Spettacoli — 13/12/2016 at 22:37

L’italiano è ladro: una rappresentazione di “transizione imperfetta”

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BASSANO DEL GRAPPA (Vicenza) – Le celebrazioni pasoliniane per ricordare la sua scomparsa avvenuta il 2 novembre del 1975,  hanno creato una sorta di saturazione della scena teatrale italiana, legittimata a rappresentare in ogni forma artistica (non solo quindi la produzione drammaturgica di Pier Paolo Pasolini) come fosse quasi un obbligo morale a cui non potersi sottrarre; trovando terreno fertile anche nell’amplificazione suscitata dai media come cassa di risonanza. Il rincorrere l’evento commemorativo è abitudine diffusa nel nostro paese con il rischio di perdere di vista a volte il vero obiettivo: valorizzare l’eredità di un autore, letterato o artista, senza scadere nella celebrazione fine a se stessa. Nel 2015 (a quarant’anni dalla scomparsa), il ministro dei Beni Culturali, Dario Franceschini ha istituito una commissione tecnico – scientifica per promuovere le iniziative culturali dedicate a Pasolini: “L’Italia ha il dovere di ricordare Pasolini e di trasmettere alle nuove generazioni l’attualità del suo messaggio di ricerca e denuncia. Il collegamento con il tema che sta finalmente diventando centrale delle Periferie Urbane, rende la rilettura dei lavori di Pasolini ancora più importante e significativo“.

Tra le tante iniziative viste e portate in scena c’è anche quella pensata dagli Anagoor, il gruppo di ricerca teatrale di Castelfranco Veneto, da sempre attenti a scegliere  drammaturgie frutto di studi approfonditi sui quali porre l’attenzione e alimentare delle riflessioni a posteriori, come lo è stato per Lingua Imperii e Virgilio Brucia. Prendere un testo lirico o letterario per farne una versione per il teatro è un’operazione ormai consueta e trova sempre più riscontro nella drammaturgia contemporanea. C’è come la necessità di dare vita ad una materia creata originariamente per la lettura e il dibattito – e su questo Pasolini fu uno degli esponenti più controversi del suo tempo, sfidando la difficoltà insita in quelle parole, pensate e scritte in origine come documento o manifesto ideologico di pensiero intelettuale. Così com’era stato concepito fra il 1947 e la seconda metà degli anni Cinquanta di cui si nota la preponderante connotazione politica, a testimoniare il clima culturale vissuto all’epoca. Nel 1955 viene pubblicato, in un fascicolo di «Nuova Corrente», un frammento de “L’Italiano è ladro” dove si racconta contemporaneamente la vita di due ragazzi cresciuti insieme, il figlio del padrone e il figlio del contadino. Scritto in diverse riprese, fu pubblicato in parte in “Bestemmia”. La Mondadori per la collana Meridiani ha pubblicato una versione completa dei suoi romanzi e racconti, tra cui è presente L’Italiano è ladro un poema in versi scritto in diverse lingue e dialetti (Meridiano Poesia Tomo II). Nella versione teatrale Simone Derai e Marco Mengoni diventa anche “una transizione imperfetta”, stante a significare “Passaggio da una situazione a un’altra, sia in senso statico, come condizione intermedia definita, che in senso dinamico in quanto implichi l’idea di un’evoluzione in atto”. E imperfetta a causa della sua limitatezza che le impedisce di raggiungere la perfezione. Due voci, due lingue a confronto, due attori e una ricercatrice universitaria con il compito di contestualizzare l’argomento, dove il suo intervento si assume la responsabilità di divulgarne il pensiero, la matrice culturale, la polemica che ne conseguì dopo la stesura e la conseguente difficoltà nel trovare un editore disposto a pubblicarlo. La soluzione è frontale: Luca Altavilla e Marco Mengoni a turno prendono possesso del microfono per declamarne i versi. Due versioni speculari in cui tradurre a viva voce attraverso un’iniziale lettura l’enfasi, l’urgenza del poeta di aprire le coscienze, e di seguito darne prova di interpretazione mnemonica. La sensazione provata è quella di aver partecipato più ad una conferenza – spettacolo che ad una rappresentazione teatrale;  un’esperienza culturale dal contenuto reso palpabile per il contributo artistico dei due attori, e un supporto squisitamente intellettuale di chi la materia la conosce, la studia, la divulga: Lisa Gasparotto. Scelta che di per sé ha un suo valore. Difficile estrapolare un significato diverso da quanto risulta come  una scelta voluta e difesa nel suo intento ma l’interrogativo che sorge è quello di chiedersi  di fronte ad una prova se pur di alto livello, il risultato è da considerarsi teatro a tutti gli effetti (l’andare in scena dinnanzi ad un pubblico teatrale basta per considerarlo tale?), o è da ascrivere ad un altro contesto’ Cogliere la potenza espressiva della parola scritta traslata su un piano linguistico verbale diventa altro o si resta nell’ambito di un esperimento di traduzione a cui lo spettatore viene chiamato a prestare la massima attenzione? Un testo poetico e lirico a cui dare visibilità maggiore perché (anche) dotato di una sua teatralità è ciò che hanno pensato gli Anagoor nel presentarlo al festival Bmotion di Bassano del Grappa. La formula più consueta  scelta per legittimare la poesia o brani estratti da opere letterarie, è spesso quella del recital d’autore; in questo caso non è stata adottata e non era nelle intenzioni dei protagonisti farlo. La ripetizione del testo (letto e recitato) cosa comporta allora? Una strategia necessaria per sondare la parola fino a sezionarla nel tentativo di creare un eco nella memoria uditiva per sedimentarla al fine di marcarne la sua potenza espressiva? La scelta è parsa molto ambiziosa quanto colta, sempre nel solco di una professionalità che non manca mai ma al netto di tutto questo, il porsi come figure prestate alla “voce” interiore di Pasolini nel tentativo di incarnarne lo spirito risulta troppo statica, priva anche di una soluzione a carattere registico ideativo più originale e meno convenzionale di quanto realizzato.

Visto al Festival Bmotion di Bassano del Grappa  il 3 settembre 2016

L’Italiano è ladro

di Pier Paolo Pasolini

Una transizione imperfetta

voci Luca Altavilla Marco Menegoni, mediazione
Lisa Gasparotto, suono Mauro Martinuz, regia Simone Derai

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