Culture — 08/08/2014 at 19:59

La nomina del nuovo direttore dello Stabile di Genova… un caso “Nazionale”

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GENOVA – La nomina del futuro direttore del Teatro Stabile di Genova fa discutere ancor prima del suo insediamento. L’ente teatrale ligure ha pubblicato il bando di concorso per partecipare alla selezione, una  decisione presa dopo le dimissioni di Carlo Repetti che lascerà l’incarico alla fine del 2014, con due mesi di anticipo rispetto la scadenza del suo mandato.  Un provvedimento sollecitato da un decreto ministeriale ( in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale) che entrerà in vigore in materia di Stabili (anche Genova è in predicato di diventare teatro nazionale) motivata dalla riforma del FUS. Dovrà entrare a regime su ordine del MiBACT.

Una svolta nel sistema teatrale italiano non esente da preoccupazioni per chi dirige gli Stabili e per la cultura stessa degli operatori nel settore spettacolo. Ciò che sta accadendo a Genova non è certo un semplice passaggio delle consegne, tra un direttore uscente e uno entrante, dopo aver superato i criteri stabiliti dal bando. L’importanza che riveste questa nomina va nella direzione di una auspicabile e doverosa trasparenza, nell’esaminare e scegliere il miglior direttore per un teatro illustre (tra tutti citiamo la direzione di Alessandro Fersen), seguita, non senza polemiche e apprensione, da parte di intellettuali, critici teatrali e personalità della cultura in generale. Il movimento Rete Critica aveva già manifestato le proprie opinioni sulla questione nomine degli Stabili  rete-critica-poltrone-trasparenti-le-nomine-ai-vertici-dei-teatri-stabili

In Italia si assiste spesso a nomine cosiddette “politiche” – e purtroppo – anche nelle istituzioni culturali, dove invece la scelta dovrebbe avvenire solo, ed esclusivamente, per titoli e meriti acquisiti. Posti di grande responsabilità dove il teatro o la cultura diventano terreni di spartizione tra forze politiche, poco interessate a dare all’Italia un contributo alla crescita di una vera creatività; sia dello spettacolo che in altri settori. Nel passato nomine di questo tipo hanno contribuito a svilire la qualità, non solo sotto il profilo squisitamente artistico ma anche per quanto riguarda le economie gestionali degli enti culturali, dove i bilanci in passivo hanno determinato enormi perdite di denaro.

Chi va a dirigere un teatro, un museo, un’istituzione nazionale, deve saper prima di tutto amministrare le risorse economiche, principio fondamentale per dare impulso ad una gestione del bene comune, seguendo l’esempio di un manager aziendale, senza mai però dimenticare che l’arte non è uno sfruttamento di tipo commerciale. L’ambasciatore di Francia uscente ha rilasciato un’intervista al Fatto Quotidiano, in cui spiega molto bene come l’Italia investa nella cultura una percentuale risibile delle sue economie, nonostante sia la nazione europea con il maggior patrimonio storico – culturale. A differenza della Francia dove si investe lo 0,1 %. Ora Genova è sotto i riflettori di tutti  e il motivo è risaputo. Una nomina come questa ha il suo peso. Il movimento Rete Critica (la critica sul web) si è riunito di recente a Volterrateatro, in occasione del festival,dove si è accennato alla questione nomine del Teatro di Genova, Teatro di Roma, e Il TeatroValleoccupato che per decisione del Comune di Roma dovrebbe essere affidato  al Teatro Stabile della capitale, condividendo un progetto partecipato. Una decisione tutta da valutare e in continua evoluzione.

