Spettacoli — 09/12/2023 at 17:30

La via della fiaba. Turandot di Carlo Gozzi

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RUMOR(S)CENA – GENOVA – La messa in scena di Turandot di Carlo Gozzi, in prima nazionale, prodotta dal Teatro Nazionale di Genova rappresenta un nuovo, interessante e impegnativo, tentativo di rilettura di questa, ormai classicamente immortale, fiaba teatrale del veneziano più antigoldoniano, una fiaba talmente nota da non dover neanche essere ricordata. Già la prima sistemazione letteraria del racconto, L’Histoire du prince Calaf et de la princess de la Chine a cura di Francois Petis de la Croix, probabilmente esito di ben più antiche e diffuse narrazioni orali, conteneva gli elementi basilari e costitutivi della Fiaba: la perdita o l’allontanamento, le prove da superare, il felice ritorno finale, nelle diverse forme che la fantasia dava a queste tre situazioni paradigmatiche.

Quando Carlo Gozzi genialmente se ne impossessa, un secolo dopo circa, mantiene intatta questa struttura ma da una parte trasferisce il suo sguardo principale, e quindi il ruolo da protagonista, dal principe Calaf, che procede nel suo percorso dalla sconfitta al riscatto, alla principessa Turandot che nella fiaba è chi mette alla prova, è la tragica sfinge che interroga e uccide. Dall’altra introduce nella trama narrativa e drammaturgica le maschere della Commedia dell’Arte ma non in qualità di personaggi autonomi bensì, in evidente polemica con la commedia nuova di Carlo Goldoni, mantenendo la funzione tradizionale, qui accentuata anche dalla pluralità di ruoli svolti, dell’improvvisazione comica e farsesca (ricordiamo presente anche nei grandi drammi elisabettiani).

Dalla prima scelta nascerà l’intuizione romantica di Giacomo Puccini che, ovviamente espungendo i personaggi della commedia dell’arte in quanto l’Opera Lirica non consente improvvisazione, ricaverà ed esalterà il nucleo sentimentale celato nel rapporto contrastato e contradditorio tra Turandot e Calaf. Dalla seconda scelta consegue quella che Edoardo Sanguineti, travestitore sempre per il Teatro di Genova dell’altra grande fiaba teatrale gozziana L’amore delle tre melarance, individuava come natura sintattica e strutturale dei testi di Gozzi, cioè il loro essere soprattutto canovaccio aperto a plurime interpretazioni e revisioni, insieme al loro essere ‘gioco’ per l’intrinseca capacità di saltare le concatenazioni logiche e dialettiche.

TURANDOT foto FedericoPitto

La scelta rappresentativa del moderno dramaturg Carlotta Corradi e del regista Andrea Collavino, tiene conto, ameno in parte, di tali linee di tendenza linguistiche e di interpretazione drammaturgica, e così fa precipitare Turandot dentro una donna contemporanea, con le sue contraddizioni, le sue opposizioni e soprattutto il carico di dolore che l’ha portata a transitare i secoli del patriarcato fino ad oggi. Turandot è inevitabilmente cambiata infatti, e può leggere la sua fuga dall’amore come sfiducia nell’amore e nel rapporto tra i sessi, così che si concederà (con una certa finezza psicologica implicita) non a chi risolverà i suoi indovinelli ma a chi le dimostrerà (le farà sentire affettivamente) di amarla.

TURANDOT foto di FedericoPitto

Ma il cambiamento da fiabesca e metafisica principessa di Cina a donna storica, del suo o del nostro tempo non importa, ha un piccolo prezzo, quello di rendere meno credibili le improvvise giravolte sentimentali della protagonista, giustificabili in un gioco o in una favola, meno nella realtà, che sembra già avessero messo in imbarazzo Giacomo Puccini incapace di chiudere la sua opera.

Ma soprattutto gli autori propendono per una rappresentazione del testo quasi letterale, anzi filologica, almeno per quanto riguarda i personaggi operativi del racconto, conservando fin la verseggiatura e così trasformando in un certo senso il ‘canovaccio’ in ‘copione’, cosa che rende talora difficoltosa la piena percezione ed a tratti ‘immobile’ la recitazione, mentre risulta di conseguenza un po’ marginalizzato e anche un po’ ‘legato’ il ruolo delle maschere di e in Commedia, da Brighella a Pantalone a Tartaglia, che comunque egregiamente svolgono la funzione di coro che spinge e giudica, una funzione in cui si incardina intera la capacità di contemporaneizzazione del tutto nel transito scenico.

TURANDOT foto di Federico Pitto

È uno spettacolo comunque di ottima qualità, che si giova di una bella scenografia che concretamente raffigura, tra porte che si aprono e chiudono di continuo e poltrone che vanno e vengono, la variabilità e anche l’irresponsabilità della vita, nonché di ottimi attori. Al teatro Eleonora Duse di Genova dal 5 al 17 dicembre 2023. Alla prima una notevole partecipazione di pubblico.

Turandot di Carlo Gozzi, regia Andrea Collavino, dramaturg Carlotta Corradi, interpreti Andreapietro Anselmi, Elsa Bossi, Beatrice Fedi, Lisa Lendaro, Davide Lorino, Luca Oldani, Deniz Özdoğan, Nicola Pannelli, Graziano Sirressi, scene Atelier Nostra Signora, costumista Sonia Marianni, disegno luci Aldo Mantovani, musiche dal vivo Graziano Sirressi, Davide Lorino, assistente alla regia Fiammetta Bellone, produzione Teatro Nazionale di Genova

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