sviluppare una nuova drammaturgia in cui agisse uno sguardo insieme stupefatto e conflittuale. Fu Heiner Müller che per primo cercò di trarre da questo grande lavoro incompleto uno spettacolo “rappresentabile”, una sorta di lunga suite della rivoluzione necessaria e impossibile, dove vengono rovesciati i grandi temi dell’umanesimo: la fiducia nei riguardi delle “magnifiche sorti e progressive” della società. Solo che l’umanesimo non è rovesciato nel suo contrario, ma in una nuova consapevolezza della catastrofe presente: il comportamento dei protagonisti del dramma ha infatti, come esito finale, la disfatta. È un periodo, insomma, dove le speranze di realizzare “quella semplice cosa così difficile da realizzare” sono ridotte a quasi zero e torna a battere alla porta “la marcia possente delle armate” controrivoluzionarie.spettacolo “rappresentabile”, una sorta di lunga suite della rivoluzione necessaria e impossibile, dove vengono rovesciati i grandi temi dell’umanesimo: la fiducia nei riguardi delle “magnifiche sorti e progressive” della società. Solo che l’umanesimo non è rovesciato nel suo contrario, ma in una nuova consapevolezza della catastrofe presente: il comportamento dei protagonisti del dramma ha infatti, come esito finale, la disfatta. È un periodo, insomma, dove le speranze di realizzare “quella semplice cosa così difficile da realizzare” sono ridotte a quasi zero e torna a battere alla porta “la marcia possente delle armate” controrivoluzionarie.

 

 

«Affrontare il Fatzer di Bertolt Brecht – spiega Fabrizio Arcuri – significa scontrarsi con una vera e propria palestra di scrittura, cancellature, aggiustamenti, frammenti irrisolti, con la sensazione di non poterne venire a capo. Brecht scrisse ricercando una nuova forma drammaturgica, aperta, ma questo suo percorso si spinse tanto in profondità da condurlo alla scrittura di un’opera che, per sua stessa ammissione, finì per diventare, pagina dopo pagina, irrapresentabile. È evidente quindi che ogni possibile soluzione agli enigmi del Fatzer, oggi non può che dimostrarsi parziale. Tuttavia, questa difficoltà, questo disarmante senso di fallimento si rivela, lettura dopo lettura, l’elemento formale e concettuale più concreto e fondante dell’intera opera. Nel Fatzer le contraddizioni non sono esplicite, non c’è un comportamento virtuoso contrapposto alla sua nemesi, ma una sequela di punti di vista che hanno come unico risultato la catastrofe: la presa di posizione assunta, qualsiasi essa sia, conduce al fallimento. Certo, il periodo storico che fa da sfondo e contrappunto alla scrittura di Brecht, ha una sua innegabile importanza ed è nettamente controrivoluzionario, a tutti i livelli: a quell’epoca la democrazia in Europa era già esplosa nei sui risultati più estremi: il fascismo in Italia, il nazismo in Germania e in Russia l’involuzione autoritaria del regime sovietico. Si tratta di un periodo nero, dove le speranze di realizzare “quella semplice cosa così difficile da realizzare” sono ridotte quasi a zero ed è quindi inevitabile che il drammaturgo tedesco semini per tutto il testo questo diffuso senso di sconfitta. Oggi, a distanza di oltre ottant’anni, lo sfondo storico appare pressoché immutato e, fatti i dovuti parallelismi, appare chiaro quali siano la potenza e l’attualità del testo di Brecht e l’importanza della sua ri-scoperta e messinscena. Dai ragazzi che occupano Wall Street alle proteste violente dei black bloc, dai movimenti civili agli estremismi separatisti, dai ragazzi di Seattle fino agli affannati tentativi delle banche di una restaurazione capitalistica, è evidente che ci troviamo ormai di fronte a nuovi e continui fallimenti. La verità, come viene detto chiaramento nel Fatzer, è che “l’Uomo deve cessare di esistere”. Sembra l’Apocalisse, ma in realtà è solo una speranza. Quella di non fallire, ancora.»

 

 

 

Traduzione e consulenza drammaturgica Milena Massalongo

versione per la scena Magdalena Barile

con (in ordine alfabetico) Matteo Angius, Francesca Mazza, Beppe Minelli, Paolo Musio,

Mariano Pirrello, Werner Waas

musiche composte ed eseguite dal vivo Luca Bergia e Davide Arneodo (Marlene Kuntz)

azioni sceniche e realizzazione oggetti performativi Alessandra Lappano e Enrico Gaido (Portage)

regia Fabrizio Arcuri

scene Gianni Murru

disegno luci Diego Labonia

video Lorenzo Letizia

costumi e assistente alla regia Marta Montevecchi

 

15 e 16 gennaio anteprima Cavallerizza Reale Torino e dal dal 6 al 8 febbraio

dal 19 al 21 gennaio 2012 alla Volksbühne am Rosa-Luxemburg-Platz, Großes Haus di Berlino.

 

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