Lo Stabile di Genova cerca un nuovo direttore: http://www.teatrostabilegenova.it/pdf/bando.pdf (pubblicato il 31 luglio e in scadenza il 20 ottobre 2014). La questione però non è solo amministrativa – tutt’altro –  quello che lascia perplessi è la poca trasparenza nell’affrontare un cambio radicale di gestione artistica (e non solo) dell’ente pubblico genovese. Non tenere conto degli equilibri (ancora una volta politici e amministrativi) di chi vuole gestire il potere di indirizzo delle politiche culturali  sarebbe fuorviante. Il Consiglio di amministrazione dovrebbe rendere noto al termine della selezione (una commissione di cui ancora non si conoscono i membri) tutti i nominativi di chi ha partecipato alla selezione, dando così un segnale forte alla cittadinanza che merita di sapere cosa accade nella propria città. L’articolo 10 del bando spiega però che: “Le manifestazioni di interesse, i curriculum pervenuti e comunque i dati personali trasmessi non saranno resi pubblici (..) Tutti i dati e le informazioni (…) saranno cancellati e non più trattati al momento della nomina del nuovo direttore”.

Dei candidati partecipanti il Consiglio di amministrazione valuterà il più idoneo eleggendolo ), senza venire a sapere chi erano gli altri partecipanti. Per la dovuta trasparenza di un atto pubblico e per dare alla città e alla società stessa motivo di condivisione e fiducia reciproca. Sono gli spettatori che vanno a teatro i diretti interessati, i “clienti” di un teatro. Senza dimenticare le maestranze e gli artisti che ci lavorano. Il vincitore dovrà risultare il migliore per curriculum, esperienze pregresse (si chiedono “almeno 5 anni di direzione manageriale, con competenze in ambito gestionale, amministrativo e finanziario/ una documentata esperienza organizzativa e artistica maturata in ambito teatrale o in istituzioni culturali”) al fine di confrontare le altre candidature e capire il progetto scelto. Non si tratta di nomina che investe solo la personalità professionale e artistica quanto, invece, (sarebbe auspicabile) la bontà e la qualità di un programma che includa una progettualità a lungo termine (la durata stessa del mandato) capace di sviluppare e incentivare la produzione del  Teatro che si va dirigere.

Il vincitore dovrà dimostrare  di possedere tutti i requisiti per ricoprire la carica. Non si tratta di una questione di poco conto, spesso si assiste – con disappunto –  alla gestione di enti pubblici dove manca di fatto una pensabilità ragionata, lasciando spazio quasi esclusivamente al richiamo di spettatori con titoli di consumo e fruizione. In tempi di crisi (c’è anche da chiedersi perché fare teatro attiri così tanto nei giovani e nelle compagnie che sorgono ogni giorno) è doveroso puntare sulla qualità. Il nome non è sufficiente per garantire ad un ente teatrale la qualità. A La Spezia si è verificato un corto circuito e una serie di irregolarità  che hanno determinato l’annullamento della nomina di Roberto Alinghieri al Teatro Civico; e questo ha creato un precedente di cui non è possibile non tenere conto.

Così è accaduto al Teatro di Roma con la sostituzione di Onofrio (Nini) Cutaia affidando la direzione dello Stabile ad Antonio Calbi. Segnali di un’instabilità determinata da scelte non oculate. Il senso di responsabilità nell’assegnare cariche di questo tipo devono essere ponderate con molta cura. A Genova ora ci si attende una nomina che rispecchi come ha dichiarato a genova.mentelocale.it il presidente dello Stabile, Eugenio Pallestrini: “Scelto con l’unico desiderio di fare bene e attraverso l’esempio di democrazia”. Non basta però diffondere il bando sia in Italia che all’estero, serve anche un rigore  etico e deontologico capace di preservare e garantire al prestigioso Teatro Stabile di Genova, una nomina di un direttore qualificato e capace di guidarlo con efficienza, scrupolosità e saggezza.

In passato la scelta è ricaduta su nomi eccellenti che andavano a ricoprire direzioni di teatri stabili e istituzioni culturali nazionali, scegliendo sulla celebrità piuttosto che sulle capacità. Nomi del settore artistico teatrale esperti nel lavoro prettamente artistico ma non gestionale e amministrativo. Il nuovo direttore di Genova avrà anche la responsabilità di traghettare lo Stabile verso  la nomina a Teatro Nazionale, una responsabilità che si va ad aggiungere ad altre , tra cui i rapporti da mantenere e/o costruire con gli altri enti genovesi. Il teatro ha bisogno di navigatori esperti e l’ex repubblica marinara deve trovare  un comandante di lungo corso.

 

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