FIRENZE – Come in America scritto da Manuela Critelli ed interpretato da Silvia Guidi e Fabio Mascagni , aveva come teatro un palcoscenico galleggiante: il fiume Arno. Navigando da Ponte alle Grazie a Ponte alla Carraia e passando sotto Ponte Vecchio con partenza dal porticciolo di Piazza Mentana. Un uomo e una donna entrambi vestiti di bianco sono traghettati sulle barche dei Renaioli fiorentini. Due angeli caduti sulla terra a raccontare una storia che come un urlo strozzato riaffiora a galla dal fondo del fiume. In Come in America parla di due giovani mai diventati adulti, due corpi travolti dalla furia dell’acqua che spazzò via tutto in breve tempo, travolgendo qualsiasi cosa si trovasse sul proprio percorso, riempiendo i piani bassi di case e negozi e inghiottendo le automobili e poi le persone il 4 novembre 1966.
L’alluvione di Firenze rivive così attraverso la frenesia di un delirio collettivo nelle bocche spalancate dei due Fiorentini, che travolti all’improvviso e senza possibilità di difendersi, cercano disperatamente un angolo di cielo per scampare all’acqua che sale e sale fino a spezzare il loro ultimo giuramento di amore. Non c’era stato il matrimonio. Giovane sposa infangata e giovane uomo galleggiante in via dei Calzaioli, sarà il titolo di giornale. L’acqua diventa così elemento di vita e di morte. Tuttavia, la coppia freudiana di Eros e Thanatos non è insita soltanto nella drammaturgia ma anche nella caratterizzazione psicologica dei personaggi. Fabio Mascagni è un rappresentante di pasta americanizzato, innamorato più della sua vespa che della sua promessa sposa. Spirito libero e votato all’avventura, con in tasca la foto dell’attrice Carol Lombard, a volte un po’ dandy a volte un po’ Marlon Brando. Silvia Guidi invece è una borghese melodrammatica e gatta morta, tutta tulle e nastrini, che considera il padre, politico di professione (e di natura), come un modello universale di etica e un gran signore, perché “si spazzolava le sopracciglia e faceva cantare i tacchi della mamma”.
Il loro amore inizia per caso durante una festa a bordo di una vespa 50 special (la vespaccia) e prosegue poi a singhiozzi all’interno delle rispettive famiglie, troppo diverse e poco compatibili. Probabilmente il loro matrimonio, se mai fosse stato celebrato, non sarebbe durato a lungo o forse sarebbe stato soltanto una farsa necessaria a fin di bene, ma la storia non ha dato loro né ragione né torto.
Riemersi dalle stesse acque da cui erano stati inghiottiti nel 1966, i due personaggi portano a galla anche il loro passato tra ricordi nostalgici e offese senza filtri. Lei che odia lui perché tra una frase e l’altra parla inglese e lui che la offende proprio in quella lingua, un po’ latinorum di Don Abbondio (“you’re a boat with this white dress”). A fare da sottofondo molte canzoni retrò come Stasera mi butto, Andavo a cento all’ora e This is a man’s world e il rumore dell’acqua del fiume. Tutto così finché non arriva il finale tragico che cancella via tutto, di nuovo, come una passata d’acqua, con una serie infinita di fermo immagine, dalla sorella aggrappata alla tenda di casa a un vecchio in piedi che scruta l’orizzonte. E resta solo Firenze a fare da cornice, come se fosse un quadro. Come se fosse in America e piovesse.
Visto il 18 luglio 2014 a Firenze sul fiume Arno.
Come in America
drammaturgia di Manuela Critelli
da un’idea di Silvia Guidi e Michele Andrei
con Silvia Guidi e Fabio Mascagni
scenografia di Mario Librando e Massimo Carotti