Teatro, Teatrorecensione — 12/10/2015 at 21:02

Senza amore: Le mutande di Sternheim

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PRATO  – L’opera teatrale Le mutande scritta da Carl Sternheim nel 1908 e rappresentata nel 1911 fa parte di una trilogia costituita da Lo snob e Il fossile del 1913. La pièce è un testo politico che racconta l’ascesa sociale ed economica della famiglia Maske, che diventerà in Germania uno dei principali produttori di armi da guerra. Lo spettacolo diretto da Luca Cortina si apre con un fatto insolito e quanto mai bizzarro, da cui deriva anche il titolo. La signora Luise Maske perde in strada le mutande durante la parata dell’Imperatore, generando per prima cosa la rabbia e la vergogna del marito, il signor Teobald Maske, che per l’incidente teme di perdere il proprio impiego da funzionario pubblico. Nonostante la sua banalità, il fatto innesca una serie di reazioni a catena sugli altri personaggi, curiosità voyeuristica nella signorina Deuter, la vicina di casa, e voluttà sessuale al limite del morboso da parte di due sconosciuti, il signor Scarron ed il signor Mandelstam, che utilizzano il pretesto dell’affitto delle due camere in casa Maske per mettere in atto i propri tentativi di seduzione nei confronti di Luise.

La scenografia, curata da Lorenzo Banci, è un interno borghese caratterizzato da pareti in tulle che creano un effetto trasparente e da alcuni elementi realistici, come l’orologio a cucù, lo scaleo, l’uccellino in gabbia e la cucina.
All’interno di questo spazio si muovono inizialmente i coniugi Maske, che in comune hanno soltanto il vincolo del matrimonio. Teobald è un uomo concreto e materialista, che dà importanza a cose come il lavoro, i soldi e una vita tranquilla lontana da eventi eccezionali – come la notizia sul giornale che denuncia la presenza di un serpente nei mari dell’India – che potrebbero minare l’ordinario della quotidianità. Il personaggio, interpretato da Fabio Mascagni, da prova continua della sua virilità e della sua prestanza fisica, forte dell’appartenenza alla razza ariana.
Luise da parte sua vive il matrimonio come una gabbia, di cui l’uccellino in gabbia sullo sfondo della scena rappresenta una chiara metafora. Luise, interpretata da Valentina Banci, è l’unico personaggio in grado di provare dei sentimenti e di nutrirsi dei propri sogni, che quando irrealizzati, sono stati fonte di delusione. Vive una vita senza amore e senza figli, che le sono stati negati dal marito padre-padrone per mancanza di soldi. L’unico spiraglio di felicità le viene offerto da Scarron, giovane avventuriero e scrittore di romanzi, che si rivela essere soltanto un fuoco fatuo destinato ad incrementare una collezione infinita di delusioni.

le mutande, regia di luca cortina
Le mutande, regia di Luca Cortina (foto di Ilaria Genatiempo)

A fare da contraltari rispetto a Teobald sono i due affittuari, il signor Scarron e il signor Mandelstam. Da un lato Scarron sembra essere inizialmente l’unico uomo capace di unire al desiderio sessuale nei confronti di Luise un minimo di romanticismo e di poesia. Tuttavia, nello sviluppo della storia il personaggio interpretato da Francesco Borchi contraddice le impressioni sul suo carattere, forse il più maschilista dei personaggi maschili, compiaciuto nei confronti della propria esibizione ed incapace in fondo di un vero slancio. Fondamentale è la scena del corteggiamento, in cui Scarron irrompe in un monologo pieno di pathos mentre Luise cinguetta, imitando l’uccellino in gabbia, ed infine urla in un misto di piacere e di dolore per un amore anche carnale – l’erotico è strettamente legato al cibo – che le viene continuamente negato. Dall’altro lato Mandelstam è un proletario, orfano e debole di salute. Il suo amore per Luise in realtà nasconde altro, il desiderio di una madre che non ha mai avuto e di un riscatto sociale nei confronti di una vita che è stata troppo ingiusta con lui. Fulvio Cauteruccio contribuisce a rendere il personaggio a tratti mellifluo e a tratti volgare, causando lo sdegno e la repulsione di Luise.

le mutande, regia di luca cortina 2

“Tutto è solo un’enorme bugia” dice Mandelstam a un certo punto della storia. A sottolineare l’ipocrisia della società piccolo – borghese dell’epoca guglielmina è anche la signorina Deuter, sulla scena Elisa Cecilia Langone, la vicina di casa zitella che finge di essere amica nei confronti di Luise, incoraggiandola ad una relazione clandestina con Scarron, per accaparrarsi il marito, anche se il massimo a cui può aspirare è una relazione fatta soltanto di sesso. Non c’è amore quindi nella società rappresentata da Sternheim, il cuore è soltanto un muscolo. C’è posto soltanto per i soldi e per l’interesse personale.  Il finale ripete la stessa scena dell’inizio. Il signor Maske parla della notizia del serpente nei mari dell’India, seduto comodamente nella poltrona del soggiorno, in cui l’orologio a cucù batte esattamente l’ora. Luise prepara il pranzo, stretta in un matrimonio senza amore. Come l’uccellino chiuso in gabbia che vorrebbe volare, ma non ha avuto abbastanza coraggio per farlo.

Visto al Teatro Fabbricone di Prato il 17 settembre 2015.
Le mutande
di Carl Sternheim
traduzione Giorgio Zampa
drammaturgia Paolo Magelli
regia Luca Cortina
scene e costumi Lorenzo Banci
luci Roberto Innocenti
assistente alla regia Giulia Barni
con Valentina Banci, Fabio Mascagni, Elisa Cecilia Langone, Francesco Borchi, Fulvio Cauteruccio
produzione Teatro Metastasio Stabile della Toscana

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